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Università: La protesta della Facoltà di Ingegneria

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Category: Università

C'è forte agitazione presso l'Università di Salerno alla facoltà di Ingegneria. L'assemblea docenti si mobilita contro le disposizioni Gelmini. L'altro ieri è stata approvata la mozione dall'assemblea dei docenti della facoltà di Ingegneria dell'Università degli Studi di Salerno relativamente ai provvedimenti normativi e finanziari riguardanti l'Università. Questa ha deciso misure drastiche che prevedono la dichiarazione dello stato di agitazione permanente fino alla conclusione dei lavori parlamentari per l'approvazione del Decreto Legge, ed ancora

- sospendere gli esami di profitto e di laurea dal 28 giugno all'11 luglio;

- convocare una assemblea pubblica con gli studenti per giovedì 1 luglio per illustrare i motivi dell'agitazione;

- valutare ulteriori forme alternative di protesta che possano coinvolgere l'intero Ateneo;

- intraprendere iniziative tese a trasmettere all'esterno la missione dell'Università nella società della conoscenza per la produzione e trasmissione del sapere, le sue molteplici attività e il senso della protesta;

- riconvocarsi giovedì 8 luglio per valutare gli sviluppi che si saranno avuti nel frattempo.

Le  motivazioni:

"I diversi interventi normativi, da parte dei Governi che si sono avvicendati alla guida del Paese negli anni, disegnano un quadro generale che vede l’Università sempre più soggetta ad attacchi tendenti a ridimensionarne la funzione di Università pubblica.

In particolare il DDL Gelmini, in discussione in Parlamento, non risolve il problema dell’invecchiamento del corpo docente. Anzi, esso ostacola l’ingresso dei giovani meritevoli in tempi brevi e ne prolunga inspiegabilmente il periodo di precariato (stimato in circa dieci anni), anche con l’istituzione dei ricercatori a tempo determinato. Inoltre, non prevede alcuna normativa per riconoscere la funzione docente dei ricercatori in servizio. Infine, introduce organi di governo verticistici e un marcato ridimensionamento del potere del Senato Accademico rispetto a quello del Consiglio di Amministrazione e del Rettore. Di fatto, l’Università pubblica italiana sarà soggetta a logiche esclusivamente economiche a scapito di quelle culturali e scientifiche, che ne hanno invece contraddistinto nei secoli il punto di forza e di eccellenza.  Tutti gli interventi normativi di “riforma” sono disegnati senza previsione di investimenti necessari a realizzare quanto previsto, ma confermando la tendenza a ridurne l’entità complessiva.

Le ultime leggi finanziarie sono state caratterizzate da consistenti e strutturali tagli al finanziamento degli Atenei pubblici, che il sistema non può sostenere, per poi intervenire con azioni compensative parziali e sperequative. In particolare:
- il mantenimento dei tagli previsti dalla legge 133/2008, che porteranno nel prossimo futuro la maggior parte degli Atenei statali italiani  al commissariamento;
- la legge 203/2008 (finanziaria 2009), che prevedeva un taglio di 730 milioni di Euro per l’anno 2010, in parte superato con una “una tantum” di 400 milioni di Euro;
- la legge 191/2009 (finanziaria 2010), che conferma gli stessi tagli.
L’entità del taglio al finanziamento è dunque di 1,3 Miliardi di Euro: si passa dai 7,3 miliardi di Euro del 2006 ai 6 miliardi di Euro per il 2012, con una riduzione di circa il 18%, senza tener conto degli effetti dell’inflazione e della perdurante crisi economica. Ciò in un contesto europeo in cui tutti i Paesi più avanzati, nell’ambito di manovre ben più importanti, aumentano in maniera significativa i finanziamenti all’Università.

In questo quadro, la manovra economica in discussione al Parlamento prevede anche un taglio complessivo della retribuzione dei docenti stimato dallo stesso Governo in 300 Milioni di Euro per il triennio 2011-2013 e in 543 Milioni di Euro per il triennio 2014-2016, producendo una riduzione strutturale complessiva di circa 1 Miliardo di Euro. Pur non volendosi sottrarre ai necessari sacrifici imposti a tutti i cittadini dalla difficile situazione economica del Paese, si rimarca l’iniqua penalizzazione imposta ai docenti universitari: essi infatti, da soli, sosterrebbero il 2% dell’intera manovra pur essendo solo lo 0.2% della popolazione contribuente. Ad essi viene quindi richiesto un sacrificio circa 10 volte superiore a quanto mediamente richiesto agli altri contribuenti, palesando un carattere punitivo. La situazione è resa ancora più iniqua dalla circostanza che i sacrifici previsti, essendo perpetui, ricadranno in misura maggiore sulle spalle dei docenti più giovani e con retribuzioni minori. Anche i precari dell’Università vedono frustrate le loro legittime aspirazioni dal provvedimento della finanziaria che obbliga gli Atenei a cancellare il 50% dei contratti di ricerca in essere, per lo più finanziati con fondi provenienti da collaborazioni con il mondo dell’impresa privata.

L’assemblea ritiene che le iniziative dei Governi che si sono avvicendati alla guida del Paese negli ultimi anni, l’ultima delle quali è il DDL Gelmini, siano del tutto inadeguate alle esigenze dell’Università pubblica italiana. Esse considerano infatti solo alcuni degli aspetti dell’organizzazione degli Atenei, dalle modalità di governo alle modalità di selezione dei docenti, ma non contengono elementi in grado di trasformare il sistema universitario in una struttura moderna e comparabile con le analoghe dei Paesi europei avanzati.  Inoltre, gli effetti delle politiche economiche degli ultimi anni porteranno alla distruzione non solo materiale ma anche culturale ed organizzativa del sistema universitario, riducendo le prospettive di sviluppo del sistema universitario e producendo nell’immediato futuro una perdita di competitività del sistema Paese, che richiederà anni per essere recuperata".
 

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