
Dal 2008 è in atto un progressivo fenomeno migratorio che dalle coste africane raggiunge il cuore della vecchia Europa ed in particolar modo le coste italiane e greche, collegamento più vicino con il nostro continente. Gli organi di stampa e molto spesso qualche politico xenofobo ha sfruttato l'eco mediatica del fenomeno e la palpabile insoddisfazione del popolo italiano per affastellare consensi e alimentare una guerra ingiustificata contro chi davvero alla guerra sfugge. Proviamo a chiarire meglio quali sono i numeri e l'impatto reale che le migrazioni stanno registrando in Italia e in Europa. Si è parlato più e più volte di un "Emergenza" in atto: la realtà è diversa. La quantità di migranti giunti alle porte dell'Europa a partire dal 2008 è aumentata molto col trascorrere degli anni, complice la Primavera araba, la nascita del Califfato dell'Isis e anche i tragici mutamenti climatici che hanno reso invivibili molte regioni subsahariane. Traducendo in numeri questo significa che nel 2015 nella sola Italia sono sbarcate 121mila persone - secondo i dati del Ministero dell'Interno: Eritrea (30.493), Nigeria (14.489), Somalia (8.747), Sudan (6.901), Siria (6.546) e Gambia (5.422) - una cifra pari allo 0,2% della popolazione italiana. Di questi, 95mila si trovano in centri di accoglienza: oltre 2300 solo nei primi mesi del 2015 sono purtroppo morti in mare durante l'affondamento dei barconi di fortuna a cui si affidano. A sostenere i maggiori sforzi di accoglienza sono proprio i paesi limitrofi a quelli dove si realizzano le diaspore: secondo l'Unhcr il 24% del totale mondiale dei migranti è stato accolto da paesi come il Kenya, il Sudan del Sud, il Pakistan e l'Etiopia. L'Europa si ferma ad un modesto 10%, complice il fatto che non tutte le richieste di asilo vengono accettate. In Italia, ad esempio, solo 1 rifugiato su 1000 viene accolto. Gli Europei più solerti sono gli Svedesi, che accolgono 14 rifugiati ogni 1000. Considerando che la popolazione europea ammonta a più di 500 milioni di abitanti, è facile capire che la quantità di migranti che vi arriva è veramente irrisoria: contando il numero degli arrivi dal 2011 ad oggi, sia dalla rotta italiana che da quella balcanica, sono stati accolte 668mila persone, pari allo 0,13% della popolazione Ue. L'accoglienza di un migrante deriva anche dal suo status: in questo caso è importante anche fare distinzione alla terminologia esatta. Di fatto intercorre una netta distinzione tra un migrante, ovvero colui che abbandona il proprio paese volontariamente nella speranza di poter trovare lavoro o comunque migliorare le proprie condizioni di vita, un rifugiato, tutelato dalla Convenzione di Ginevra del 1951 poiché è persona che corre il rischio di essere perseguitato nel proprio Paese per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, e un profugo, termine che indica genericamente colui che abbandona il proprio paese a causa di catastrofi climatiche o guerre. La differenza sostanziale è che il migrante può essere rimpatriato in condizioni di sicurezza, mentre il rifugiato gode di una speciale protezione. Mediamente, la Commissione dello Sprar, che gestisce le pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato ed è suddivisa in 10 Commissioni territoriali, impiega 12 mesi - a fronte dei 30 giorni previsti - per l'analisi di una singola pratica, a causa del surplus di lavoro. Il vero problema, purtroppo, è da riscontrarsi nella scarsa cooperazione tra i vari Stati membri, che non riescono ad organizzare un sistema di accoglienza e distribuzione omogeneo: basti pensare che il fenomeno migratorio coinvolge sì in maniera emergenziale l'Italia e la Grecia, perché sono i primi paesi dove gli immigrati mettono piede e dove per legge devono fare domanda di asilo, ma è anche vero che la direzione a cui puntano in gran parte è quella dell'Europa centrale, in particolar modo Germania, Austria, Francia e Svezia. Essendo i paesi dell'Africa Subsahariana e del Medio Oriente popolosi e soprattutto poveri, nonostante la fine della guerra, i flussi migratori potrebbero comunque proseguire ed aumentare di intensità con il passare degli anni, determinando in quel caso una vera e propria emergenza. Altra problematica non trascurabile è la precarietà della rete di accoglienza che l'Italia si è trovata a mettere su e gestire in pochi anni e con risorse a volte risicate: la Commissione europea ha recentemente stanziato 2,4 miliardi di euro per fare fronte all'emergenza, di cui 560 milioni vanno all'Italia, che nel 2014 ha speso circa 628 milioni di euro per la sola accoglienza. Tali cifre sono distribuite in una rete composta da 14 centri di accoglienza (Cpsa - Centri di primo soccorso e accoglienza - Cda - Centri di accoglienza - Cara - Centri di accoglienza per chi chiede una protezione internazionale-), 5 Cie (Centri di identificazione ed espulsione), 1861 strutture temporanee e 430 progetti Sprar (Sistemi di protezione richiedenti asilo e rifugiati), questi ultimi gestiti dall'Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani). La spesa quotidiana per ogni migrante è di 35 euro, di cui 2,50 costituiscono il cosiddetto "pocket money" affidato al singolo individuo per le spese di necessità. Nessuna di queste cifre viene sottratta all'assistenza del popolo italiano, che, in molti casi, ha tirato su business - non sempre legali, come insegna la vicenda "Mafia Capitale" - grazie proprio alla necessità di dare assistenza e attivare processi di integrazione con i migranti. Una questione molto sentita dagli italiani, in tempi di crisi e disoccupazione feroce, è sicuramente quella lavorativa: secondo i dati Istat elaborati dalla Fondazione Moressa gli immigrati non ci "rubano" il lavoro, bensì si inseriscono in aree lavorative differenti (in particolar modo nel settore dei servizi, della ristorazione, dell'edilizia ecc.) sebbene il loro livello di istruzione sia superiore rispetto alle mansioni affidate. Inoltre - altro particolare molto importante - la loro presenza nel vecchio Continente permetterebbe di risollevare le sorti di un Europa in vistoso calo demografico. Secondo uno studio della Commissione Europea, se attualmente c'è una proporzione di 4 giovani ogni pensionato, tra 35 anni ci ritroveremo con un dimezzamento della fascia giovane se le frontiere verranno chiuse, anche a causa di un sistema di welfare che fa acqua da tutte le parti. Insomma, al di là dell'aspetto morale che ci dovrebbe suggerire di accogliere con umanità chi vive un momento di difficoltà, dovremmo prendere in considerazione un aspetto se vogliamo molto più pragmatico: i migranti sono una risorsa per una Europa asfittica e a crescita zero. Offrendo a loro ospitalità, siamo in grado di garantirci nuova linfa vitale e soprattutto riusciremo a ridare peso e vitalità a livello internazionale al nostro continente. Mai come ora fare del bene, può davvero restituire i suoi frutti sul lungo periodo, al contrario di quanto sostiene qualche squallido conservatore a caccia di consenso facile.