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Rota in festival: cerimonia di premiazione

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Category: Valle dell'Irno
logorotainfestivalSabato 30 ottobre si è tenuta la cerimonia di premiazione di "Rota in festival", il concorso-rassegna teatrale organizzato dalla Compagnia Stabile "Città di Mercato S. Severino" per gruppi emergenti dal teatro cosiddetto "sommerso", per giovani artisti e nuova drammaturgia, giunto quest'anno alla quinta edizione.
Per l'occasione le quattro compagnie scelte, che si sono alternate in altrettanti sabati sul palcoscenico del Centro Sociale a partire dal 2 ottobre scorso - selezionate duramente e competitivamente tra le numerose associazioni aspiranti, anche esse da ogni parte di Italia, - hanno ritirato i premi elargiti dalle due giurie, quella "senior" e la "Davimus", composta dagli studenti del corso di laurea in Discipline artistiche, visive e musicali (appunto conosciuto con l'acronimo "Davimus") in attivazione all'Ateneo di Fisciano; tali premi (targhe) riguardavano le diverse categorie in lizza: migliore attore, riconoscimento conferito all'interprete del recital "Magari...": Giacomo D'Avanzo, della compagnia "La luna al guinzaglio", proveniente da Trieste; migliore attrice, attribuito ad Anna Rita Vitolo - compagnia "La vita invisibile" di Salerno - nel ruolo di Janara ne "Il baciamano", il primo spettacolo. Altri riconoscimenti sono andati alla piece tragica ma rivisitata in chiave comica "Baccanti", direttamente dalla fantasia e dal testo greco di Euripide. Una piece, quella di sabato 16 u.s. alla e per la quale sono stati tributate le targhe per migliore spettacolo, per migliore regia - a Chiara Becchimanzi, dell'associazione "Valdrada" di Roma - premio "Davimus" e una menzione di onore per le interpreti femminili, sempre in "Baccanti" e sempre per il gruppo "Valdrada".
Prima della cerimonia di assegnazione dei premi è stato rappresentato lo spettacolo fuori concorso attuato da parte del sodalizio anfitrione, la Compagnia Stabile. Uno show impegnativo e difficile ma pieno di implicazioni attuali, scottanti, recenti: l'opera, del drammaturgo catalano contemporaneo Sergei Belbel, si chiamava "Mobil" e aveva come protagonisti quattro personaggi che si incontravano e scontravano sul filo del telefonino. Questi per la cronaca i nominativi degli attori "ospitanti", che hanno dato il meglio di sé durante la particolare ed originale recitazione e hanno saputo ben inquadrare il plot e la trama, veramente ricche di riflessioni: Sydney Vicidomini, Grazia D'Arienzo, Renata Rodio e Vincenzo Albano.
Tutto vertente sulla comunicazione e contemporaneamente sull'incomunicabilità che il cellulare condensa contemporaneamente ed assume in sé; la difficoltà, la peculiarità dello show è proprio incentrata sulla fugacità dei rapporti solo tramite il telefono, resi positivamente dagli attori - tutti validi ma tra i quali spiccava Sydney Vicidomini - che impersonavano le varie peripezie, nevrotiche, psicologiche e "del viaggio" percorrendo le cellule dei loro telefonini, veri e propri "granelli di sabbia" (il silicio, materiale primo per la realizzazione del telefono mobile...), in una serie di intrecci e di situazioni allarmanti ma tuttavia fisse e allucinanti.
La ragazza automa e malata di ansia, la donna in carriera, la madre apprensiva, il giovane avventuriero stanco della sua esistenza e della sua ricchezza si alternavano ansanti, sgomenti, pedissequi, ossessivamente sulla scena minimale e riempita con giochi di luce ed ombre; il pubblico ha potuto osservare le loro nevrosi, molto cervellotiche, le loro schizofrenie e il proiettarsi nel cellulare come fonte di sicurezza e di felicità o infelicità... tutto in una commedia (?) e tragedia "telefonico-digitale", parossistica, impaurente, inquietante e chi più ne ha più ne metta: questo e anche di più nel voler vivere la realtà virtuale grazie e anzi nonostante il telefono mobile, fonte di tanti guai ma che assurge anche ad un aiuto per i tristi personaggi, psichicamente dipendenti dal telefonino come fosse un feticcio, una coperta di Linus.
E intanto la storia andava, andava, lunga, stancante, lenta e sgomenta; ciò che faceva e fa ancora riflettere è il considerare (l'aver considerato) il telefonino una panacea al vivere psicotico in questa società "mobile", appunto, con la fretta e il nervosismo di questi nostri tempi tecnologizzati ma ancora dominati dall'istinto psicologico dell'Es freudiano che non viene sublimato nell'Io (Ego) o nel Super Io (Super Ego) - consistente nella socialità dei nostri sentimenti e delle emozioni più selvagge, selvatiche; proprio tali sensazioni fanno sì che tutti noi abbiamo oggi più che mai bisogno, necessità di relazionarci con gli altri anche se poi intessiamo rapporti solo con il nostro cellulare, nuovissimo, con molte funzioni certamente, ma che non sostituirà mai l'amicizia e la solidarietà vere, quelle - per intenderci - dei rapporti sociali tout court.
ANNA MARIA NOIA
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