
Ferrara. Nato negli States da genitori nigeriani, Teju Cole è scrittore e fotografo cresciuto in terra africana e ritornato in America alle soglie della maggiore età. "Il rapporto tra la fotografia e la scrittura è molto stretto", ha spiegato nel corso del dibattito con John Berger e Maria Nadotti al Teatro Comunale. Nei suoi lavori persone, culture ed arti diverse si incontrano in un groviglio di strade ed atmosfere. "Città aperta", il suo romanzo di debutto pubblicato da Einaudi, lancia uno sguardo sulla New York dello scrittore, una melting-pot di quartieri collegati tra loro da vincoli familiari ed etno-religiosi, popolata da libanesi, kenyani, cinesi e nigeriani. "Cogliere l'imprevisto, o esserne colpito, è l'obiettivo che mi pongo quando vado in giro a scattare foto", ha proseguito. La fotografia, compagna di viaggio della scrittura, si nutre al tempo stesso del vincolo intenso coltivato con l'arte. "Sono interessato all'arte, come scrittore guardo ai suoi aspetti storici ed estetici, ma nei miei libri l'arte assume un ruolo diverso. Penso ai musei, ad esempio: un museo è una sorta di città del passato, con diversi fili narrativi. Ed in ogni città si nascondono infinite microcittà: qualla degli animali, quella delle strade, quella degli elementi come le persone e gli edifici". Sui luoghi della conflittualità moderna, Cole ha disegnato il suo pensiero personale: "Proprio da John Berger ho imparato la necessità di vivere un posto per conoscerlo, contro la necessità di arrivarci solo attraverso la lettura e i nuovi media". Non è un caso che proprio "Città aperta" sia considerato il romanzo in cui spicca l'ambizione dell'autore, dove l'alienazione non drammatizzata impedisce al lettore di procedere tra la confusione, voluta, della narrazione. Una sorta di idiosincrasia, accompagnata "dall'occhio del giornalista eclettico", come scrive Michiko Kakutani nella recensione curata per il New York Times. "Voglio testimoniare la complessità del reale attraverso un linguaggio semplice: è questo il mio obiettivo", ha affermato. Tra le molte cose che lo accomunano a John Berger, la fotografia assume un ruolo preminente, insieme alla pittura ed agli altri linguaggi mediali. "Ho scritto e disegnato tutta la vita - ha chiosato Berger - e con il tempo e l'esperienza mi è divenuto più semplice. Scrivere invece non è un'attività artigianale e uno rischia di rimanere quel principiante che è".