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Dalla Campania alla Calabria, viaggio nel Sud lungo la Statale 18

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Category: Tradizioni
Le strade sono state inventate dai Romani per scopi militari, politici e commerciali. Questa invenzione ha favorito la grande espansione dell'Impero Romano poiché consentiva di spostare facilmente l'esercito e le merci. Ad oggi, le strade ricoprono un ruolo molto importante: lo sviluppo del settore trasporti fornisce un servizio a dir poco essenziale al cittadino e alle imprese, considerando la crescente domanda di mobilità. E' indubbia l'utilità, d'altro canto bisogna fare delle riflessioni: il trasporto di merci o persone e la presenza di infrastrutture viarie sul territorio esercita una significativa pressione sull'ambiente; basti pensare all'impatto visivo e al consumo di suolo causato da queste infrastrutture, l'emissione dei gas di scarico, l'impatto sul sottosuolo, la necessità di edificare per scopi economici. Questi elementi fanno da cornice ad una delle strade più lunghe (535 km) e rilevanti del Sud Italia: la Strada Statale 18 Tirrena Inferiore. Percorrendo la costa tirrenica, essa mette in relazione la Campania e la Calabria, collegando i centri urbani di Napoli e Reggio Calabria. Il percorso tocca i principali centri della provincia di Napoli (Ercolano, Portici, Pompei, ecc.), entra nel salernitano e attraversa Scafati, Angri, Pagani, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Cava de' Tirreni, Vietri sul Mare e arriva a Salerno; prosegue per Pontecagnano, Bellizzi, Battipaglia, Eboli, Capaccio, Agropoli per poi addentrarsi nel Cilento, tratto che si presenta più irregolare e tortuoso. Dopo aver costeggiato il litorale del golfo di Policastro e dopo Sapri entra in Basilicata, attraversa la costa tirrenica lucana e presso Tortora entra nel territorio calabrese dove termina a Reggio Calabria, passando prima per i borghi costieri delle province di Cosenza, Catanzaro e Vibo Valentia. Località tutte molto belle e suggestive, che danno vita ad un panorama naturale incantevole ma "disturbato" dall'operato dell'uomo. Tale problematica è stata analizzata ed esposta dall'antropologo calabrese Mauro Francesco Minervino nel suo libro "Statale 18". «In soli 15 anni (fra il 1990 e il 2005) in Calabria sono stati edificati 269.560 ettari pari al 26,13% dell'intero territorio regionale. [...] E' sempre più chiaro che se non si inverte questo modello di "accumulazione primitiva" non si riuscirà a bloccare il degrado, non solo ambientale, della regione » questo il monito lanciato dallo studioso. Naturalmente questa situazione, oltre che ad interessare la Calabria, abbraccia tutto il territorio campano. Paesaggio naturale meraviglioso deturpato dall'asfalto e dal cemento, materiali con i quali oggi si costruisce in modo terrificante, definitivo, sfruttando ogni minimo spazio di terreno disponibile, consumando e deteriorando la bellezza del luogo: «Ne soffre la natura intera, le nostre percezioni, l'estetica ». La soluzione possibile, sottolineata da Minervino, è ripristinare il concetto di "limite": ovvero bisognerebbe riacquistare quel sentimento di "sacro" che si aveva dei luoghi in modo da non costruire dovunque e per forza. Sentimento ormai perso. La bellezza dei nostri paesaggi è stata edificata e se si vuole salvare qualcosa di tale bellezza, dobbiamo ritrovare quel culto della "custodia" per i luoghi che ci sono stati donati. Sì, perché questi luoghi non sono nostri, ci sono stati "consegnati" dalla natura come un qualcosa di prezioso e spetta all'essere umano salvaguardarli. La Statale 18 si presenta come un grosso cimitero di "scheletri di ferro" e di "calcestruzzo", costruzioni abbandonate oppure interrotte a metà; malgrado ciò non hanno smesso di costruire edifici e chiese che non saranno mai frequentate da nessuno. L'antropologo prosegue la sua analisi: «C'era una religione, una metafisica dei luoghi che abbiamo perduto. A vantaggio dell'illusione demiurgica dell'estensione delle superfici costruite, dello spazio occupato dagli ingombri inutili, dal primato dell'economico sulla bellezza, sul paesaggio, sulla natura soffocata ». Il problema è antropologico: investe diverse circostanze di carattere comportamentale, economico, di consumi e di cultura del paesaggio. Oggi l'uomo si è del tutto disinteressato alla cura dei luoghi e la loro bellezza è stata sacrificata in nome del "dio" progresso, del turismo forzato, del sistema degli appalti che ha reso disponibile ogni risorsa pubblica, della prepotenza del privato e degli interessi speculativi rispetto al bene comune. Per non parlare poi di quelle amministrazioni locali "schiave" delle organizzazioni criminali, dove la gestione urbanistica mira all'illegalità. Il concetto di casa nella società moderna si è enfatizzato in maniera estrema. Minervino spiega: «Quella della proprietà di una casa è una sensazione di possesso sublime per chi non ha mai avuto niente. Proprietà di una proprietà, anche se miserabile, disabitata, brutta e subito pronta ad andare in rovina. [...] Sacrifici fatti per nessuno tranne che per la casa ». Da sempre il Sud non si è visto con i propri occhi ma con quello degli altri e così abbiamo smesso di osservarci e di prenderci cura del paesaggio, del territorio, del mare, delle case. C'è bisogno di amare i luoghi e di prendersene cura per cambiare il mondo di oggi. Lungo la Statale 18 la gente vive ammassata sulla strada, non si ha più coscienza dei valori pervasi nei luoghi; la terra non vale più niente. Le priorità sono il cemento, il costruire, la mobilità, la speculazione e il profitto. «Ci vuole il senso della bellezza per cancellare le brutture, per restituire integrità e incanto ai luoghi. Ci vuole la forza dell'immaginazione, che non basta mai. Che qui, in fondo a tutto, è la cosa più faticosa da salvare ». E' proprio da questo concetto che bisogna ripartire, perché, come sottolinea ancora Minervino: «La perdita del luogo è come la perdita di un altro noi ».
FONTE: www.wilfingarchitettura.blogspot.it
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