Salomon Burke è morto il 10 ottobre subito dopo l'arrivo all'aeroporto di Amsterdam, dove si stava recando per un concerto. Aveva settanta anni e lascia 21 figli e una miriadi di nipoti e pronipoti, molti dei quali lo supportavano nelle sue esibizioni dal vivo. "E' un giorno di grande tristezza per la nostra famiglia, ha detto un loro portavoce,e ringraziamo per il sostegno e la vicinanza tutti gli amici e fans. Anche se nulla sarà più lo stesso, il suo amore e la sua musica continueranno a vivere per sempre". Salomon è un personaggio unico che mischia sacro e profano con naturalezza, consapevole del suo forte temperamento e indiscusso carisma anche se non ha avuto davvero il successo che meritava, preferito ai mostri sacri della "Motown".Lo si può solo amare una volta che sei rapito dalla sua voce inconfondibile, capace di tutto sia di sussurrare dolcemente sia di diventare improvvisamente un torrente impetuoso di note calde e profonde.
La sua enorme mole negli ultimi decenni lo costringeva a tenere i concerti su una sedia imperiale, dove dispensava rose e sermoni e ammiccava al pubblico accarezzandolo con la sua sensualità, come un novello semidio sceso direttamente dal regno del soul.
Nasce il 21 marzo del 1940 a Filadelfia e cresce con la madre e la nonna che subito lo introducono nella "Church of God for All People" dove inizia a cantare e lo fa così bene cosi da essere chiamato "Wonder Boy preacher". Già a undici anni tiene il suo primo sermone ed è vescovo a 21 anni (stiamo parlando di una piccola e locale chiesa protestante). Bess Berman, a metà degli anni cinquanta, lo prende sotto la sua tutela e Salomon incide per la Apollo il suo primo singolo "Christmas Presents From Heaven" a solo 14 anni.
Gli anni sessanta segnano l'inizio vero della sua carriera incontrando a New York Jerry Wexler dell'Atlantic dove incide i suo primi e indimenticabili hits: "Cry to me", "The price" e "Everybody Needs Somebody to Love" il pezzo stampato nella mente di tutti grazie alle numerose cover la più fortunata delle quali è quella incisa dai Blues Brothers.
Dagli anni settanta in poi inizia una carriera a corrente alternate, da segnalare "Soul Alive" del 1981, un disco live dove dà il meglio di sè e "Soul of the blues" del 1993, che riascolto sempre con piacere anche se fatto di tracce semplici ma immediate e che esprimono al meglio la sua musica e dove la sua voce è al massimo della sua bellezza.
Nel 2000 Burke ritorna imperioso alla ribalta fino a vincere nel 2003 un Grammy per il "Best Contemporary Blues Album", con "Don't Give Up on Me", accompaganto da grandi artisti del calibro di Bob Dylan, Brian Wilson e Van Morrison.
Il lavoro è il più patinato e ricercato di Salomon ma personalmente non credo sia il suo migliore anche se molto bella è la stessa Don't Give Up on Me" e splendida "None of Us Are Free" con i blind boys of alabama. Nel suo ultimo lavoro prodotto da Willie Mitchell, "Nothing's Impossible" ci lascia un epitaffio che è veramente il suo testamento spirituale: "Sono stato perseverante di fronte alle difficoltà perchè l'amore rende la vita degna di essere vissuta".
Addio Salomon e continua a cantare per noi tra le stelle.
La sua enorme mole negli ultimi decenni lo costringeva a tenere i concerti su una sedia imperiale, dove dispensava rose e sermoni e ammiccava al pubblico accarezzandolo con la sua sensualità, come un novello semidio sceso direttamente dal regno del soul.
Nasce il 21 marzo del 1940 a Filadelfia e cresce con la madre e la nonna che subito lo introducono nella "Church of God for All People" dove inizia a cantare e lo fa così bene cosi da essere chiamato "Wonder Boy preacher". Già a undici anni tiene il suo primo sermone ed è vescovo a 21 anni (stiamo parlando di una piccola e locale chiesa protestante). Bess Berman, a metà degli anni cinquanta, lo prende sotto la sua tutela e Salomon incide per la Apollo il suo primo singolo "Christmas Presents From Heaven" a solo 14 anni.
Gli anni sessanta segnano l'inizio vero della sua carriera incontrando a New York Jerry Wexler dell'Atlantic dove incide i suo primi e indimenticabili hits: "Cry to me", "The price" e "Everybody Needs Somebody to Love" il pezzo stampato nella mente di tutti grazie alle numerose cover la più fortunata delle quali è quella incisa dai Blues Brothers.
Dagli anni settanta in poi inizia una carriera a corrente alternate, da segnalare "Soul Alive" del 1981, un disco live dove dà il meglio di sè e "Soul of the blues" del 1993, che riascolto sempre con piacere anche se fatto di tracce semplici ma immediate e che esprimono al meglio la sua musica e dove la sua voce è al massimo della sua bellezza.
Nel 2000 Burke ritorna imperioso alla ribalta fino a vincere nel 2003 un Grammy per il "Best Contemporary Blues Album", con "Don't Give Up on Me", accompaganto da grandi artisti del calibro di Bob Dylan, Brian Wilson e Van Morrison.
Il lavoro è il più patinato e ricercato di Salomon ma personalmente non credo sia il suo migliore anche se molto bella è la stessa Don't Give Up on Me" e splendida "None of Us Are Free" con i blind boys of alabama. Nel suo ultimo lavoro prodotto da Willie Mitchell, "Nothing's Impossible" ci lascia un epitaffio che è veramente il suo testamento spirituale: "Sono stato perseverante di fronte alle difficoltà perchè l'amore rende la vita degna di essere vissuta".
Addio Salomon e continua a cantare per noi tra le stelle.