"Servirebbero 400 anni per recuperare lo svantaggio che separa il Sud dal Nord", dove i consumi non crescono da quattro anni e si è a rischio segregazione occupazionale con 329 mila under 34 che hanno perso il lavoro negli ultimi tre anni. Questa la fotografia che emerge dal Rapporto SVIMEZ sull'economia del Mezzogiorno 2011 presentato oggi a Roma. Il rapporto sottolinea che il rischio reale è la scomparsa di interi comparti dell'industria italiana nel Sud. Negli ultimi quattro anni, dal 2007 al 2011, l'industria al Sud ha perso 147mila unità (-15,5%), il triplo del Centro-Nord (-5,5%). Giù al Sud anche gli investimenti fissi lordi, -4,9% nel 2011, e -1,3% del resto del Paese. Lo scenario è quindi quello di una profonda e continua de-industrializzazione dovuta al fatto che le imprese al Sud non riescono a mettere in pratica strategie di internazionalizzazione e delocalizzazione di fasi produttive tali accrescere la competitivitè del sistema.
Situazione ancora più difficile in presenza di un costo del lavoro al Sud decisamente più alto dei competitor europei e asiatici. In relazione alla competitività del Sud in Europa, secondo una simulazione SVIMEZ contenuta nel Rapporto, un lavoratore rumeno conviene rispetto al meridionale perchè pur essendo meno produttivo costa decisamente molto meno. Un lavoratore meridionale nel 2008, insomma, è costato circa 34.334 euro nel Sud, quanto quasi due polacchi (19.738 euro), sette rumeni (5.429) e quasi dieci bulgari (3.813), mentre il divario di produttività vede il lavoratore del Sud soltanto da 2 a 4 volte piu' produttivo del collega europeo. Il rapporto poi evidenzia la situazione di emergenza per il lavoro di giovani e donne. Dopo un biennio di stagnazione, nel 2011 gli occupati in Italia sono stati 22 milioni 967mila unità, 95mila in più rispetto al 2010, pari allo 0,4% (+0,2% nel Mezzogiorno, + 0,5% nel Centro-Nord). Ma la vera e propria emergenza colpisce i giovani e le donne. In tre anni, dal 2008 al 2011, gli under 34 che hanno perso il lavoro al Sud sono stati 329mila. Nel 2011 il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 44% nel Mezzogiorno e del 64% nel Centro-Nord. A livello regionale il tasso più alto si registra in Abruzzo (56,8%), il più basso in Campania, dove continua a lavorare meno del 40% della popolazione in età da lavoro. In valori assoluti, crescono gli occupati in Abruzzo (+13.300), Puglia (+11.600), Sardegna (+8.300), Calabria (+3.900) e Basilicata (+2.500). In calo invece in Molise (- 1.100), Sicilia (-7.300) e Campania (-16.700). Nel 2010 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 13,6 % al Sud e del 6,3% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. Nel Centro-Nord la perdita di posti di lavoro tende a trasformarsi quasi interamente in ricerca di nuovi posti di lavoro; nel Mezzogiorno solo in minima parte diventa effettivamente ricerca di nuova occupazione.
Rispetto all'anno precedente, i disoccupati sono aumentati al Sud (+2%, pari a 19.600 unità), con una crescita addirittura del 18% in Molise (1.900 disoccupati in più) e della Campania (+11,5%, pari a 29.800 nuovi disoccupati). Scendono invece al Centro-Nord di 14.200 unità, pari all'1,2%. In testa alla non invidiabile classifica, la Campania, con un tasso di disoccupazione del 15,5%, seguita dalla Sicilia (14,4%) e dalla Sardegna (13,5%). Il tasso di disoccupazione ufficiale rileva però una realtà in parte alterata. La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioe' che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l'indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2011 al 25,6% Nel 2011, secondo stime SVIMEZ, gli irregolari in Italia arrivano a 2 milioni 900mila unità, di cui 1 milione e 200mila al Sud. Se al Centro-Nord il lavoro nero interessa prevalentemente secondi lavori e stranieri non regolarizzati, al Sud vede invece protagonisti irregolari residenti. A livello di settore, nel 2011 al Sud è irregolare un lavoratore su 4 in agricoltura (25%), il 22% nelle costruzioni, il 14% nell'industria. A livello regionale in valori assoluti si stimano 296mila lavoratori in nero in Sicilia, 253mila in Campania, 227mila in Puglia, 185mila in Calabria, 131mila in Sardegna, 62mila in Abruzzo, 46mila in Basilicata e 23mila in Molise.
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