
Tre donne, tre vite apparentemente felici, tre segreti orribili. Sono queste le fondamenta su cui si basa il nuovo romanzo di Camilla Lackberg, "Donne che non perdonano", pubblicato dalla casa editrice Einaudi. Ingrid è un'ex giornalista che dopo la nascita della sua bambina ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla famiglia, Birgitta è una maestra d'asilo la cui vita ruota intorno ai due figli e al marito e poi c'è Victoria, ragazza russa sposata con uno svedese che la tratta come una serva. La prima scopre che il marito la tradisce con una giovane giornalista e che, al contempo, copre le molestie sessuali di colleghi blasonati. La seconda, gravemente malata, è vittima di un marito manesco e dell'indifferenza dei propri figli. L'ultima, invece, è una sorta di schiava sessuale di un omone che trascorre la propria esistenza tracannando birra e leggendo giornaletti porno. Ma arriva un giorno in cui le tre protagoniste prendono coscienza della gravità dei torti subiti e smettono di essere accondiscendenti architettando una vendetta sottile e implacabile: il destino vuole che, mediante una chat, le tre vittime entrino in contatto e ognuna di loro avrà il compito di punire in modo definitivo uno degli uomini colpevoli. Riusciranno nel loro intento?
Camilla Lackberg è un nome noto nel panorama letterario internazionale, ha infatti iniziato la sua carriera come autrice nei primi anni 2000 dopo una breve parentesi nel mondo del marketing. Il crimine ed il giallo sono temi fondanti delle sue opere, nonostante abbia al suo attivo anche alcuni racconti destinati al pubblico infantile. Caratteristica comune a tutti i romanzi noir di Camilla Lackberg è l'ambientazione scelta: la scrittrice predilige Fjallbacka, sua città di origine, come luogo in cui dare vita ai propri personaggi, caratteristica che però non si verifica in quest'ultimo romanzo dato che Camilla individua i dintorni di Stoccolma come scenario in cui si muovono le tre donne. Vincitrice di premi prestigiosi, come il Grand Prix de Littérature per "La principessa di ghiaccio", Lackberg ha ottenuto i consensi maggiori grazie a "Lo scalpellino" (in lingua originale "Stenhuggaren") che è stato addirittura dichiarato il miglior romanzo criminale svedese nel 2005. Lo stile letterario della Lackberg è contraddistinto da una sintassi semplice con frasi brevi e lineari. Anche la scelta di strutturare il romanzo in capitoli brevissimi, al massimo di sei pagine, fa comprendere l'impostazione data al volume. Ogni capitolo riguarda un episodio specifico ed è intitolato con il nome della donna protagonista. Dialoghi lampo, punteggiatura frequente ma ben dosata che sottolinea con efficacia i pensieri freddi, lucidi e razionali dei personaggi. "Donne che non perdonano" è esclusivamente femminile e non perché ha tre donne come protagoniste ma perché gli uomini che interagiscono con loro sono posti sempre in secondo piano. Il nuovo libro della Lackberg è stato pubblicato pochissimi giorni prima del 25 novembre, data che dal 1999 è stata scelta per sensibilizzare l'opinione pubblica contro la violenza sulle donne. Inoltre, nel volume stesso è citato più volte il movimento #MeToo diffusosi a livello mondiale dal 2017, quando numerose star di Hollywood sono uscite allo scoperto denunciando gli abusi e le molestie subiti da Harvey Weinstein, produttore statunitense.
Porre l'accento su diritti che dovrebbero essere scontati e che, invece, rappresentano ancora una dura conquista è una sfida quotidiana che tocca non solo le donne che vivono sotto i riflettori. Ognuno di noi avrà appreso storie di tradimenti, percosse, offese nei confronti di una donna e chissà quanti avranno preferito voltarsi dall'altra parte anziché agire in prima persona. Non sta a noi, soprattutto in questo contesto, giudicare se la giustizia operi o meno nell'interesse della vittima e se il carnefice sia adeguatamente punito. Quel che è certo, però, è che la cronaca ci ha "abituati" - termine odioso da utilizzare in questo caso specifico - ad un lungo elenco di donne che hanno dovuto fare i conti con un uomo che le ha oltraggiate. La violenza è da condannare, qualunque sia la sua forma e qualsiasi sia la sua provenienza, per questo non ci sentiamo di appoggiare l'operato di chi, vessato da soprusi fisici o psicologici, ricorre a scelte così estreme. La strada per l'autonomia femminile passa attraverso la consapevolezza del proprio valore, mediante l'abbandono di polverosi cliché che individuano ancora oggi la donna come essere inferiore rispetto all'uomo. Occorre denunciare il proprio aguzzino e non sporcarsi le mani con il suo sangue, per evitare che la sete di libertà possa trasformarsi in una gabbia invalicabile.