È una presa di coscienza – scrive Massimo Bignardi in catalogo – che prova a misurare la tenuta di un impianto compositivo che avverte ancora sia le sollecitazioni di un ‘neo-cubismo’ ispirato a Gris, sia l’idea di simultaneità propria dei primordi del Futurismo. In dipinti del periodo parigino quali Oggetti, Natura morta con chitarra (molto simile a quella più volte ripresa nel corso del decennio Sessanta), Ballerina, presente in mostra, la scala cromatica fa i conti con una luminosità intensa, fatta spandere sul piano secondo i registri di una linea elegante, spesso orientata ad esaltare la profondità di prospettive cosmiche (il richiamo è alla pittura di Prampolini e, per la gamma cromatica, di Fillia), popolate da luci aurorali, oppure, ispirata (è il caso delle nature morte con chitarra) da una geometria scandita da un ordine sintetistico. Una pittura che guarda dapprima ad una plastica polimaterica, originata da interessi accresciuti in ambito dell’aeropittura: in tal senso penso a Itinerario spaziale, databile tra il 1931 e il ’32 (Oriani esporrà a Parigi nel 1932 nella mostra “Enrico Prampolini et les Aeropeintres futuristes italiens” tenutasi alla Galerie de la Renaissance e, nel 1933, in quella dell’aeropittura allestita ad Atene), ove la presenza di nuovi materiali, legno, sughero, carta catramata, cartoni ondulati, marmi proponeva, rileva Crispolti, l’abbandono«a supposizioni d’ordine cosmogonico e d’aspirazione immediatamente universalistica». Successivamente porrà attenzione ad un dettato pervaso da un certo simbolismo interiore, cifrato da un segno espressionista, non lontano dalle prove di Guttuso, di Pirandello o di Cagli.
All’indomani della guerra l’esplosione di una luminosità accecante, fatta rimbalzare su piani di colori puri segna la nuova pagina della pittura di Oriani, come attestano alcune opere esposte in mostra, quali Interno metafisico, del 1950 e Natura morta con tabacco, databile tra il 1955 e il 1960[…]”.
Catalogo in galleria. La mostra resterà aperta fino al 14 marzo.
PIPPO ORIANI è nato a Torino nel 1909. Di famiglia di costruttori edili, è avviato agli studi di architettura, interrotti ben presto per dedicarsi interamente alla pittura. Nel 1927 entra in contatto con Fillia e con i futuristi che in quel decennio danno vita al gruppo torinese, nell’ambito del “secondo futurismo” e con i quali espone, per la prima volta, nel Padiglione dell’Architettura Futurista alla mostra internazionale allestita a Torino nel 1928; nel 1929 è presente, con una sala personale, alla Mostra dei Futuristi Italiani tenutasi alla Galleria Pesaro di Milano e, nel dicembre dello stesso anno, a quella organizzata a Parigi dalla Galerie 23. Importanti, per la sua formazione artistica, gli incontri con personalità del mondo dell’arte che frequentano, sul finire del decennio e nei primi anni Trenta, il Caffè Nazionale del capoluogo piemontese, luogo strategico dei dibattiti tra i futuristi, i “Sei”, ma anche con artisti quali Casorati e Spazzapan, architetti come Cuzzi, Pagano, Levi-Montalcini e Persico.
Nello stesso periodo, tra il 1929 e il 1933 si reca più volte a Parigi: qui incontra Léger, Zadkine, Kandinskij, Lurçat, Le Corbusier, Delaunay, Walençi, Severeini, Seuphor, Mondrian, Vantongerloo, Mallet-Steven e in nostro Enrico Prampolini; sollecitato da Seuphor collabora al n. 3 (mai pubblicato) della rivista “Cercle et carrè”. Incontri che segneranno profondamente la sua curiosità d’artista già proiettato a indagare gli svolgimenti dell’eredità lasciata dalle avanguardie, ponendo un’ulteriore rapporto con la sfera di indagine sul mito e sul cosmo avviato dai futuristi italiani della “seconda generazione”.Nello stesso decennio collabora con le riviste “La Città Fururista”, “La Città Nuova”, “La Terra dei vivi”, “La Forza”, “Stile Futurista”, e per il cinema a “Comoedia”, nonché ai quotidiani quali “Secolo XIX” di Genova e “L’Ambrosiano” di Milano. Tra il 1930 e il 1931 realizza a Parigi, con gli scrittori Cordero e Martina, Vitesse un film d’avanguardia il cui montaggio è curato da Deslaw; un film proiettato nelle sale parigine de l’Oeil de Paris e la Salle Wagram, poi in Olanda, in Belgio, in Germania e in Spagna.
Nel corso del decennio Trenta si interessa a studi sull’arredamento, sulla plastica murale, sempre nell’ambito delle esperienze sobillate dagli artefici del gruppo futurista torinese, vale a dire Fillia, Rosso e Diulgheroff, trovando anche un certo interesse tra gli architetti razionalisti. A proposito delle opere di questi anni il figlio, Gabriele Oriani scrive: “Rimangono molti dipinti fondamentali di questo lungo arco che va dal ’31 a ’39: vale la pena citare, a caso Nascita delle simultaneità ; le varie Sintesi cosmiche; le Conquiste siderali; Divinizzazione dello spazio; le varie Aeropitture; i paesaggi dolomitici; le sintesi del Golfo dei Poeti, la Donna con anfora; Manichino-statua, etc…” ; sono temi che saranno alla base della sua grande produzione dei decenni successivi, così come documentato da questa mostra. Si tratta di dipinti segnati da una forte sinteticità di impronta surrealistica, tendente ad una sorta di astrattismo ricco di cifre decorative, come si evince dal citato Nascita delle simultaneità , esposto alla Biennale di Venezia del 1932, oppure Divinizzazione dello spazio, del 1933 oggi nella collezione della Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Nella seconda metà del decennio la sua pittura recupera una sorta di figurazione espressionista, improntata da un’immaginazione mitografica: nell’immediato secondo dopoguerra i suoi interessi artistici si proiettano sempre con maggiore evidenza verso immagini primordiali, archetipe come testimoniano i dipinti eseguiti nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, decenni nei quali la sua opera, nell’ambito del secondo futurismo, viene rivalutata con significative mostre, tra queste quella allestita nel 1964 alla Galleria della Medusa di Roma, presentata da Filiberto Menna; l’antologica promossa dalla Galleria Rizzato-Whitworth di Milano, del 1966; la mostra delle ‘opere parigine’ tenutasi presso la Galleria Donatello di Palermo, nel 1971.
Un tragico incidente automobilistico chiude la sua vita l’8 dicembre del 1972.