Salerno. Inizio peggiore non poteva esserci: è mezzogiorno circa quando la comunicazione ufficiale giunge dall'ufficio del giudice delegato Giorgio Jachia. Buste vuote, zero offerte per l'acquisto del Pastificio Amato nel corso della prima asta giudiziaria. Eppure circa dieci aziende avevano mostrato il loro interessamento in prospettiva al rilevamento dell'esercizio fallito lo scorso luglio: circostanza che aveva aumentato aspettative intorno all'evento di ieri. E invece, nulla, tutto da rifare, con estremo rammarico per tutti gli interessati dalla vicenda, a cominciare dai tanti ex lavoratori finito sul lastrico e con famiglie a carico. Le parole di Jachia sono state di comprensione nei confronti dei dipendenti, ma anche di rassicurazione perché «si tratta sempre di un'azienda presente sul mercato. Riusciremo a venderla ». L'assenza più illustre è quella di Giovanni Giudice con la Mps che fino al 17 novembre è legato all'Amato dal contratto di fitto d'azienda. Una scelta, spiega il suo legale Sallemi, scaturita dalla incompatibilità dell'investimento con la strategia economica delle sue aziende. Porta chiusa, forse definitivamente. Il giudice Jachia e il curatore fallimentare Luigi Amendola prendono tempo, ma è pressochè certa la pubblicazione di un nuovo bando con conseguente indizione di un'asta, la cui base scenderà del 20% (dagli attuali 40 ai futuribili 32 milioni). La mancanza di offerte durante l'asta di ieri può probabilmente essere spiegata proprio con l'esigenza, maturata dagli interessati, di veder calare la base d'asta per il rilevamento della più famosa azienda del capoluogo salernitano.
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