Mercato San Severino. Grande successo e - soprattutto - un cospicuo afflusso di pubblico, riguardo la presentazione del volume: "Il palazzo albertiano del principe Sanseverino a Mercato", realizzato dal noto architetto sanseverinese Giuseppe Pizzo. Nella serata del 17 gennaio scorso, infatti, in molti hanno tributato e decretato interesse per quanto attuato da Pizzo e per le ricerche - meticolose, puntigliose - che hanno portato alla stesura della pubblicazione; la curiosità del professionista, la sua tenacia e caparbietà - unite a una volontà perspicace - hanno fatto sì che egli scoprisse (o meglio, riscoprisse) delle novità riguardo Palazzo di Città, erroneamente definito "Vanvitelliano": secondo gli studi e le ricerche condotte sul territorio e "in loco" da Pizzo, in realtà il municipio è da attribuirsi niente meno che al grande artista ed architetto rinascimentale Leon Battista Alberti. Il Nostro sta continuamente osservando le evoluzioni e i numerosi rifacimenti relativi al complesso, annesso alla chiesa di S. Giovanni in Parco, che appunto testimoniano l'impronta albertiana. Giuseppe Pizzo si è servito, per la sua opera, anche degli scritti di Leon Battista Alberti: tra questi il "De re aedificatoria". Ma veniamo alla cronaca della serata. Presenti in sala a dissertare: il primo cittadino, Giovanni Romano; il soprintendente Bap Salerno e Avellino, Gennaro Miccio; il docente universitario (Napoli), Stefano Borsi e l'autore. Avrebbe dovuto moderare il giornalista Andrea Manzi, ma è stato colpito da un'indisposizione; al suo posto la referente del Comune, Elisabetta Ingenito.Che ha esordito: "Il palazzo descritto nel volume di Pizzo è, dopo il castello, l'emblema di S. Severino e il simbolo della famiglia Sanseverino." Ha quindi introdotto e porto i saluti istituzionali il sindaco Romano: "Sono convinto che il libro verrà accolto con interesse dai nostri concittadini - ha espresso Giovanni Romano. "Uno studio sociologico effettuato sul territorio - ha detto il sindaco - identifica la nostra città con il palazzo Vanvitelliano, vero e proprio monumento, dal latino memento, cioè ricorda". Secondo il primo cittadino, Pizzo possiede "il coraggio di chi è sedotto dalla conoscenza e di chi non si omologa." Per secondo ha dissertato l'autore dell'importante opera, ovvero Pizzo: innanzitutto - nel suo intervento - egli ha elargito un ossequioso ringraziamento a coloro che ha definito "i suoi compagni di passeggiate", gli amici con cui ha intavolato tante discussioni e che gli hanno consentito di maturare la sensibilità verso i temi dell'architettura e dell'urbanistica.Come in una scuola peripatetica, infatti, Giuseppe Pizzo passeggiava tra i monumenti.Tra gli amici di Pizzo, ad "accompagnarlo": l'avvocato nonché politico Tonino Di Palma, Peppe Esposito, Antonio Pesce (artista) e il compianto Gino Noia, storico locale anch'egli curioso e attento alle analisi sul proprio ambito ed ambiente territoriale. Pizzo ha illustrato con puntualità le fonti e i documenti da cui ha attinto e tratto le notizie riversate nel volume, corredate da precise indagini sul campo, di cui pure ha parlato. In particolare, la ricerca dell'architetto Giuseppe Pizzo si è concentrata su elementi iconografici e iconologici quali gli affreschi nel cappellone del SS. Rosario della chiesa che affianca il municipio: la chiesa di S. Giovanni in Parco. Pizzo ha descritto passo passo, segno per segno le opere rinascimentali e albertiane sia per ciò che concerne S. Severino che riguardo Napoli; a proposito di questo, il professionista ha già in preparazione una seconda pubblicazione, sempre riguardo Alberti ma stavolta nella realtà e fattispecie degli edifici di Napoli. L'autore del volume presentato ha infine attuato un confronto/comparazione tra i progetti relativi a S. Maria Novella - altra famosa opera di Leon Battista Alberti - e al palazzo di Città sanseverinese, in questione durante la serata.In seguito ha relazionato il soprintendente Miccio, rimasto "positivamente sorpreso" per "l'interessante pluralità dei temi trattati in questa ricerca multidisciplinare" - sono state sue parole. Dopo un breve ma accurato excursus storico-architettonico effettuato da Gennaro Miccio, soffermatosi sugli affreschi nel cappellone del Rosario, infine Borsi ha tenuto e tratto le conclusioni, tramite amarcord e aneddoti, con flashback.