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Roma. Giugno e Luglio, due mesi a cavallo tra le tanto attese e sospirate vacanze e le corse forsennate tra un bagno di relax e un esame. E' l'estrema sintesi dell'estate dello studente universitario. Una vita segnata da tanti intrecci con il mondo dello sport, della vita sociale e inevitabilmente del lavoro ancor prima dell'agognata pergamena di laurea. Abbiamo voluto indagare dietro le quinte delle principali sedi universitarie e relative facoltà di Napoli, Roma e finanche Bologna, dando un ampio spaccato di vita tra sogni, aspettative e realtà. Ai e alle giovani intervistate abbiamo rivolto in media le seguenti domande:
1) Come è maturata la scelta di iscriverti a questa facoltà? 2) Hai mai pensato di poter fare un'esperienza integrale o parziale di studio lontano dalla tua città? 3) Se ti proponessero un Erasmus, quale paese preferiti? 4) Quali differenze risaltano più all'occhio relativamente al metodi di approccio allo studio tra la tua facoltà e quella di amici o familiari? 5) Credi sia davvero utile l'impostazione di insegnamento della tua facoltà per le tue necessità pratiche di inserimento nel mondo del lavoro? 6) Come concili eventualmente studio e attività sportiva? 7) Quanto lo studio influisce sulla gestione della tua vita sociale/mondana? 7) Facendo un paragone con la tua comitiva, quale facoltà risulta essere più o meno impegnativa per conciliare studio e attività sportiva o sociale? 8) Quale lavoro part time ritieni più funzionale associare ai tuoi studi? Andiamo a vedere come hanno risposto...
QUI ROMA: La prima a parlare è Antonina Mura, iscritta ad Economia a Roma 3: "Era la scelta migliore perchè le materie sono interessanti e aiutano ad affrontare le questioni più importanti soprattutto in questo periodo. Se mi piacerebbe andare all'estero? Si, magari Spagna, Germania, Austria. Avendo fatto il linguistico, la maggior parte delle mie amiche studia materie umanistiche, in particolare lingue, quindi la differenza più rilevante può essere il fatto che la mia facoltà, economia, sia più pratica e più meccanica oltre ad essere una delle più ricercate e con molti sbocchi lavorativi. Ultimamente ho smesso di fare sport per dedicarmi allo studio ma sto cercando di ricominciare: lo studio influisce tantissimo, infatti la mia giornata è occupata maggiormente da questo. In ogni caso da ciò che mi dicono, tutte le facoltà sono impegnative e lasciano poco tempo libero mentre i lavori che ritengo adatti per chi studia sono cameriere nel week end o lavori da casa quindi da telefono".
Il viaggio prosegue poi con Carlotta Orlandi, studentessa della Lumsa: "Ho scelto di iscrivermi alla facoltà di Psicologia poiché frequentando il liceo psicopedagogico avevo avuto un insegnate che mi aveva fatto appassionare moltissimo alla materia. Il primo semestre del terzo anno, attualmente in corso, avrei dovuto trascorrerlo in Erasmus a Cracovia, decisi poi di non partite per la poca offerta didattica dell'Università ospitante: avrei preferito andare in Inghilterra, o comunque un paese dove avrei potuto apprendere meglio la lingua inglese. Lavorando in modo continuato, è indispensabile creare un piano di studio, questo nel mio caso specifico non condiziona la mia vita sociale".
Rosanna Bianco, della Sapienza, rilancia: "La scelta di iscrivermi a Medicina nasce da un passione coltivata da piccola, dovuta al fatto di avere anche una figura "medica " in famiglia. Avere le idee chiare fin da subito è un arma a doppio taglio poiché se non riesci a perseguire la tua strada ci provi e ci riprovi finché non riesci. Ed e quello che è successo a me. Ho vissuto e studiato tre anni in Romania. Il vivere fuori, lo studiare in un altra lingua , imparare due lingue (inglese per lo studio, e il rumeno per l' ambiente in cui si vive ) ti apre la mente a 360 gradi. Che sia un Erasmus o semplicemente un periodo all' estero lo consiglio a chiunque. Ogni paese può darci qualcosa. Ogni paese è diverso. Ritornerei in Romania. Perché il clima era familiare e vivibile forse anche più di quello universitario italiano. Ma andrei anche in Spagna che per calore e colori somiglia al nostro paese. Metodi utili? Certo che sì. Ma credo che ciò dipende da facoltà in facoltà. Con corsi obbligatori da seguire e esami da preparare è difficile. Ma credo che anche una sola ora di palestra sia necessario non solo per l' aspetto fisico ma anche per tranquillità mentale. Come valvola di sfogo. E come ora di svago. Magari la sera. Rapporto tra studio e vita quotidiana? " Influisce " forse è la risposta giusta. Mesi in cui influisce di più ci sono. E mesi in cui riesci a coniugare il tutto. Ma non è facile. I primi anni forse quasi impossibile.
Sulla stessa lunghezza d'onda interviene Martina Baviera, salernitana con la valigia sempre in mano: "Ho scelto di iscrivermi alla facoltà di Medicina e Farmacia perché sento una forte predisposizione per questo campo e per la possibilità di poter fare concretamente un contributo al mondo. Ho passato i primi tre anni in Romania ma per un Erasmus non mi dispiacerebbe la Spagna come paese. Sicuramente rispetto ad altre facoltà più teoriche, la mia ci permette fin dalla fase universitaria di intraprendere tirocini. Metodi di studio adatti? Assolutamente si. Mi risulta abbastanza difficile conciliare attività sportive e studio, ma cerco comunque di ritagliarmi un paio d'ore a settimana. Lo studio influenza molto la mia vita sociale, credo che la mia facoltà (Medicina) sia più impegnativa di quelle frequentate da alcune mie amiche con ad esempio economia. Non ho mai svolto lavori part time durante il mio corso di studio in quanto non penso che riuscirei a conciliarlo con la mia vita universitaria/ospedaliera".
La coinquilina Carlotta Brianda rincara la dose: "Devi sapere che prima di iscrivermi alla facoltà di Medicina a Roma, studiavo (sempre medicina) in Romania a Targu Mures, università pubblica che mi ha permesso di iniziare questo percorso che in Italia non ho potuto intraprendere a causa del numero chiuso. Ho sempre voluto fare medicina. La decisione di effettuare il trasferimento nella facoltà di medicina di Roma, l'ho presa al terzo anno quando tramite l'esperienza di altre persone ho saputo che c'era la possibilità di studiare in inglese e poter convalidare tutti gli esami fatti in Romania. Certamente per me è stata subito un'esperienza totale in un altro paese. L'idea non mi ha mai spaventato, sono partita da sola e in 3 anni ho costruito legami solidi. Mi porto dietro un'esperienza che consiglio a tutti e mi sento in un certo senso più completa nel mio percorso di studi. In questo momento se mi proponessero un Erasmus non so se accetterei perché è come se avessi già fatto tre anni di Erasmus in Romania. Ma di sicuro sceglierei la Spagna, dopo aver sentito l' esperienza di diversi amici. Le differenze maggiori tra la mia facoltà e quella di altri amici sono racchiuse in un unico grande difetto di chi studia medicina: la mancanza di tempo. Per quanto mi riguarda, la quantità di esami e la difficoltà non permettono di avere abbastanza tempo da dedicare ad attività extra-universitarie. Credo non sia per niente utile l'insegnamento delle università italiane per la preparazione al mondo del lavoro. Fortunatamente posso fare dei paragoni concreti e affermare che il metodo "teorico" italiano non è abbastanza. La teoria serve, ma la pratica ancora di più! In Romania dal primo anno siamo stati abituati ad avere esempi reali che in Italia si possono vedere solo sui libri. Vista la mancanza di tempo, la mia attività sportiva è davvero ridotta al minimo. Ho sempre praticato sport fino alla maturità e cercare di andare a correre (questo è il massimo che posso fare) due volte a settimana, è troppo poco. La mia vita sociale e mondana ha ovviamente risentito di questa mancanza di tempo, ma nei periodi in cui studio di meno cerco di recuperare. Sento ogni giorno amici e parenti, in questo modo cerco di non "isolarmi" troppo da quella che era la mia vita. Potrei forse fare un paragone con alcuni amici della facoltà di economia, che (sicuramente più di me) possono fare attività sportive o sociali perché hanno meno esami o esami meno difficoltosi (o forse riescono ad organizzarsi più di me...)
Il quadro di richiamo rumeno è chiuso da Annalisa Feleppa: "Ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Medicina perché l'ambiente ospedaliero mi ha sempre affascinata. L'interesse per la medicina l'ho sempre avuto, sin da quando ero più piccola. Ho iniziato la mia esperienza all'estero, in Romania, e ho studiato lì per i primi tre anni. Dopo di che mi sono trasferita a Roma. Mi piacerebbe fare un Erasmus a Londra. Credo potrebbe essere utile riservare più tempo alla parte pratica del percorso di studi. Purtroppo noto che nel corso di studi di Medicina si ci soffermi troppo sulla teoria a discapito della pratica. Durante i corsi cerco di dedicarmi all'attività sportiva 2-3 volte a settimana. Purtroppo nei periodi sotto esame non riesco a conciliare le due cose, laddove anche la vita sociale ovviamente ne risente, quando sono sotto esame esco molto poco. Credo che ogni facoltà possa incidere sull'attività sportiva o sociale di ogni ragazzo, dipende dalle aspettative e dall'impegno che una persona vuol metterci.
Dalla Sapienza alla Luiss, facoltà di Giurisprudenza. Così Vincenzo Notaro: "La mia scelta è stata naturale dopo il mio percorso di studi liceali classici. Ho pensato di farla un'esperienza all'estero, vedremo se sarà fattibile in futuro: mi piacerebbe molto Brasile o Argentina. La mia università essendo privata è molto più vicina a noi studenti. Veniamo seguiti maggiormente. Lo studio è abbastanza limitante ma si cerca di non trascurare le frequentazioni/uscite. Credo facoltà dove si studia meno sui manuali; quelle dove è presente più pratica. Rapporto tra studio ed impegni professionali? Qualsiasi lavoro che sia in linea con le mie passioni, credo il trucco sia quello. In questo modo pesa in maniera minoritaria e si riesce ad ottimizzare meglio il tempo impiegato".
La palla passa poi a Giorgio Palumbo: "Mi sono iscritto a Scienze politiche perchè mi piaceva molto il contesto della laurea e perchè la ritengo un ottimo
corso
con sbocchi lavorativi importanti. Estero? Sinceramente no, abito a Roma da quando sono nato e mi trovo benissimo. Per l'Erasmus sceglierei Francia o Spagna. Non ci sono tante differenze di approccio allo studio con gli amici anche perchè la facoltà che ho scelto è inerente a quella loro e dei miei familiari. Si credo sia davvero utile ed importante il cammino universitario per entrare nel mondo del lavoro. Ogni giorno mi organizzo in modo da non trascurare lo sport, penso sia un' ottima unione lo sport e lo studio. Il tempo si trova sia per studiare che per lo sport, basta organizzarsi. Lo studio influisce sulla vita sociale? Poco perchè ad una certa ora del pomeriggio non si può studiare e quindi mi preparo per uscire. Parlando con i miei amici ritengo che la facoltà più impegnativa sia quella di Giurisprudenza. Il lavoro che secondo me è più collegabile alla mia laurea varia molto: sia ad esempio lavorare in una azienda oppure mettersi al servizio del paese scendendo in campo in politica".
La tua aspirazione più grande è fare la disoccupata? Inizia così l'interessante confessione di Francesca Notaro (Sapienza) che definisce Lettere moderne una scelta anticonvenzionale: "Questa una delle frasi che, più di tutte, ha provato a buggerarmi dopo la maturità, senza riuscirci, senza tangermi. Ho scelto Lettere moderne perché appassionata, perché affascinata da un mondo che, sebbene posto ai margini da una società intenta soprattutto a curare tutti quegli aspetti che garantiscono una crescita meramente economica, rende vivi gli animi. La letteratura crea legami tra presente, passato e futuro, rendendo gli uomini, parte dello stesso universo, più consapevoli della propria essenza. Sono quasi giunta al traguardo dopo un percorso di studi umanistici che mi ha entusiasmata fin dal primo momento, mai lasciando spazi a dubbi, esitazioni che mi facessero credere, anche solo per un istante, di aver intrapreso la strada sbagliata. Devo ringraziare i miei genitori perché mi hanno sostenuta nella mia scelta, motivandomi e dandomi la possibilità di studiare lontano da casa. La Sapienza - Roma: una combo della quale sono innamorata. Tutti i giorni ho la possibilità di interfacciarmi con docenti di notevole spessore, non solo culturale ma anche umano: questo non ha prezzo, come non ha prezzo sentir parlare al mattino a lezione dell'iscrizione della Catacomba di Comodilla e il pomeriggio potersi recare in loco per toccare con mano quanto ascoltato, qualche ora prima, in aula. Roma, soprattutto per gli studenti di Lettere e gli appassionati di arte come me, rende lo studio stimolante, attivo, dinamico non costringendo ad apprendere solo dai libri, favorendo la vita sociale, associata e culturale. Inoltre ho conosciuto persone fantastiche, non solo mie colleghe, con le quali è nata una profonda amicizia, e con loro lo studio, anzitutto un dovere per uno studente universitario, è divenuto un piacere perché condiviso e motivato e affiancato, nelle pause-studio indispensabili, da visite ai musei, spettacoli a teatro, concerti, passeggiate per le strade della città eterna, corse al parco, cene, gite fuori porta. Mi piace(rebbe) insegnare, non voglio vivere in altri posti. Sento mie le parole del professor Keating ne "L'Attimo Fuggente". Il film, che adoro, contiene tutte le risposte a chi ritiene più opportuno, più 'utile' accantonare la propria passione scegliendo una facoltà che, nell'ottica comune, consente un inserimento più immediato nel mondo del lavoro. Mi piacerebbe trasmettere, insegnando, l'idea che la letteratura, la consapevolezza linguistica, storica, geografica, antropologica e la poesia sono elementi vitali per tutti, per gli ingegneri, per gli economi, per gli architetti. Dopo tutto, al di là di tutto, qualsiasi sia la scelta, è appagante se ad averla guidata è stata la passione. Determinazione, dedizione, studio sono fondamentali per la realizzazione di sé ma hanno bisogno della passione. È la passione per qualcosa a garantire il successo".
Nel corso di un evento universitario di fine corsi sono intervenuti Antonio, Ingegneria: "La mia scelta non è stata semplice infatti il primo anno ho cambiato facoltà però sono contento della mia scelta definitiva". Chiara, iscritta ad Infermieristica osserva: "Mi piacerebbe molto andare a studiare in Spagna anche perché conosco molto bene lo spagnolo". Leonardo, Giurisprudenza alla Luiss prosegue: "Dedico più tempo allo studio sicuramente. Lo sport è solo un hobby. Il fine settimana però almeno 3/4 ore vengono dedicate all'attività fisica". Conclude Gerardo, studente di Economia alla Luiss: "La mia vita sociale è notevolmente influenzata dallo studio. Al liceo era completamente diverso. Ora il tempo è davvero poco. Diciamo che cerchiamo di recuperare l'estate".
QUI BOLOGNA: Chiudiamo il viaggio facedo tappa all'Alma Mater di Bologna con Martina Bacco: "Frequento la facoltà di Storia, a Bologna: molti amici e parenti ritengono sia una facoltà inutile, senza prospettive. Ho deciso di iscrivermi, nonostante i pareri contrari, per capire come siamo arrivati a questo punto, quali sono stati gli eventi che hanno portato alla vita, al mondo, che noi oggi conosciamo. Si tratta di conoscere la nostra storia, lo trovo affascinante! L'Erasmus è sicuramente un'avventura unica e di grande aiuto. Lavorando non ho avuto modo di propormi per la triennale; spero di poterlo fare in magistrale. Lavoro part time in un ristorante, la sera. Lavorare di sera mi proibisce di fare sport di gruppo o di uscire a divertirmi nel weekend; nonostante questo, penso sia l'attività che meglio si concilia con i miei bisogni universitari perché mi consente di frequentare tutte le lezioni. Per quanto siano sottovalutate, le lezioni sono davvero di grande aiuto, e non solo per la preparazione e il buon esito degli esami; ti offrono la possibilità di confrontarti, in modo diretto, con gli altri, professori o studenti che siano".
per leggere il reportage dedicato alla città di Napoli.
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Roma/Napoli. Giugno e Luglio, due mesi a cavallo tra le tanto attese e sospirate vacanze e le corse forsennate tra un bagno di relax e un esame. E' l'estrema sintesi dell'estate dello studente universitario. Una vita segnata da tanti intrecci con il mondo dello sport, della vita sociale e inevitabilmente del lavoro ancor prima dell'agognata pergamena di laurea. Abbiamo voluto indagare dietro le quinte delle principali sedi universitarie e relative facoltà di Napoli, Roma e finanche Bologna, dando un ampio spaccato di vita tra sogni, aspettative e realtà. Ai e alle giovani intervistate abbiamo rivolto in media le seguenti domande:
1) Come è maturata la scelta di iscriverti a questa facoltà? 2) Hai mai pensato di poter fare un'esperienza integrale o parziale di studio lontano dalla tua città? 3) Se ti proponessero un Erasmus, quale paese preferiti? 4) Quali differenze risaltano più all'occhio relativamente al metodi di approccio allo studio tra la tua facoltà e quella di amici o familiari? 5) Credi sia davvero utile l'impostazione di insegnamento della tua facoltà per le tue necessità pratiche di inserimento nel mondo deldel lavoro? 6) Come concili eventualmente studio e attività sportiva? 7) Quanto lo studio influisce sulla gestione della tua vita sociale/mondana? 7) Facendo un paragone con la tua comitiva, quale facoltà risulta essere più o meno impegnativa per conciliare studio e attività sportiva o sociale? 8) Quale lavoro part time ritieni più funzionale associare ai tuoi studi? Andiamo a vedere come hanno risposto...
QUI NAPOLI: "Mi piace pensare che la scelta che ho intrapreso per quanto riguarda la mia facoltà è stata un po' per gioco - spiega Fabiana La Fortuna, iscritta alla facoltà di Giurisprudenza - All'inizio la mia mente e il mio cuore erano proiettati a tutt'altro ovvero alla facoltà di biologia. La ricerca, il clima scientifico mi esaltavano e mi trasmettevano adrenalina. Però c'è sempre stato quell'amaro di un qualcosa di mancante, qualcosa che ancora doveva scattare. Non a caso l'ultimo giorno di scuola capii che il mio futuro sarebbe stato accompagnato da un'altra scelta, giurisprudenza, della quale non potrei essere più che felice. Capire il mondo che ci circonda affondo e nell'ambito della politica mi affascina. Il linguaggio giuridico mi "rasserena". Credo che affrontare i proprio studi lontano dalla propria città sia un'esperienza unica per arricchire il proprio bagaglio culturale. È un'opportunità che va coltivata, a parer mio, all'università ovvero in una fascia di età che parte dai 19 anni. Penso questo, poiché tale esperienza necessita di una maturità superiore. Se l'ho pensato si. Le differenze culturali, la lingua, cibi, abitudini diversi dal solito. Il mio motto cambiare le proprie abitudini apre la mente. Università = Futuro. Ma è davvero l'università che ti apre le porte al tuo futuro ovvero al mondo del lavoro? Gli sforzi, lo stress, il cosiddetto sangue sprecato, sono tutti i retroscena per raggiungere il proprio obiettivo. Io penso che l'impostazione di insegnamento di una facoltà non faccia il tutto per le necessità pratiche di inserimento nel mondo del lavoro. Il tutto siamo noi e lo facciamo noi. La facoltà è la base per crescere e arrivare alla meta prestabilita. Di certo le opportunità che offre ti mettono a contatto, delle volte, con il mondo del lavoro a crudo e concretamente, ma il tutto dipende da te. Ed è lì che inizia il gioco".
"L'Erasmus? Sicuramente andrei in Spagna, paese dove sono andato più volte: sia per piacere che per cercare lavoro - annuisce Matteo Manfregola, iscritto alla facoltà di scienze biotecnlogiche della Federico II - Disponibili, gentili, molto simili alla mia città. Penso che ogni facoltà sia singolare a suo modo con i relativi pregi e difetti. Sicuramente quello che vedo è che biotecnologie industriali rispetto ad altri corsi di studio (anche inerenti allo stesso ambito lavorativo) sia molto più incentrata sulla pratica: in laboratorio passiamo molto tempo. Concentro lo sport principalmente la sera, dalle 7 in poi per dedicare il resto della giornata allo studio. Nulla mi vieta però una nuotatina il sabato mattina. Lavoro part time 2 volte alla settimana. E sicuramente è preferibile un lavoro che ti da la possibilità di lavorare pochi giorni per più tempo piuttosto che più giorni e meno tempo. In questo modo gestisci meglio le tue giornate di studio".
"La scelta di iscrivermi alla facoltà di Giurisprudenza è frutto di una presa di coscienza maturata nel corso degli studi liceali - afferma Barbara Salerno - Nonostante ogni scelta lasci un ampio margine di rischio e sia lecito avere delle perplessità, è stato per me importante porre l'accento su quelle che erano e sono le mie inclinazioni personali. Mi sono chiesta quale fosse l'ambito che avrebbe potuto esaltare le mie potenzialità e quale fosse la facoltà che più poteva offrirmi sulla base dei miei interessi e aspirazioni. E' stata una decisione ponderata e sono contenta delle conoscenze che, ad oggi, mi vengono impartite. Non sono napoletana, mi sono allontanata dalla mia città natale per cui credo di poter pacificamente affermare di essere nel pieno di un'esperienza di studio lontana dai miei affetti e abitudini. Confrontarsi con una realtà dissimile da quella a cui si è abituati è tanto complesso quanto costruttivo. Nonostante le difficoltà iniziali, lo studio in una nuova città mi ha permesso di guardare la realtà con occhi diversi, mi ha consentito di conoscere persone con modi di fare e percepire le cose per me nuovi, mi ha aiutato a prendere atto dei miei punti di forza e dei miei limiti. Nel caso avrò la possibilità di farlo, condurrò ancora esperienze integrali o parziali di studio in nuove città; tutto ciò che è nuovo e diverso spaventa, ma arricchisce. Credo lo studio di materie differenti implichi, di conseguenza, approcci differenti. Non credo di avere i mezzi necessari per una comparazione, non conosco appieno l'approccio alle diverse facoltà e darei una risposta poco attendibile se mi basassi solo su ciò che a me appare. A parte ciò, ogni esperienza è soggettiva e non ho a mia disposizione un campione di persone abbastanza ampio a cui fare riferimento, ergo sarei riduttiva. Beh, io penso la mia facoltà mi dia dei mezzi, penso io debba essere abbastanza brava da renderli miei, ma sarei sciocca se pensassi che la teoria è sufficiente nel mondo del lavoro. Se potessi muovere una critica, potrei sintetizzarla dicendo che sarebbe utile dare a noi studenti l'opportunità di toccare con mano gli "strumenti" di quello che potenzialmente potrebbe divenire il nostro lavoro. A mio avviso, uno studio meramente teorico può comportare poca padronanza degli strumenti nella loro applicazione pratica. Lo studio influisce inevitabilmente sulla vita sociale/mondana, ma le due cose non si escludono necessariamente. Col tempo si impara ad organizzare lo studio al meglio, puntando sulla qualità di questo, piuttosto che sulla quantità. Credo sia una questione di equilibri, ma è indubbio ci siano dei sacrifici che uno studente deve fare, è il piccolo prezzo da pagare, non ci resta che sperare il gioco valga la candela".
"Alla prima domande potrei rispondere impiegandoci ore - esordisce Alessandra Foresto - Finito il liceo ero davvero confusa sul "dopo", su ciò che avrei voluto fare, non avendoci mai pensato mai seriamente. Sapevo ciò che non avrei voluto fare con sicurezza ma scegliere ciò che mi piaceva mi rendeva le cose un po' difficili. Fin quando non ho deciso di scegliere una facoltà (quella di culture digitali e della comunicazione) dagli esami. Mi interessavano gli esami e penso un po' che questo campo sia un po' il futuro poiché in un era come la nostra, internet e i media sono alla base di tutto. Studiare fuori? Pensato si, ma non so se l'avrei mai fatto una scelta del genere. Amo viaggiare, ma amo la mia terra più di tutto. Se proprio dovessi scegliere, la Spagna o l'Inghilterra! Penso che ogni facoltà abbia le sue difficoltà, probabilmente da come ho potuto constatare amici che frequentano facoltà scientifiche spesso hanno bisogno di ripetizioni private. I metodi di studio utili a lungo termine? Sicuramente o almeno, lo spero! Riesco a conciliare entrambe le cose poiché l'attività sportiva (2 volte a settimana) la pratico nella tarda serata. La facoltà più impegnativa? Medicina! Ma ho amici a Medicina che comunque riescono a prendersi il caffè al bar il pomeriggio e studiare - sorride - L'università influisce, per quanto mi riguarda, il giusto nella vita sociale. Non ho mai lavorato quindi non saprei dirti ma se dovessi avere un lavoro part time penso un lavoro nel fine settimana, altrimenti almeno personalmente non riuscirei a gestire il resto".
Frequenta Giurisprudenza, invece, Genni D'Alessandro: "Sin da piccola sapevo cosa avrei voluto fare da grande, la scelta è avvenuta da sola. Assolutamente no! Non mi entusiasma l'idea di allontanarmi. Non andrei in Erasmus, ma se dovessi scegliere preferirei le nazioni unite, hanno un modo di attuare la legge totalmente diverso dal nostro, forse molto più interessante! Impostazione di studio utile? Ma assolutamente no, credo di finire gli studio e di non saper scrivere un atto giuridico, milioni di pagine di storia da studiare, ma nulla che mi insegni cose pratiche ed utili! Programmo le giornate in modo tale da poter dedicare almeno 4 ore a settimana per lo sport! L'impegno universitario influisce tantissimo, ma sinceramente non ho mai rinunciato ad un caffè con gli amici per lo studio, sono due cose essenziali! Tutte le facoltà sono impegnative, forse scienze della formazione e i suoi rami quelle più intricate! Cosa vedo nel futuro? Quello noi comunemente chiamiamo tirocinio. Credo sia il lavoro che dovremmo fare tutti sin dal primo anno di università, solo facendo tanga pratica potremmo essere veramente preparati".
In chiusura un fresco laureato. Si tratta di Matteo Boccanera che ha intrapreso un percorso di studi con imprinting diverso rispetto ai suoi giovani colleghi: "Ho scelto Ingegneria Aerospaziale per la smisurata passione che sin dalle elementari provavo per la matematica e dunque mi sono proiettato prima di tutto ad una facoltà a chiaro indirizzo scientifico. Da bambino ero appassionato di veicoli ed in particolare attratto da quei programmi che narravo di incidenti aerei con annesse indagini sulle cause, cosa che mi sono portato nel tempo con l'obiettivo di entrare prima o poi in quest'orbita settoriale. A differenza di altre facoltà dove si studia più sulle definizioni, a noi è fondamentale accompagnare le definizioni a difficili dimostrazioni anche se, purtroppo, manca la pratica così come il contatto con le aziende. E' un problema direi atavico riguardante tutte o quasi le Università italiane, mancano proprio i mezzi. Ragion per cui, raggiunto l'obiettivo della triennale, viro all'estero per completare il mio percorso di studi ed avere la possibilità, dal punto di vista pratico, di vedere a che punto è servita tutta la teoria imparata. Non voglio sminuire le altre discipline ma ci sono tante differenze, la prima e più banale riguardante l'approccio che come detto è sperimentale oltre che scientifico ed anche la gestione del tempo di studio che lascia davvero poche chance di spacco. In ogni caso, pur avendo praticato sport a livello agonistico, ho dovuto accantonarlo visto anche che a differenza di quanto accade in America non ci sono incentivi sinergici tra studio e attività sportiva. Usa e Cina, ad esempio, sono le mete che preferirei per un approfondimento ed un'esperienza stile Erasmus. Il tempo libero? Impartisco ripetizioni a ragazzi liceali, una buona occasione anche per affinare e ricordare ancora meglio tanti aspetti delle materie che per me sono pane quotidiano". In conclusione: "Mi fa piacere evidenziare, in quanto dislessico, che alla Federico II è presente un ottimo centro per chi soffre questo tipo di disturbi chiamato SINAPSI".
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- Giovanni Apadula By
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Francoforte. Circa 7300 espositori, provenienti da oltre 100 cento paesi del mondo, animeranno l'edizione numero 67 della Frankfurter Buchmesse, la Fiera Internazionale del Libro di Francoforte, il più importante appuntamento a livello mondiale per la promozione culturale e lo scambio editoriale. In principio concepita come un grande e innovativo mercato dei caratteri mobili, grazie alla vicinanza con la Mainz di Giovanni Gutenberg, la Fiera è stata ripristinata poi nel 1949, all'indomani del collasso e delle schegge ereditate dal secondo conflitto mondiale. L'Italia sarà presente alle kermesse tedesca con circa 200 editori, tutti raggruppati presso lo "Spazio Italia", dedicato appunto alla letteratura nostrana. L'ospite d'onore dell'edizione 2015, sotto il titolo "Isole dell'immaginazione", sarà l'Indonesia, paese dalla profonda, abissale diversità culturale, quinto al mondo per popolazione, primo in assoluto per numero di musulmani. Soprattutto, paese la cui letteratura (e forse non solo quella) resta ancora sconosciuta ai più in casa nostra, fatta salva qualche rara eccezione (Lubis, Situmorang), tradotta in Italia grazie al lavoro di pochi specialisti cresciuti all'ombra del maestro Alessandro Bausani, primo grande conoscitore della galassia letteraria del sud-est asiatico. Dicevamo dell'Italia, appunto, e della sua "mission" in terra teutonica, che negli ultimi anni ha regalato tante ombre e pochi scampoli di luce, quasi uno specchio della dinamica involutiva che coinvolge la grande editoria nazionale. L'idea della letteratura concepita come marketing, che resta idea di sviluppo della Buchmesse almeno quanto il principio di fondo della letteratura come cultura e dunque come espressione-conoscenza della realtà, ha avviluppato l'editoria nazionale trascinandola in un vortice dove persino le scelte concepite in questo senso si sono rivelate assai poco lungimiranti. In una digressione pubblicata da Il Libraio alla vigilia della scorsa Fiera francofortese, Luigi Spagnol ha gettato luce sui meccanismi di funzionamento della rassegna: "A venderli (i libri, ndr) sono o gli agenti letterari o le case editrici, qualora all'atto di acquisire i diritti di pubblicazione nella patria dell'autore si siano assicurate anche quelli di traduzione. Nel caso di grosse agenzie o delle case editrici, ci sono persone addette specificamente alla vendita dei diritti esteri. Dall'altra parte del tavolo delle trattative (l'equivalente dei grossisti di Le Guilvinec), ci sono gli editori di tutti gli altri Paesi, i loro editor, i loro scout e i loro responsabili delle acquisizioni". Nel suo lavoro "La Musa", Jonathan Galassi, poeta ma soprattutto presidente di Farrar Straus & Giroux, rende assai più intelligibile questa ratio: "(...) nella moderna Fiera di Francoforte non si vendevano libri, bensì autori, a un tanto al chilo. Gli editori si accaparravano il diritto di vendere le opere dei loro scrittori in altri paesi e altre lingue, spesso intascando una considerevole porzione dei guadagni (tra i più scandalosi c'erano i paternalistici francesi, che si beccavano il cinquanta per cento del ricavato). Finché gli agenti non si erano accorti delle potenzialità degli accordi internazionali, la situazione era rimasta selvaggia e confusa, anche se le parti in gioco osservavano scrupolosamente i riti feudali di lealtà". In un capitolo del suo libro, dunque, che sembra tratto da una delle tante pagine di Tom Wolfe, Galassi evoca corpo e fascino della Buchmesse, che quest'anno sarà aperta dalla prolusione di Salman Rushdie, l'autore dei "Versetti satanici" la cui presenza ha già mandato fuori dai gangheri l'Iran, pronto a boicottare la rassegna.
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- Valentina Manna By
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Dal 2008 è in atto un progressivo fenomeno migratorio che dalle coste africane raggiunge il cuore della vecchia Europa ed in particolar modo le coste italiane e greche, collegamento più vicino con il nostro continente. Gli organi di stampa e molto spesso qualche politico xenofobo ha sfruttato l'eco mediatica del fenomeno e la palpabile insoddisfazione del popolo italiano per affastellare consensi e alimentare una guerra ingiustificata contro chi davvero alla guerra sfugge. Proviamo a chiarire meglio quali sono i numeri e l'impatto reale che le migrazioni stanno registrando in Italia e in Europa. Si è parlato più e più volte di un "Emergenza" in atto: la realtà è diversa. La quantità di migranti giunti alle porte dell'Europa a partire dal 2008 è aumentata molto col trascorrere degli anni, complice la Primavera araba, la nascita del Califfato dell'Isis e anche i tragici mutamenti climatici che hanno reso invivibili molte regioni subsahariane. Traducendo in numeri questo significa che nel 2015 nella sola Italia sono sbarcate 121mila persone - secondo i dati del Ministero dell'Interno: Eritrea (30.493), Nigeria (14.489), Somalia (8.747), Sudan (6.901), Siria (6.546) e Gambia (5.422) - una cifra pari allo 0,2% della popolazione italiana. Di questi, 95mila si trovano in centri di accoglienza: oltre 2300 solo nei primi mesi del 2015 sono purtroppo morti in mare durante l'affondamento dei barconi di fortuna a cui si affidano. A sostenere i maggiori sforzi di accoglienza sono proprio i paesi limitrofi a quelli dove si realizzano le diaspore: secondo l'Unhcr il 24% del totale mondiale dei migranti è stato accolto da paesi come il Kenya, il Sudan del Sud, il Pakistan e l'Etiopia. L'Europa si ferma ad un modesto 10%, complice il fatto che non tutte le richieste di asilo vengono accettate. In Italia, ad esempio, solo 1 rifugiato su 1000 viene accolto. Gli Europei più solerti sono gli Svedesi, che accolgono 14 rifugiati ogni 1000. Considerando che la popolazione europea ammonta a più di 500 milioni di abitanti, è facile capire che la quantità di migranti che vi arriva è veramente irrisoria: contando il numero degli arrivi dal 2011 ad oggi, sia dalla rotta italiana che da quella balcanica, sono stati accolte 668mila persone, pari allo 0,13% della popolazione Ue. L'accoglienza di un migrante deriva anche dal suo status: in questo caso è importante anche fare distinzione alla terminologia esatta. Di fatto intercorre una netta distinzione tra un migrante, ovvero colui che abbandona il proprio paese volontariamente nella speranza di poter trovare lavoro o comunque migliorare le proprie condizioni di vita, un rifugiato, tutelato dalla Convenzione di Ginevra del 1951 poiché è persona che corre il rischio di essere perseguitato nel proprio Paese per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, e un profugo, termine che indica genericamente colui che abbandona il proprio paese a causa di catastrofi climatiche o guerre. La differenza sostanziale è che il migrante può essere rimpatriato in condizioni di sicurezza, mentre il rifugiato gode di una speciale protezione. Mediamente, la Commissione dello Sprar, che gestisce le pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato ed è suddivisa in 10 Commissioni territoriali, impiega 12 mesi - a fronte dei 30 giorni previsti - per l'analisi di una singola pratica, a causa del surplus di lavoro. Il vero problema, purtroppo, è da riscontrarsi nella scarsa cooperazione tra i vari Stati membri, che non riescono ad organizzare un sistema di accoglienza e distribuzione omogeneo: basti pensare che il fenomeno migratorio coinvolge sì in maniera emergenziale l'Italia e la Grecia, perché sono i primi paesi dove gli immigrati mettono piede e dove per legge devono fare domanda di asilo, ma è anche vero che la direzione a cui puntano in gran parte è quella dell'Europa centrale, in particolar modo Germania, Austria, Francia e Svezia. Essendo i paesi dell'Africa Subsahariana e del Medio Oriente popolosi e soprattutto poveri, nonostante la fine della guerra, i flussi migratori potrebbero comunque proseguire ed aumentare di intensità con il passare degli anni, determinando in quel caso una vera e propria emergenza. Altra problematica non trascurabile è la precarietà della rete di accoglienza che l'Italia si è trovata a mettere su e gestire in pochi anni e con risorse a volte risicate: la Commissione europea ha recentemente stanziato 2,4 miliardi di euro per fare fronte all'emergenza, di cui 560 milioni vanno all'Italia, che nel 2014 ha speso circa 628 milioni di euro per la sola accoglienza. Tali cifre sono distribuite in una rete composta da 14 centri di accoglienza (Cpsa - Centri di primo soccorso e accoglienza - Cda - Centri di accoglienza - Cara - Centri di accoglienza per chi chiede una protezione internazionale-), 5 Cie (Centri di identificazione ed espulsione), 1861 strutture temporanee e 430 progetti Sprar (Sistemi di protezione richiedenti asilo e rifugiati), questi ultimi gestiti dall'Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani). La spesa quotidiana per ogni migrante è di 35 euro, di cui 2,50 costituiscono il cosiddetto "pocket money" affidato al singolo individuo per le spese di necessità. Nessuna di queste cifre viene sottratta all'assistenza del popolo italiano, che, in molti casi, ha tirato su business - non sempre legali, come insegna la vicenda "Mafia Capitale" - grazie proprio alla necessità di dare assistenza e attivare processi di integrazione con i migranti. Una questione molto sentita dagli italiani, in tempi di crisi e disoccupazione feroce, è sicuramente quella lavorativa: secondo i dati Istat elaborati dalla Fondazione Moressa gli immigrati non ci "rubano" il lavoro, bensì si inseriscono in aree lavorative differenti (in particolar modo nel settore dei servizi, della ristorazione, dell'edilizia ecc.) sebbene il loro livello di istruzione sia superiore rispetto alle mansioni affidate. Inoltre - altro particolare molto importante - la loro presenza nel vecchio Continente permetterebbe di risollevare le sorti di un Europa in vistoso calo demografico. Secondo uno studio della Commissione Europea, se attualmente c'è una proporzione di 4 giovani ogni pensionato, tra 35 anni ci ritroveremo con un dimezzamento della fascia giovane se le frontiere verranno chiuse, anche a causa di un sistema di welfare che fa acqua da tutte le parti. Insomma, al di là dell'aspetto morale che ci dovrebbe suggerire di accogliere con umanità chi vive un momento di difficoltà, dovremmo prendere in considerazione un aspetto se vogliamo molto più pragmatico: i migranti sono una risorsa per una Europa asfittica e a crescita zero. Offrendo a loro ospitalità, siamo in grado di garantirci nuova linfa vitale e soprattutto riusciremo a ridare peso e vitalità a livello internazionale al nostro continente. Mai come ora fare del bene, può davvero restituire i suoi frutti sul lungo periodo, al contrario di quanto sostiene qualche squallido conservatore a caccia di consenso facile.
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Ferrara. Si è chiusa ieri, domenica 5 Ottobre, l'ottava edizione del Festival di Internazionale a Ferrara. Ed i numeri della kermesse, nell'edizione di quest'anno, hanno fatto registrare un deciso passo in avanti rispetto allo scorso anno. Oltre 70 mila le presenze registrate in città per il festival del giornalismo, con un +12% rispetto all'edizione 2013. Il picco è stato raggiunto venerdì 3 alle 18, quando in Piazza Municipale è arrivata il primo ministro Matteo Renzi che ha parlato ad una platea di oltre 4000 unità. 250 le ore di programmazione, condensate in oltre 100 incontri con protagonisti reporter, scrittori ed ospiti provenienti da 30 paesi. 45 le testate giornalistiche ospitate nella tre giorni, 4 i direttori responsabili protagonisti di alcuni incontri clou: Martin Baron del Washington Post, Edwy Plenel di Mediapart, Nicolas Barré di Los Echos e Gerard Baker del Wall Street Journal. Successo anche per i workshop e laboratori creativi per i bambini. Presenze considerevoli anche per i film della rassegna Mondocinema, nonché per i documentari della sezione Mondovisioni.
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Ferrara. Nato negli States da genitori nigeriani, Teju Cole è scrittore e fotografo cresciuto in terra africana e ritornato in America alle soglie della maggiore età. "Il rapporto tra la fotografia e la scrittura è molto stretto", ha spiegato nel corso del dibattito con John Berger e Maria Nadotti al Teatro Comunale. Nei suoi lavori persone, culture ed arti diverse si incontrano in un groviglio di strade ed atmosfere. "Città aperta", il suo romanzo di debutto pubblicato da Einaudi, lancia uno sguardo sulla New York dello scrittore, una melting-pot di quartieri collegati tra loro da vincoli familiari ed etno-religiosi, popolata da libanesi, kenyani, cinesi e nigeriani. "Cogliere l'imprevisto, o esserne colpito, è l'obiettivo che mi pongo quando vado in giro a scattare foto", ha proseguito. La fotografia, compagna di viaggio della scrittura, si nutre al tempo stesso del vincolo intenso coltivato con l'arte. "Sono interessato all'arte, come scrittore guardo ai suoi aspetti storici ed estetici, ma nei miei libri l'arte assume un ruolo diverso. Penso ai musei, ad esempio: un museo è una sorta di città del passato, con diversi fili narrativi. Ed in ogni città si nascondono infinite microcittà: qualla degli animali, quella delle strade, quella degli elementi come le persone e gli edifici". Sui luoghi della conflittualità moderna, Cole ha disegnato il suo pensiero personale: "Proprio da John Berger ho imparato la necessità di vivere un posto per conoscerlo, contro la necessità di arrivarci solo attraverso la lettura e i nuovi media". Non è un caso che proprio "Città aperta" sia considerato il romanzo in cui spicca l'ambizione dell'autore, dove l'alienazione non drammatizzata impedisce al lettore di procedere tra la confusione, voluta, della narrazione. Una sorta di idiosincrasia, accompagnata "dall'occhio del giornalista eclettico", come scrive Michiko Kakutani nella recensione curata per il New York Times. "Voglio testimoniare la complessità del reale attraverso un linguaggio semplice: è questo il mio obiettivo", ha affermato. Tra le molte cose che lo accomunano a John Berger, la fotografia assume un ruolo preminente, insieme alla pittura ed agli altri linguaggi mediali. "Ho scritto e disegnato tutta la vita - ha chiosato Berger - e con il tempo e l'esperienza mi è divenuto più semplice. Scrivere invece non è un'attività artigianale e uno rischia di rimanere quel principiante che è".
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Ferrara. Dove va il giornalismo? Sia esso sulla carta, oppure digitale, la meta comune è l'inchiesta. "Edizione Straordinaria" è per l'appunto il tema dell'incontro con il direttore del Washington Post, Martin Baron, Edwy Plenel di Mediapart e Giovanni De Mauro, programmato alle 16.30 al Teatro Comunale, vero momento clou della giornata conclusiva del Festival ferrarese. Ma non mancheranno in questa domenica altri spunti d'interesse, a cominciare dal mattino quando John Berger, critico d'arte, pittore scrittore britannico, e lo scrittore statunitense Teju Cole saranno protagonisti di una conversazione ad ampio spettro, dalla fotografia al giornalismo, senza trascurare politica, cinema e libri in generale. Al Chiostro Piccolo di San Paolo, in contemporanea, Rosemary Bechler, John Lloyd, Eric Jozsef e l'editore Giuseppe Laterza si intratterranno sulla collocazione dell'Europa tra vecchi e nuovi media. Fari puntati anche sul profilo enogastronomico: al Mercato Coperto si parlerà di educazione al consumo critico con Tom Mueller e Gilles Luneau, moderati da Cinzia Scaffidi di Slow Food. Al Ridotto, invece, un punto sulle lacune della stampa e le nuove esigenze del giornalismo partecipativo, con Paola Barretta (Osservatorio di Pavia), Gabriele Eminente (Msf Italia) ed AlvaWhite (Bbc). Per la rassegna documentaristica, invece, da segnalare la proiezione all'Apollo 4 di "Va' pensiero. Storie ambulanti", girato da Dagmawi Yilmer. A Milano, Mohamed Ba, 50 anni, griot, attore ed educatore senegalese residente in Italia da 14 anni, viene accoltellato il 31 maggio del 2009 in pieno giorno, nel centro della città. A Firenze l'orrore si ripete, in tutta la sua forza: Mor e Cheikh, immigrati anche loro dal Senegal, sono colpiti il 13 dicembre 2011 mentre lavorano al mercato di San Lorenzo. Il racconto incrociato delle loro storie, a cavallo tra paura e speranza, sarà al centro del documentario.
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Ferrara. La rassegna stampa internazionale curata in collaborazione con VoxEurop inaugura il menu della seconda giornata del Festival di Internazionale a Ferrara. Al Chiostro di San Paolo la scrittrice Igiaba Scego, Gian Paolo Accardo, Eric Jozsef (Libération), Lee Marshall, Bartosz Panek (Polskie Radio), con Gigi Donelli e Paolo Zanchini, saranno accompagnati dalla musica live di Kiss & Drive, alias Elisabetta Spada. Alla Biblioteca Ariostea si parlerà invece del traffico di rifiuti tossici in Italia e nel globo, a vent'anni dall'assassinio di Ilaria Alpi. Il dibattito farà da preludio alla proiezione del film "Toxic Somalia", girata nel 2011 da Paul Moreira. Come cambiano i rapporti tra Unione Europea e Stati Uniti d'America? E' questa la domanda alla quale cercheranno di rispondere al Teatro Comunale Bernard Guetta (France Inter), Josef Joffe (Die Zeit) e l'americano David Rieff, moderati da Luigi Spinola (Pagina99). Il destino della sinistra latinoamericana sarà invece sotto i riflettori alle 14.00 al Teatro Comunale: "Foto di gruppo" è il titolo dell'incontro cui parteciperanno Jon Lee Anderson (New Yorker), il giornalista e politologo cileno PatricioFernàndez Chadwick ed il messicano Enrique Krauze. "Chimurenga" è una rivista panafricana di arte, cultura, scrittura e politica, fondata anni fa da uno scrittore e giornalista camerunese, Ntone Edjabe. Sarà proprio quest'ultimo uno dei protagonisti del dibattito pomeridiano in Sala Estense, dove si discuterà di diritti, atei, gay e minoranze in Africa, il "continente arcobaleno". Con Edjabe presenti la nigeriana Lola Shoneyn ed il kenyano Binyavanga Wainaina. Nella stessa location saranno poi illustrate storia e memoria di una fetta di mondo, dalla Cambogia allo Yemen. Le cartoline dalla terra straniera saranno presentate da LooHui Phang, scrittrice e sceneggiatrice francese, Michael Sterckeman, fumettista d'oltralpe ed Ugo Bertotti. Al Cinema Apollo Ferdinando Giugliano (Financial Times) modererà la discussione "Titoli tossici". Quale è il ruolo della stampa economica al tempo della crisi? Ospiti Gerard Baker del Wall Street Journal, Nicolas Barré (Los Echos) e John Lloyd (Financial Times). Il precario equilibrio della Turchia, le sorti della democrazia e la fragilità esposta delle minoranze: Cengiz Aktar, Ahmet Insel e Pinar Selek si confronteranno in Sala Estense su Recip Erdogan, il premier pigliatutto.
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Ferrara. Il Festival di Internazionale a Ferrara, giunto quest'anno alla sua ottava edizione dopo la prima storica volta nell'autunno 2007, ha aperto i battenti in mattinata con la consegna del Premio "Anna Politkovskaja" per il giornalismo d'inchiesta. Il riconoscimento, che quest'anno compie i suoi primi sei anni, è andato alla reportersiriana Maisa Saleh, corrispondente "anonima" a Damasco per la Orient News Television durante i giorni tremendi della guerra civile. Al Cinema Apollo la cronista siriana ha raccontato alla giornalista di Repubblica Francesca Caferri cosa significhi fare informazione da un teatro di guerra. "La detenzione e la diffamazione", ha affermato la Saleh, arrestata e trattenutanell'Aprile 2013 per sette mesi dal governo di Bashar al Assad, "rappresentano una questione pubblica che riguarda tutti i siriani". La giornalista, che è anche paramedica, si è poi soffermata sul ruolo svolto nel paese dagli attivisti e sul significato profondo dell'essere rivoluzionari: "Il rischio maggiore per chi protestava era di cadere nella tela di gruppi armati ribelli in zone controllate dall'opposizione. Ma si trattava di una politica contraddittoria rispetto all'indole rivoluzionaria di questi gruppi. Essere rivoluzionari significa sostenere i propri principi e valori non soltanto contro il regime, ma anche contro chiunque violi i diritti umani rendendosi immune da qualsiasi responsabilità". Maisa Saleh succede a Chouchou Namegabe, giornalista radiofonica congolese che si è aggiudicata lo scorso anno il premio istituito dalla rivista in partnership con il Comune di Ferrara. La prima edizione, nel 2009, fu vinta dalla cronista messicana Adela Navarra Bello, direttrice del settimanale Zeta, un periodico di approfondimento su criminalità, narcotraffico e legami tra politica e cartelli della droga. E proprio il rapporto tra alta finanza e cartelli della droga è stato l'argomento dell'incontro pomeridiano al Teatro Comunale, dal titolo "I narcos di Wall Street". Maisa Saleh è stata invece ancora protagonista, nel corso della giornata, di altri dibattiti. Alle 14.30 al Cinema Apollo ha parlato di "Siria, segnale interrotto", incentrato sul paese più pericoloso al mondo per i giornalisti. Alle 17.00 era in diretta con Radio3 Mondo per parlare di "Diritti prima di tutto". Infine, alle 20.00, ha presenziato all'incontro "Lampedusa un anno dopo", serata-appello per ricordare le vittime innocenti del naufragio del 3 Ottobre 2013 e lanciare un grido per i bisogni umanitari dei profughi.
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Ferrara. Si aprirà con la consegna del Premio "Anna Politkovskaja" alla giornalista siriana Maisa Saleh l'edizione numero otto del Festival di Internazionale, di scena come ormai da tradizione nella splendida cornice rinascimentale di Ferrara. Il Cinema Apollo sarà poi teatro dell'incontro dal titolo "Il Mondo deve sapere", con protagonista la stessa cronista mediorientale intervistata dall'inviata di Repubblica Francesca Caferri. Il programma diverrà piuttosto fitto nel pomeriggio, quando la reporter messicana Lydia Cacho, lo statunitense David Rieff ed Ed Vulliamy (Guardian) intratterranno il pubblico del Teatro Comunale con "I narcos di Wall Street", incontro dibattito incentrato sul controverso rapporto tra i cartelli della droga ed il mondo dell'alta finanza nel continente americano. Alle 15, all'Imbarcadero 2 di Largo Castello Nicola Lai e Cédric Parizot della Aix-Marseille Université discuteranno con Lorenzo Pezzani (Goldsmith College, Londra) di una nuova concezione dei confini e delle mobilità nel ventunesimo secolo, in un incontro dal titolo "Antiatlante delle frontiere". Alle 16, invece, il Teatro Comunale ospiterà il dibattito "In alto mare": riflettori puntati su migranti, rifugiati e richiedenti asilo e sul ruolo spesso passivo ricoperto dall'Europa in materia. "Piazze in rivolta" sarà invece il tema della seduta delle 16.30 in Sala Estense, con Esraa Abdel Fattah (blogger egiziana), Doris Gutierrez Palacìn (Movimento 15M, Spagna), Gianluca Solera e Fabio Laurenzi (Cospe) che si intratterranno sui movimenti potenzialmente in grado di cambiare il futuro di una grande regione come quella "mediterranea". Le "storie straordinarie" del visionario fumettista polacco Maciej Sienczyk inaugureranno invece la serie di incontri del Mercato Coperto. A dialogare con l'autore ci sarà Goffredo Fofi. Serata dedicata al tema tanto attuale quanto emergenziale dell'immigrazione, con l'incontro-appello "Lampedusa un anno dopo", dedicato alle vittime passate, presenti e future delle traversate ed ai loro bisogni umanitari. Spazio, nel corso della giornata, anche ai libri, con diverse presentazioni a Palazzo Roverella, Biblioteca Ariostea e Chiostro di San Paolo, ed alla fotografia, con la proiezione a Palazzo Roverella delle fotografie panoramiche di Jens Olof Lasthein curata dal photo editor e critico francese Christian Caujolle. Per la rassegna cinematografica "Mondovisioni", invece, gli appuntamenti clou sono alle 12 al Cinema Boldini con il lungometraggio colombiano "Marmato", firmato da Mark Grieco; alle 14 con "Documented" di Jose Antonio Vargas; alle 22.30 con "Internet's own boy: The story of Aaron Swartz" di Brian Knappenberger. Per i bambini, invece, da non perdere il laboratorio di educazione al cibo, alla coltivazione ed alla cucina a cura di "L'Orto in Campania", in collaborazione con Slow Food Emilia Romagna, in programma al Mercato Coperto.