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Libri, "Catastrofi & Comunicazione": intervista al Comandante Celotto

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Category: Libri
Modugno. Un argomento complesso e ricco di sfumature che interessa da vicino i giornalisti e i comunicatori in generale, quello affrontato da Ferdinando Celotto nel suo debutto da scrittore. "Catastrofi & Comunicazione - tra percezione e realtà" segue subito una traiettoria precisa e vuole affrontare con il piglio di chi le situazioni le ha vissute realmente, non tanto i retroscena, ma proprio ciò che va sotto l'occhio delle telecamere in occasione delle grandi catastrofi. Ferdinando Celotto è un Ufficiale del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, Comandante del 2 ° Nucleo Operativo di Pronto Impiego che per circa 18 anni ha lavorato presso il Servizio Emergenze del Comitato Centrale della C.R.I., partecipando a quasi tutte le missioni nazionali ed estere svolte dalla Croce Rossa Italiana, ma soprattutto è un Emergency manager che ha deciso di mettere la sua esperienza a disposizione del lettore. Chiedo come è nata l'esigenza di scrivere un libro e soprattutto su un argomento così ostico e il Comandante Celotto mi risponde: "I primi due capitoli del libro sono parte di una tesi che ho scritto in occasione della prova finale del Corso di Emergency Manager che ho frequentato a Settimo Torinese. Concluso il corso però, ho sentito l'esigenza di ampliare il discorso intrapreso aggiungendo la mia personale esperienza e quella di alcuni miei colleghi che hanno operato in teatri di catastrofi. In particolar modo, il libro prende in considerazione tre eventi: il terremoto del 1980 in Campania, Basilicata e Provincia di Foggia, l'alluvione in Bangladesh del 1991 e il terremoto di Haiti del 2010". Noto che già il titolo dell'opera vuole sottolineare, con un approccio sociologico, una discrepanza di fondo tra quanto i media comunicano e quanto effettivamente accade e chiedo in quali occasioni e in che modo il mondo della comunicazione contribuisce a distorcere i fatti. "Ogni volta che ci si cala in una realtà - sottolinea Celotto - si tende a sottolineare ciò che può "fare notizia", tralasciando però altri particolari che sono altrettanto interessanti. Un esempio che trovo sempre molto affascinante e che ho vissuto in prima persona riguarda il Bangladesh, una delle nazioni più povere del mondo in assoluto. Nel 1991 in Italia vi fu uno sbarco di albanesi molto importante (circa 27mila migranti) e all'epoca si scatenarono molte polemiche simili a quelle che ascoltiamo oggi sugli sbarchi di Lampedusa. Ebbene in Bangladesh, uno degli stati più poveri del mondo, furono ospitati nello stesso periodo ben tre milioni di profughi, contemporaneamente ad un alluvione che aveva procurato mezzo milione di morti. Purtroppo però, ad oggi di questi eventi non si ha notizia, anche facendo ricerche sul web, probabilmente perché spesso vengono operate delle scelte di notiziabilità". Lo scorso 25 Ottobre è stato ricordato il 60 ° anniversario della terribile alluvione di Salerno, una tragedia seconda soltanto a quella del Vajont: il bilancio dell'inondazione che colpì Vietri, Maiori, Minori, Tramonti, Salerno e Cava de' Tirreni fu di 318 vittime, 250 feriti e 5mila sfollati. Chiedo al Comandante Celotto, se, rispetto ad allora, qualcosa nel modo di affrontare le emergenze è cambiato e la figura dell'Emergency Manager quanto contribuisce a questa evoluzione. "Purtroppo catastrofi come quella di Salerno del 1954, ma anche come quella di Sarno del 1998, sono l'emblema di quanto poco si impari dagli errori del passato - commenta Celotto - Nella maggior parte dei casi posso affermare per esperienza personale che nei cittadini in primis non c'è la percezione del rischio, la cultura della prevenzione. All'origine di disastri ambientali di questa portata c'è la sottovalutazione del luogo in cui si va ad edificare: ad esempio, a Sarno, la cittadella vecchia è rimasta inviolata dal fango perché i suoi antichi abitanti l'avevano costruita accanto ad un costone di roccia che la proteggeva. Concordo pienamente con quanto ha recentemente dichiarato il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli: in Italia non ci si sente responsabili di fronte ai rischi e ai pericoli, si spera sempre che "non ci sia bisogno di intervenire", lasciando tutto nelle mani del Caso. Il concetto di Protezione Civile invece, nasce proprio da quello di auto-protezione. Lo Stato ha sì il dovere di intervenire a tutela dei cittadini in difficoltà, ma i cittadini stessi devono svolgere un ruolo attivo informandosi e rendendosi consapevoli dei rischi e formati dei territori in cui vivono. Il passo successivo è l'informazione: quest'ultimo è sicuramente uno dei compiti più importanti dell'Emergency Manager al di là dell'operatività che si sviluppa ad evento ormai accaduto. L'informazione, unita all'educazione e alla prevenzione, fa sì che le tragedie non abbiano risultati così catastrofici. E' importante, in un territorio come il nostro - che è uno dei più fragili ed esposto alle calamità nel mondo e il più esposto in Europa (dissesto idrogeologico, terremoti, eruzioni vulcaniche, scorie radioattive e si può anche proseguire l'elenco) - essere pronti ad affrontare i rischi, non soltanto incrociare le dita e sperare che non succeda mai nulla di grave. Da padre di un bimbo di 3 anni spero di non dovermi mai più ritrovare ad assistere impotente a scene come quella del funerale dei trentadue bimbi morti a San Giuliano di Puglia a causa del crollo di una scuola elementare". Chiedo al Comandante Celotto se c'è una differenza tra come la comunicazione in emergenza viene gestita all'estero e se ci sono dei consigli che si sente di dare ai giornalisti ed esperti di comunicazione. "In realtà non c'è una ricetta e se esiste non la conosco - chiosa Celotto - tuttavia ho avuto modo di notare che vi sono sostanziali differenze nello scegliere le tipologie di notizie e nell'affrontare l'intervistato all'estero. Molto spesso, alcuni cronisti d'assalto nostrani cercano ad ogni modo lo scoop, creando stress con domande inopportune dirette a persone che si trovano in situazioni psico-fisiche delicate: quello ad esempio, è un tipo di lavoro che deploro e ritengo dannoso anche per la qualità della notizia che se ne ricava. A mio avviso, dove il dolore si taglia con il coltello bisogna entrare in punta di piedi, essere discreti ed empatici. Ricordo con molto affetto un cronista del Times che mi chiese di poter entrare nell'ospedale di Baghdad per intervistare alcuni ricoverati: il suo rispetto per la sofferenza e per la persona e soprattutto la qualità del suo lavoro mi hanno lasciato senza parole". Catastrofi & Comunicazione, edito dalla Di Marsico libri, è stato presentato lo scorso sabato 25 Ottobre presso il Circolo Nautico di Castellammare di Stabia: esso è il frutto di circa trent'anni di duro lavoro di Ferdinando Celotto per una realtà no-profit, la Croce Rossa Italiana, che è in una fase di profonda trasformazione, a testimonianza del fatto che la crisi colpisce duramente anche questo settore. La privatizzazione dell'Ente. Infatti, la privatizzazione imposta per legge alla Croce Rossa Italiana ha avviato un processo di radicale trasformazione di questo storico ente umanitario, che potrebbe privare il nostro paese di un prezioso strumento di risposta alle emergenze ed alle calamità che naturalmente colpiscono ogni anno la nostra nazione. Un suggerimento per i professionisti del settore che quotidianamente si approcciano alle notizie ad essere più umani e meno votati ai titoloni ad effetto e un monito a chi specula sulla vita e sulla sicurezza delle persone.
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