Milano. La fine di un'epoca. La Notte del Maestro chiude spiritualmente e materialmente la pagina più importante e ricca di enfasi storica del calcio italiano di era moderna e contemporanea. Un parterre de roi per l'addio al calcio di Andrea Pirlo che mixa alla perfezione emozione e lacrime nostalgiche per un calcio che non c'è più, per dei campioni che ora, per la maggior parte, affollano i salotti televisivi ma in campo avrebbero fatto facilmente ancora la differenza. Il proscenio iniziale è per chi a San Siro ha impiantato radici ben salde: Zanetti che solo in onore di chi appende gli scarpini al chiodo accetta di prepararsi nello spogliatoio del Milan; Sheva da una parte, Pato e Vieri dall'altra si danno battaglia a suon di botta e risposta in rete. Il Meazza S'illumina quando il Maestro da Brescia tocca con la consueta leggiadria la sfera ma, come accaduto in tanti anni di carriera, il buon Andrea lascia volentieri far brillare altre stelle ed è ad esempio Cassano (anche lui ancora in grado di dare qualcosa al panorama del football tricolore) a rapire l'attenzione del pubblico con siparietti vecchio stampo con il Bobone nazionale, seguito a ruota dal sempre verde Cafù. L'intervallo lascia spazio alle note musicali che ben si sposano con l'atmosfera. Si riparte ed il Maestro lascia divertire tutti, osservando e ripassando in mente alla velocità di un nanosecondo tutti i momenti che lo legano ad ognuno di quelli presenti in campo. Totti canta poesia con i piedi, l'entusiasmo non si trattiene per Pippo Inzaghi che torna a bucare le reti di San Siro con facilità disarmante e poi tocca di nuovo a lui, a Maglie invertite. Da quella delle White Stars a quella delle Blue. Dieci minuti sempre li, li nel mezzo come urlerebbe a squarciagola Ligabue. Poi il passaggio di consegne, di testimone che raccoglie questa sera sul campo ma tutti i giorni nella vita l'esempio di un uomo silenzioso ma mai profondamente ricco dentro. Fuori il padre, dentro il figlio. E' standing ovation per Niccolò Pirlo prima del lampo di Tevez e del 7-7 del solito Inzaghi. 7 che moltiplicato per 3, il numero perfetto, è uguale a 21. Il numero che, indossato dal Maestro, ha reso un gioco semplice pura magia e colorato d'azzurro il cielo universale, da Brescia a New York passando per Berlino.
White Stars: Abbiati, Dida; Bonucci, Chiellini, Costacurta, Favalli, Jankulovski, Maldini, Nesta, Oddo, Simic, Zambrotta, Zanetti; Baronio, Camoranesi, Gattuso, Lampard, Leonardo, Pepe, Pirlo, Rui Costa, Verratti, Vidal; Baggio, Del Piero, Di Natale, Iaquinta, Inzaghi, Matri, Pato, Ronaldo, Totti, Vieri. Allenatori: Conte e Ancelotti.
Blue Stars: Buffon e Storari; Adani, Barzagli, Bonera, Cafu, Diana, Ferrara, Kaladze, Materazzi, Serginho; Pirlo, Albertini, Ambrosini, Brocchi, De Rossi, Diamanti, Marchisio, Perrotta, Seedorf; Borriello, Cassano, Quagliarella, Shevchenko, Tevez, Toni, Ventola. Allenatori: Allegri, Donadoni e Tassotti.