Ladyshine, fantasia al potere per i bijoux handmade che hanno stregato Roma

di Anna Maria Noia
Particolarmente delicata, nei confronti dell’altra metà del Cielo, ovvero del “sesso debole”; di Eva (= “madre di tutti i viventi”), della donna “pericolo costante” (sull’auto e non, al volante ma anche “grazie” alle sue curve e al suo cervello, non certamente da gallina…), particolarmente tenue ma efficace a tratteggiare volti e storie muliebri la sapiente ed eccezionale regia del giovane autore/regista (che firma sia la piece sia la supervisione) Simone Schinocca, un uomo stranamente ed insolitamente “femminista” (se così possiamo definirlo, nonostante il pensare da uomo, appunto…), il quale ha fatto in modo che si esibissero gli attori (anzi, in questo caso: le attrici…) dell’associazione culturale “Tedaca” proveniente da Torino. Il “plot” ha avuto quale titolo, eloquentissimo come la recitazione, convincente e avvincente, affascinante, superba e con pochi spazi vuoti: “D. La figura della donna nell’Italia del ‘900”, ed è stato tutto un programma!
Si è trattato della condizione della donna però “solo” nella nostra nazione (…ed è già tanto…), nella vita politica, sociale, economica e familiare italiana in tutto il Novecento. All’appello mancavano la donna soldato e quella astronauta, ben “rimpiazzate” però dalla donna partigiana e/o da quella – sottomessa e dolce, remissiva – che veniva dal Fascismo, premurosa madre di famiglia, sposa amante sorella moglie schiava…
La recitazione si è snodata tra luoghi comuni, pagine (appunto recitate) di Galateo (come doveva essere o per lo meno apparire la fanciulla per esaltare la dolcezza, tratto distintivo della sua ingenuità , della personalità sottomessa e sommessa), lotte politiche ed ideologiche, culturali e morali delle donne nelle varie epoche: donne italiane, per l’appunto, ma comunque stereotipate in una femminilità recisa, monca, traviata e travisata come ad esempio – pensiamo noi che scriviamo tale articolo – le donne afgane e irachene costrette a portare con il loro burqa anche (addosso) violenze, soprusi, abusi e maltrattamenti infiniti, in quanto “razza” inferiore: dunque lo spettacolo ci è piaciuto, ci ha convinto, commosso, emozionato; interpretazione magistrale da parte di soltanto tre attrici (di cui non ricordiamo il nome al momento in cui scriviamo), ma bravissime, candide, possenti e rapide, con trovate ricche di intuito femminile, di pathos: quel pathos che mostrano opere eccelse e antichissime come quelle di Eschilo, Sofocle ed Euripide, nonché di Aristofane e poi un pathos – anche stavolta maschile, come quello di Schinocca - che si trasforma in “autentica” (?) venerazione durante lo Stilnovismo dantesco, e la donna è da lui (e dagli altri stilnovisti) vista come “creatura superiore, angelicata”.
Una scenografia essenziale e ad un certo punto sorprendente, con un baule ricco di elementi scenici, di coreografici palloncini, di cose e di “cianfrusaglie” tutte femminili…
Una donna allo specchio, speculare e speculativa, riflessiva, ma anche oca; violentata e pudica, moglie e (non tanto…) madre: una donna abortente, una donna sacrificata sulla scala di valori ancestrali, sull’altare dei pregiudizi maschili e non soltanto. Questo e molto altro in più si è evinto dallo spettacolo, ripetiamo assolutamente convincente.
Donna tra emancipazione e responsabilità , tra le sue millenarie contraddizioni che ne fanno l’elemento portante della piece.
La donna vista nel corso del tempo, tra vittorie e sconfitte (da suffragette “nostrane”…), ironicamente e anche dolorosamente.
Un intento di denuncia per le molestie subite, quindi, alla base dello show, godibile e scorrevole fino all’ultimo, sin all’ultima scena, alla fine delle battute… Dopo il teatro c’è infatti la vita, o meglio: la morte.
Infine la donna come “parafulmine” (vero e proprio) di fenomeni sociali quali l’emigrazione soprattutto da parte degli Italiani, dai contadini in particolare; la violenza sessuale, l’entrata in politica (le cosiddette “quote rosa”), in un clima ancora ostile alle donne nonostante come Paese apparteniamo al ricco Occidente; attraverso il diritto: molte di tutte le leggi attuate per tutelare l’essere femminile sono state citate nel corso della rappresentazione, tra cui il “diritto” (?) ad abortire, e prima ancora quello di divorziare, scisso così dallo sguardo maschilistico di certi legislatori. La donna fu comunque già oggetto di attenzione da parte dei padri costituenti nello stendere, nel redigere la nostra Carta Costituzionale, quando in uno dei primi articoli si garantisce l’uguaglianza senza discriminazioni di sesso (sessiste…). Appena nel ’46 invece fu esteso il diritto di voto alla parte femminile della società : alle donne.
Il tutto rivolto come omaggio (anche) alle molte personalità femminili che ancora oggi danno bella mostra di sé in tutti i campi della vita pubblica, sociale, economica (sportiva…) italiana e non.
Milano. Ad ormai più di un anno dal primo lockdown il settore che vede meno la luce è quello del by
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