
Fisciano. La nazione tedesca è protagonista di una esposizione documentaria, dal titolo "L'Occhio del Cronista", allestita presso la Biblioteca "Caianiello" dell'Università di Salerno, inaugurata lo scorso 7 novembre e visitabile fino al 21 dicembre. Nella sua architettura di intenzioni, la mostra intende presentarsi come un percorso costruttivo, diretto a far conoscere agli avventori il punto di vista sedimentatosi nel nostro paese sulla Germania uscita dal secondo conflitto mondiale, sino ad arrivare alle vicende più recenti del dopo unificazione. L'angolo pregiudiziale oggetto della rassegna è quello sviscerato dagli articoli del Corriere della Sera, giornale della classe borghese milanese ed italiana tutta, attraverso i qualii la mostra ripercorre cliché, pregiudizi, opinioni, più o meno realistiche, più o meno pungenti, diffusisi in Italia a partire dagli anni sessanta, epoca in cui iniziò l'emigrazione italiana in direzione tedesca, emigrazione vista con notevole timore da parte del paese che accoglieva i flussi italiani, sino ad arrivare ai giorni nostri. L'esposizione è suddivisa in aree tematiche, volte ad agevolare il percorso dei visitatori: la prima, dal titolo "Costume e società", pone l'accento sulla vita quotidiana del popolo tedesco, scandita dalla metodicità evidente già nella tipologia dei cibi comunemente consumati, in pieno spirito conservatore. Un modus vivendi dal quale soltanto il piacere catartico del Carnevale consente di fuggire, come un tram pronto ad abbandonare la propria identità e la propria responsabilità. La sezione "Storia e cultura" rafforza il mito di uno Stato campione dell'obbedienza e della disciplina, le cui trame educative vengono riassunte nel parere di un pedagogo: bastonare i bambini aiuta a farli crescere. L'area dal titolo "Economia" evidenzia il lungo e difficile sviluppo che il paese teutonico dovette affrontare per mondare le colpe del delirio nazifascista. Il tedesco medio descritto dal giornale milanese, spesso in maniera canzonatoria e macchiettistica, era in realtà, a parere di chi scrive, il frutto sociale di una resurrezione pagata a caro prezzo: quella di uno Stato ridotto a brandelli dalla ferocia della Storia, ed assoggettato allo sfrenato progetto liberista imposto dai vincitori. L'improvviso boom economico toccò la Germania, nelle parole dei redattori di via Solferino, solo dal punto di vista materiale: la cultura e le sue molteplici manifestazioni rifiorivano esclusivamente in Italia, terra famosa per il suo glorioso passato e che poteva guardare avanti a testa alta, secondo gli stereotipi comuni, perché in pace con la propria coscienza; la Germania, invece, con l'avvento del Nazismo, aveva ormai perso le sue punte di diamante della cultura, molte delle quali avevano preferito la via dell'esilio (o erano state constrette a tale scelta). Il paese appare, così, come una macchina da guerra: l'efficienza e la produttività sono gli unici obiettivi da perseguire ed è necessario educare tutti all'estrema operosità. La sezione "Politica" evidenzia invece la crisi in atto nel paese all'inizio degli anni '90: il crollo del Muro di Berlino getta i partiti in piena crisi e, nonostante gli sforzi di apparire in linea con la tendenza democratica europea, lo spettro della dittatura continua ad affacciarsi. Ciò nonostante il capitalismo renano, a metà degli anni '90, appaia come modello di pragmatismo e polo attrattore della finanza padana e, più in generale, dei sogni di riscossa dei nuovi squali del liberismo finanziario. La Germania prima del muro è, invece, paragonata ad un gruppo di infaticabili ingegneri dalla indiscutibile preparazione ed affidabilità ma "notoriamente" noiosi. E, se è vero che il legame con la "sorella" italiana affonda le radici nel Medioevo dei primi passi comuni compiuti sotto Carlo Magno, dall'altro lato ciò che la rende invisa ai più è la sua smania di plasmare l'Europa a sua immagine e somiglianza, in dispregio degli ideali romantici di peculiarità plasmati dai maestri tedeschi dello "Sturm und Drang". Una serie di pannelli espositivi, con fotografie ed articoli dell'epoca, illustrano con dovizia di particolari i quarant'anni che videro la progressiva rinascita del paese, così come esposto al giudizio inclemente e prevenuto di quell'Italia che, solo pochi decenni prima, aveva abbracciato le medesime idee e le medesime battaglie.
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