
"Ci sono solo due posti al mondo dove possiamo vivere felicemente: a casa e a Parigi" diceva lo scrittore Ernest Hemingway. Non posso che essere d'accordo con questo aforisma. La felicità e la gioia di vivere, in questa metropoli enorme, che sembra pensata per dei giganti e poi adattata all'uomo, si respira quasi ovunque: dagli Champs Elysèes al Centro Pompidou, dal Louvre al Parc de Luxembourg, i francesi sembrano vivere con naturalezza la città, proprio come se fosse la propria abitazione. Non è raro passeggiare per gli enormi ed ariosi parchi verdi cittadini e trovare un gran numero di persone accomodate su sedie e panchine appositamente sistemate in loco intente a sonnecchiare, consumare un pasto, a leggere un libro o a praticare yoga. Le mamme francesi accompagnano i figli al Louvre e tirano fuori il libro di storia per spiegare loro tutti i reperti storici che stanno osservando dal vivo. A dispetto dei più recenti casi di politica e cronaca internazionale, Parigi è una città che offre la percezione visiva di un esperimento ben riuscito di integrazione culturale: tante le persone di etnia africana e asiatica che affollano le strade e lavorano regolarmente, in particolar modo nel settore turistico. Il mio soggiorno, limitato agli arrondissement centrali e ai centri di interesse più tradizionali legati alla città, non mi ha permesso di dare uno sguardo poco più che fugace alle sorti delle banlieue: tuttavia gli intensi controlli di sicurezza che riguardano le principali attrazioni turistiche e molto spesso i luoghi di aggregazione e i non-luoghi, come i centri commerciali, dimostrano che la questione della sicurezza e la ferita degli attentati di matrice islamica è ancora aperta e viva. Lo spirito francese però si evince anche in questo: nulla può offuscare la loro "grandeur", la celebrazione della loro millenaria storia. Tanti i monumenti che celebrano il valore e il tributo di sangue profuso nei secoli dai soldati francesi e lo spirito e l'arguzia di scrittori e pensatori: l'idea che potesse esserci un tempio laico dedicato ad ospitare i resti delle più eminenti personalità francesi - mi riferisco al Pantheon - è un qualcosa che in Italia forse è lontano a venire. Tutto è pubblico, esibito, spettacolarizzato: Re Luigi XIV accoglieva gli ospiti e sbrigava i suoi affari in una camera da letto del fastoso palazzo di Versailles e dava delle sontuose feste in cui chiedeva espressamente alla sua recalcitrante Regina, Maria Teresa D'Asburgo, di ballare perché le loro vite erano "spettacolo" per la folta corte di nobili che viveva con loro. Versailles, infatti, può essere considerato uno dei primi esperimenti di "condominio" per persone d'alto rango, con un cerimoniale strettamente incentrato sulla routine del Sovrano. Maria Antonietta D'Asburgo Lorena, anch'essa desiderosa di privacy, qualche anno dopo fece costruire all'interno della Reggia una sorta di piccola fattoria dove rifugiarsi quando gli obblighi della vita di corte si facevano troppo pressanti, il suggestivo Hameu de la Reine, restaurato grazie al contributo del gruppo Lmvh e riaperto al pubblico lo scorso 12 maggio. Probabilmente è stato anche questo a renderla così invisa ai francesi, così celebrativi e fastosi: infatti la Conciergerie, ovvero la prigione dove ha trascorso i suoi ultimi giorni prima dell'esecuzione - separata dal marito Luigi XVI che ha subito un trattamento più clemente - è stata trasformata in un museo, dove il Terrore viene raccontato e dove la sua figura ulteriormente esposta al pubblico. Anche un personaggio controverso come Napoleone trova a Parigi la sua celebrazione estrema: maestosa ed imponente la sua tomba all'Hotel del Invalides, una struttura museale che ospita anche i reduci di tutte le guerre. Tutte le forme d'arte trovano spazio nella tentacolarità di Parigi: dal gotico della cattedrale di Notre-Dame, al romanico-bizantino della basilica del Sacre-Coeur, passando per il funzionalismo sfacciato - e anche anti-estetico - del centro George Pompidou: lì, gli appassionati di arte moderna potranno trovare una tra le più nutrite ed importanti collezioni che comprende non solo Kandinsky, Mirò, Dalì ma anche l'arte contemporanea come quella di Pollock e dei seguaci dell'action painting e di alcuni artisti emergenti come la scultrice ed artista concettuale israeliana Jumana Manna. Le strade di Parigi sono intrise di sogni: sogni che spesso ritroviamo nelle pellicole dei film, a volte surreali, a volte crudi, a volte un po' inventati. Montmartre, con la sua atmosfera bohèmienne ci ricorda "Il favoloso mondo di Amèlie" di Jean-Pierre Jeunet, dove in parte il film è proprio ambientato (basti entrare nel Cafè des Deux Moulins per trovare un "sancta santorum" con alcuni oggetti, foto ed immagini del film), la Chiesa di Saint-Sulpice con il suo meridiano e il Louvre ci ricordano "Il Codice Da Vinci", best-seller di Dan Brown divenuto poi film con la regia di Ron Howard, le strade desolate delle periferie ricordano invece "L'odio" di Mathieu Kassovitz e la licenziosità di Pigalle ci riporta alla incredibile opera pop di Baz Luhrmann "Moulin Rouge!" ovviamente ispirata al locale omonimo. Parigi è una ricca signora che ti accoglie, ti intrattiene e ti incuriosisce ma lascia fare il lavoro sporco a te: camminare tanto e reggere la stanchezza muscolare è infatti una condizione indispensabile per poterla conoscere davvero!