Domenica 19 dicembre 2010, alle ore 18,30, nel Salone delle Conferenze del Museo-Fondo Regionale d'Arte Contemporanea di Baronissi, sarà inaugurata la mostra "Guido Biasi. Opere 1953-1980", curata da Massimo Bignardi e Claudia Gennari. Realizzata in collaborazione con la Scuola di Specializzazione in Beni Storici Artistici dell'Università di Siena, la mostra è la prima significativa retrospettiva promossa in Campania dedicata ad un artista che ha segnato una delle pagine più alte nel dibattito degli anni Cinquanta. Un artista difficile che manca da Napoli dal lontano 1964, dalla personale allestita alla Galleria il Centro. In mostra nella Galleria dei Frati del Museo-Frac, fino al 27 febbraio, circa cinquanta opere che documentano l'ampio orizzonte della ricerca pittorica di Biasi; dalle opere nucleari, eseguite a metà del decennio Cinquanta a fianco di Mario Colucci, Mario Persico, Tony Stefanucci, Franco Palumbo - momento documentato da una specifica sezione - a quelle degli anni Sessanta, realizzate dopo il trasferimento a Parigi, dove la sua arte, pittorica e letteraria, si nutre di nuova linfa. Percorso che prosegue con le Mnémothèques, le Muséologies, le Mémoires e i Palimpsest, eseguiti nel corso dei decenni Sessanta, Settanta fino alla morte avvenuta a parigi all'alba degli Ottanta, nel 1982. Sono opere che mostrano l'importanza della memoria patrimonio da comprendere e tramandare, accumulazione di pensieri, museo mentale.
"La mostra - rilevano Giovanni Moscatiello sindaco di Baronissi e Nicola Lombardi assessore alla cultura - segna una pagina importante per il Museo-Frac: essa dà la giusta misura della capacità di ricerca sul piano storico-critico e, al tempo stesso, di una efficiente organizzazione che fa della nostra struttura un chiaro punto di riferimento per l'intera area regionale. Con questo importante evento si chiude un anno di un'intensa attività espositiva, reale specchio del lavoro di tanti che, con passione, hanno affiancato e affiancano un progetto nato per consegnare al futuro i segni di una storia, spesso dimenticata".
Guido Biasi, precisa Enrico Crispolti nell'introduzione al volume che accompagna la mostra edito da Plectica, "è stato certo un protagonista di una Scuola napoletana che, con una propria corale identità, ha tenuto banco nel dibattito artistico, non soltanto nazionale, all'inizio della seconda metà del XX secolo. Amico di oltre mezzo secolo, la cui vicenda pittorica opportunamente, in un recupero di memoria, doveroso, ma da pochi esercitato, Massimo Bignardi ha ora iscritto nella prospettiva programmatica del Museo-FRAC di Baronissi (con la collaborazione d'una specialista, Claudia Gennari, allieva della Scuola senese). Prospettiva (è noto) in particolare di una valorizzazione dell'esistente (e molto anzi dell'esistito) in territorio campano, in supplenza rispetto ad altre e maggiori istituzioni (pressoché del tutto assenti), a difesa e tramando conoscitivo d'un patrimonio da troppo tempo disconosciuto anche nel capoluogo campano".
Per Bignardi le novità che sono emerse dalla lunga ricerca di documenti, materiali ed opere, durata oltre due anni, aprono nuovi orizzonti per comprendere la portata di una stagione artistica nella Napoli del secondo dopoguerra: "Tornare a parlare oggi di Giudo Biasi - lo è particolarmente in ambito napoletano e con i pochi amici che lo ricordano -, è come rianimare il profilo di una 'figura' che mette in gioco (il rimando è chiaramente metaforico) due temi cari al pensiero bergsoniano, lo spirito e il corpo: il primo richiama l'impegno dell'intellettuale, raffinato scrittore, acuto osservatore di quanto accade in quel decennio non solo in Italia, pronto, all'indomani del suo arrivo a Parigi nei primi anni Sessanta, ad indossare, per nostalgia, le consumate vesti delle avanguardie e 'riesumare' la verve surréaliste. Il secondo è assunto come metafora della sua esperienza d'artista; la pittura come corpo solido terreno e, al tempo stesso, fragile perché evidenza percettiva offerta alla molteplicità degli 'sguardi' ma anche perché luogo reale del suo estremo ondeggiare tra l'immaginazione e la memoria".
Per l'artista napoletano il viaggio verso Parigi, della primavera del 1960, è - scrive Claudia Gennari - "un viaggio tortuoso e a senso unico, senza la volontà (né la possibilità) di ripensamenti o cambi di rotta. Guidato da innamoramenti momentanei e da legami indissolubili, nella vita come nell'arte, l'artista ha attraversato trasversalmente, come un migrante, molteplici movimenti, comprendendone la natura e ritagliandosi un ruolo da protagonista e, sempre come un migrante, ha lasciato una volta esaurita la carica immaginativa. [...] La sua è una personalità inquieta, ansiosa di imparare, sperimentare e subito voltare pagina per approdare a nuovi risultati, rompendo vecchie alleanze e stringendone di nuove. Biasi vuole vedere con i suoi occhi cosa c'è 'al di là del Garigliano', dunque, per riconsiderare la sua vicenda, occorre collocarlo in un ottica di ampie relazioni che, con scaltrezza, è riuscito ad intessere: il contatto con Baj, i nuclearisti milanesi e l'avanguardia nordeuropea, i rapporti con Jorn e con il gruppo CoBrA; con Fiamma Vigo e con l'ambiente che ruotava intorno alla sua galleria fiorentina Numero; così è per Roma, dove Corrado Cagli ed Enrico Crispolti saranno riferimenti fondamentali per un confronto critico. Infine il Surrealismo, la cui ombra si avverte nelle opere e nei testi programmatici fin dalla fine dei Cinquanta"..
Per l'occasione della mostra è stato pubblicato, dalle edizioni Plectica, il volume Guido Biasi. Un inquieto 'antirinascimentale', con un'introduzione di Enrico Crispolti, i saggi di Massimo Bignardi e di Claudia Gennari; un'intervista a Mario Persico; un ampio apparato con scritti dell'artista, un profilo biografico e bibliografico curato da Claudio Gennari, oltre alle riproduzioni di oltre cento opere dell'artista.
La mostra resterà aperta fino al 27 febbraio 2011
"La mostra - rilevano Giovanni Moscatiello sindaco di Baronissi e Nicola Lombardi assessore alla cultura - segna una pagina importante per il Museo-Frac: essa dà la giusta misura della capacità di ricerca sul piano storico-critico e, al tempo stesso, di una efficiente organizzazione che fa della nostra struttura un chiaro punto di riferimento per l'intera area regionale. Con questo importante evento si chiude un anno di un'intensa attività espositiva, reale specchio del lavoro di tanti che, con passione, hanno affiancato e affiancano un progetto nato per consegnare al futuro i segni di una storia, spesso dimenticata".
Guido Biasi, precisa Enrico Crispolti nell'introduzione al volume che accompagna la mostra edito da Plectica, "è stato certo un protagonista di una Scuola napoletana che, con una propria corale identità, ha tenuto banco nel dibattito artistico, non soltanto nazionale, all'inizio della seconda metà del XX secolo. Amico di oltre mezzo secolo, la cui vicenda pittorica opportunamente, in un recupero di memoria, doveroso, ma da pochi esercitato, Massimo Bignardi ha ora iscritto nella prospettiva programmatica del Museo-FRAC di Baronissi (con la collaborazione d'una specialista, Claudia Gennari, allieva della Scuola senese). Prospettiva (è noto) in particolare di una valorizzazione dell'esistente (e molto anzi dell'esistito) in territorio campano, in supplenza rispetto ad altre e maggiori istituzioni (pressoché del tutto assenti), a difesa e tramando conoscitivo d'un patrimonio da troppo tempo disconosciuto anche nel capoluogo campano".
Per Bignardi le novità che sono emerse dalla lunga ricerca di documenti, materiali ed opere, durata oltre due anni, aprono nuovi orizzonti per comprendere la portata di una stagione artistica nella Napoli del secondo dopoguerra: "Tornare a parlare oggi di Giudo Biasi - lo è particolarmente in ambito napoletano e con i pochi amici che lo ricordano -, è come rianimare il profilo di una 'figura' che mette in gioco (il rimando è chiaramente metaforico) due temi cari al pensiero bergsoniano, lo spirito e il corpo: il primo richiama l'impegno dell'intellettuale, raffinato scrittore, acuto osservatore di quanto accade in quel decennio non solo in Italia, pronto, all'indomani del suo arrivo a Parigi nei primi anni Sessanta, ad indossare, per nostalgia, le consumate vesti delle avanguardie e 'riesumare' la verve surréaliste. Il secondo è assunto come metafora della sua esperienza d'artista; la pittura come corpo solido terreno e, al tempo stesso, fragile perché evidenza percettiva offerta alla molteplicità degli 'sguardi' ma anche perché luogo reale del suo estremo ondeggiare tra l'immaginazione e la memoria".
Per l'artista napoletano il viaggio verso Parigi, della primavera del 1960, è - scrive Claudia Gennari - "un viaggio tortuoso e a senso unico, senza la volontà (né la possibilità) di ripensamenti o cambi di rotta. Guidato da innamoramenti momentanei e da legami indissolubili, nella vita come nell'arte, l'artista ha attraversato trasversalmente, come un migrante, molteplici movimenti, comprendendone la natura e ritagliandosi un ruolo da protagonista e, sempre come un migrante, ha lasciato una volta esaurita la carica immaginativa. [...] La sua è una personalità inquieta, ansiosa di imparare, sperimentare e subito voltare pagina per approdare a nuovi risultati, rompendo vecchie alleanze e stringendone di nuove. Biasi vuole vedere con i suoi occhi cosa c'è 'al di là del Garigliano', dunque, per riconsiderare la sua vicenda, occorre collocarlo in un ottica di ampie relazioni che, con scaltrezza, è riuscito ad intessere: il contatto con Baj, i nuclearisti milanesi e l'avanguardia nordeuropea, i rapporti con Jorn e con il gruppo CoBrA; con Fiamma Vigo e con l'ambiente che ruotava intorno alla sua galleria fiorentina Numero; così è per Roma, dove Corrado Cagli ed Enrico Crispolti saranno riferimenti fondamentali per un confronto critico. Infine il Surrealismo, la cui ombra si avverte nelle opere e nei testi programmatici fin dalla fine dei Cinquanta"..
Per l'occasione della mostra è stato pubblicato, dalle edizioni Plectica, il volume Guido Biasi. Un inquieto 'antirinascimentale', con un'introduzione di Enrico Crispolti, i saggi di Massimo Bignardi e di Claudia Gennari; un'intervista a Mario Persico; un ampio apparato con scritti dell'artista, un profilo biografico e bibliografico curato da Claudio Gennari, oltre alle riproduzioni di oltre cento opere dell'artista.
La mostra resterà aperta fino al 27 febbraio 2011