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Maldicenza, Jettatura e Anatema

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Category: Incontri

agnedi Michele Sessa

San Agnese, la giovanissima martire cristiana, è la protettrice riconosciuta dei maldicenti e dei pettegoli.
Ma cos'è la maldicenza che tenta di mettere in rilievo presunte colpe e difetti altrui, se non l'ultima frontiera di chi non ha voce? Con perfidia e con malizia, infatti, il maldicente, vile, invidioso, arrivista, menzognero, divulga notizie tendenziose e per lo più false perché sa che la maldicenza "uccide", scatena rabbia cronica e tanto malessere nel " maldetto" e produce effetti devastanti e nocivi in chi l'ascolta.

La maldicenza è arte sottile e certamente chi insinua è almeno un volgare.
Lo sapeva bene anche don Basilio nel melodramma buffo musicato da Gioacchino Rossigni, Il barbiere di Siviglia, quando consigliava a don Bartolo, il vecchio uomo di mare che praticamente aveva rapito la bella Rosina, mettendo in giro " una calunnia" sul Conte d'Almaviva, il quale si era innamorato della "sua" Rosina.
La calunnia, "sottilmente, dolcemente incomincia a sussurrar; poi, piano piano s'introduce nelle orecchie e nei cervelli della gente e lo schiamazzo va crescendo, fino a produrre una esplosione"

Prudentemente vorremmo tenerci alla larga dalle beghe, dai complotti, dalle invettive e soprattutto dai maledici dell'inferno e...invece, purtroppo, il livore e l'invidia di chi vuole sempre ragione, ci amalgama e ci subissa!

Il compito della bellezza della Natura è di dare gioia ma, nella diversità, pessimisti ed ottimisti ( atroci i dolori dell'uno, gioiosi i sentimenti dell'altro),depressi ed euforici, " disculos od euculos" con la loro stoltezza, perniciosa, cosa bassa, abietta, ignobile, servile, travolgono gli ignari che si lasciano influenzare. E giù livore ed invidia...lo sfogo degli eterni insoddisfatti così ci sommerge con veri peccati mortali.

Ma chi è allora il maldicente? Per lo più è un ipocrita che simulando modestia, riservatezza, pudore, discrezione, umiltà, puzza proprio come il moccolo di una candela che si consuma...
Il maldicente è un misantropo che odia se stesso e tutta l'umanità perché si priva di ogni piacere della vita.
Con il suo cinismo il maldicente è beffardo e tragico, bugiardo e prodigo di giuramenti; impreca violentemente fino al disgusto, alla sfiducia, al cinismo, alla misoginia.

Maledire è il contrario di benedire e il malefico, neghittoso fino all'insolenza, si consola di propinare incantesimi, fatture, magie.
Tutti lo evitano per le sue maldicenze, un difetto che da sempre ha afflitto l'umanità.
" Non è vero ma...ci credo!" e, maldestramente temiamo i ...maldicenti...

L'edera ha mai chiesto all'albero il permesso di arrampicarsi?
Così, nell'ombra, il maldicente, invidioso, si avvicina e si abbarbica a problemi che non gli apparterrebbero e ce li propina.
Se poi il maldicente si accorgesse che non riesce ad influenzare il malcapitato, allora ricorrerà alla jettatura o più ancora all'anatema!
La jettatura non è certamente il pettegolezzo della signora-civetta nullafacente che, a corto di argomenti, esagerando, ciancia di fedeltà coniugale o di cacciatori di avventure... La jettatura e l'anatema sono maledizioni che, nella mente, assumono una forma di sofferenza devastante e gelida.
Per Rigoletto la maledizione non è neve al sole e in lui prende corpo e avvince e vince la sua mente.

Quale il potere dell'anatema e della maledizione? Bisogna proprio temerli?
La Chiesa ci insegna che non bisogna volere agli altri quello che non vuoi sia fatto a te. Ma, come il tarlo consuma il legno, così jettatura e maledizione vanno sempre più a fondo del nostro cervello e possiamo ben dirlo che la jettatura è una paura italianissima.

Per godere e vivere l'uomo ha bisogno di poche zolle, e per riposarvi sotto ancor di meno ed invece nella vita è smania di primeggiare, è smania di arricchirsi... Perché allora non interviene San Agnese a smiracolare semplicemente che le imprecazioni, come foglie, chi le semina le raccoglie?
Del resto non saremo mai capaci di rispondere come fece il ferocissimo Marziale, poetando:
Quando una fine peluria/ sulle tue gote fioriva/ la tua lingua lubrica lambiva/ i maschi con grande lussuria/, ma da quando il tuo volto/ spaventa perfino il becchino/ ed è rifuggito dal misero boia/ della tua bocca un uso diverso sai fare/ e contro chi puoi/ ti metti invidioso a latrare/.Rimanga incollata piuttosto/ agli inguini la lingua tua dura/: quand'essa leccava quel posto/ di certo restava più pura.

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