Il Premio di Arte e Cultura “Roberto I Sanseverino”, ideato dalla compagnia di teatro amatoriale “La magnifica gente do’ Sud”, che lo ha collocato nel corso della rassegna “Insieme… con il teatro”, è andato per questa undicesima edizione al giudice e politico siciliano Giuseppe Ayala.
Nell’ambito delle scorse edizioni il trofeo – vera e propria opera d’arte realizzata dall’artista Carmine Casaburi, che fa anche parte della “Magnifica gente” – è andato a personalità del calibro del sanseverinese Carmine Manzi, scrittore, poeta e giornalista; di Franco Di Mare, cronista Rai e inviato speciale nei Balcani; dell’attrice partenopea Regina Bianchi;
di Claudio Mattone; di Roberto De Simone, etnomusicologo e studioso di costumi e tradizioni antropologiche; di don Luigi Merola (per la cui causa e per quella della sua fondazione “A voce de’ creature” l’associazione anfitrione attua raccolte di fondi e sollecita l’attenzione, tenendola sempre ben viva ad ogni spettacolo) ma il premio è andato anche ad enti pubblici – come il Giffoni Film Festival – o ad opere, quali “Gomorra” del celebre scrittore napoletano Roberto Saviano. Un nome reso popolare e conosciuto per aver avuto il coraggio di denunciare e di svelare nel suo libro i “segreti” della camorra che tutti sapevano nella loro omertà .
E proprio da “Gomorra” è stato tratto lo spettacolo del 28 febbraio, un recital con tanta suspence e momenti soavi ed eterei, basato su due brani di quest’opera e approntati per tale fatidica kermesse, presentata dalla giornalista Rosaria Coppola.
Lo show della compagnia, fantasioso e variopinto, ricco di riflessioni e di amare constatazioni, ha visto pure la partecipazione del soprano Carla Genovese e del pianista Paolo Morese, che musicavano sulle note delle opere di Ennio Morricone, il grande maestro.
E veniamo al riconoscimento.
Il manufatto, in bronzo e oro laccato, constava di un globo, un mondo attorniato da pennelli, penne, attrezzi di pittori e scultori, con dei libri sotto circondati dall’alloro, cioè – secondo le intenzioni dell’autore – “i simboli e gli elementi dell’arte e della cultura”. Infatti tali oggetti esprimevano sinonimi di cultura, mentre il lauro “coronava” appunto – come succedeva per i poeti di un tempo, come ricorda anche Montale – l’opera e l’operato di Casaburi.
Ma torniamo velocemente a noi e al Premio.
Ayala si è subito mostrato attento e disponibile, sia nei confronti della stampa che verso le persone che lo attendevano, distribuendo sorrisi e non disdegnando satira, umanità , bonarietà per tutti.
La sua presenza, come quella di Merola in passato, è stata molto attesa e non ha deluso le aspettative della gente, stanca dei continui soprusi da parte di pochi malavitosi a fronte della stragrande maggioranza delle persone che vive onestamente e si guadagna il pane con il sudore della fronte.
Il giudice è subito entrato in sintonia con l’ambiente, è apparso sincero e affabile, simpatico, anche se tagliente nella sua ilarità .
Come ha espresso la presentatrice e come ribadito assolutamente da parte del magistrato: “Il Premio riguarda un Sud positivo, che punta a fattori di crescita per sé e per ciò che lo circonda, da far crescere senza piangersi addosso.”
Ayala, pungolato dalle domande della conduttrice Coppola (assieme a Marzia Lamberti) ha fatto il punto sulla assoluta uguaglianza tra Sud e Nord Italia, anzi: parlando del Veneto, il giudice ha esplicato la difficoltà che questa regione – oggi una delle più produttive d’Italia – ha vissuto fino a pochi anni fa quando vi era più povertà .
Poi ha preso la parola sempre riguardo al Sud, da valorizzare per spronare tanti giovani a non seguire strade di illegalità , ma seguendo principi e valori che potrebbero anche sembrare smarriti al giorno d’oggi ma che in realtà non lo sono…
Come previsto Giuseppe Ayala ha discorso della sua professione, della sua dura lotta contro le mafie – viste come fenomeno prettamente “umano”, quindi limitato e destinato a scomparire con lo spegnersi di noi poveri mortali – della sua amicizia con Falcone e Borsellino, dell’essere stato quasi “graziato” per non essere morto con Falcone in quanto avrebbero dovuto essere insieme il giorno dell’attentato; di varie altre cose nonché della presentazione del volumetto succitato.
A proposito di tale saggio, ricco di amarcord e di passione, di quella veemenza che il magistrato si porta dentro e che lo caratterizza da “razionale”, egli ha espresso molte parole di apprezzamento nei confronti dei suoi amici e colleghi uomini di legge, di esempio per i giovani, per le nuove generazioni a cui egli ama dedicare del tempo, assai più che nello scrivere sentenze: “Mi sento inutile a scrivere solo sentenze – sono sue parole – mi piace invece parlare agli adolescenti, inculcare loro ideali e valori.”
Sempre a proposito del libro, scritto tra l’altro a grande distanza di tempo dai fatti del 1992, ecco come Giuseppe Ayala ha risposto alla domanda: “Perché ha scritto tale opera?”
“Per due motivi – esprime il coriaceo magistrato – il primo perché voglio raccontare questi “miti”, questi “eroi”, ricchi di umanità e di lealtà , di semplicità e genuinità ; dei miti che resterebbero freddi se non ricordati continuamente. La seconda motivazione che mi ha portato a scrivere il volume è la più amara e la più importante insieme: l’amore per la Verità .”
“Inoltre – spiega sempre Ayala – il libro sopravvive al suo autore, l’autore muore ma non l’opera; i libri non sono destinati ad essere sepolti sotto una lapide ma a venire conservati nelle biblioteche.”
Infine spendiamo qualche parola sullo spettacolo, voluto dalla “Magnifica gente” e apprezzato dal folto pubblico che ha riempito in occasione della premiazione tutti i posti, di ogni ordine e grado.
Alfonso Ferraioli, direttore artistico del sodalizio, si è espresso, come voce narrante dei due brani di “Gomorra”, un attore ispiratissimo per un momento di grande tensione emotiva e narrativa, in un’aura nostalgica e triste.
I brani, letti da Ferraioli e danzati o recitati da capaci attori e ballerine appartenenti al sodalizio, erano incentrati sulla morte di Annalisa Durante, la giovane vittima (quattordicenne) uccisa per sbaglio dalla camorra a Forcella di Napoli e su quella del prete-coraggio don Peppino Diana, freddato da un killer perché “uomo del popolo”, con “l’ossessione del fare”.
Egli sfidò talmente la malavita da essere barbaramente, brutalmente assassinato come Annalisa.
E proprio come per Annalisa Durante, durante lo spettacolo un angelo volava lieve e fatuo, etereo sui due cadaveri.
Davvero un bel connubio tra arte scenica, musica, canto, danza, in uno show dal retrogusto amaro quale questo interessante spettacolo, prodotto dalla “Magnifica gente.”
ANNA MARIA NOIA