
"Inseguendo un'ombra" è il nuovo romanzo dello scrittore siciliano Andrea Camilleri, edito dalla casa editrice palermitana Sellerio, e inserito nella collana "La memoria" di Feltrinelli. Con questa sua nuova opera, Camilleri si è allontanato dal Commissario Montalbano, personaggio che gli ha permesso di farsi conoscere al grande pubblico, e si è concentrato sulla figura di un uomo che potremmo definire "uno e trino": Samuel Ben Nissim Abul Farag, che però è anche Guglielmo Raimondo Moncada e Flavio Mitridate. Uscito solo il 13 Marzo scorso, "Inseguendo un'ombra" è balzato subito ai primi posti delle classifiche letterarie, perchè è un romanzo che si legge tutto d'un fiato. Pagina dopo pagina, la storia diventa sempre più intrigante. Non si tratta di un romanzo storico, sebbene il personaggio sia realmente esistito, ma di un racconto d'immaginazione in cui Camilleri riempe i vuoti della biografia di Samuel inventando narrativamente. Ambientata nel quindicesimo secolo, la storia è tanto reale quanto fantastica. Il protagonista è infatti una vera e propria ombra capace di sparire e ricomparire sotto altre vesti con una facilità disarmante. Inseguendo la vicenda incredibile di quest'ombra inafferrabile, Andrea Camilleri costruisce una storia affascinante in cui verità e finzione si confondono fino a diventare la medesima cosa, tenendo anche conto del lavoro fatto da Leonardo Sciascia e da altri autori sul medesimo personaggio. La vita di Samuel parte dalla giudecca di Caltabellotta, in Sicilia, in provincia di Agrigento. Egli è un quindicenne molto più sveglio rispetto ai ragazzini della sua età, appartiene alla comunità ebraica e porta cucita sulla camicia la rotella di panno, che lo distingue dai cristiani. Samuel conosce già molte lingue, è molto colto ed incline anche a pratiche non lecite come la sodomia. Il padre nutre grandi speranze nei suoi confronti, ma le cose vanno diversamente e Samuel decide di chiudersi in convento, rinnegando la sua religione e la sua famiglia, diventando un ebreo convertito. Diventato ormai cattolico, prende il nome del padrino che l'ha tenuto a battesimo: da quel momento in poi si chiamerà Guglielmo Raimondo Moncada. Si stabilisce a Roma, diventa prete e grande è la sua fama di predicatore. Giunge all'apice della sua carriera ecclesiastica nel 1481 quando il venerdì santo recita davanti al papa Sisto IV il sermone sulla Passione. Ma poi accade qualcosa, di non esplicitamente decifrabile dai documenti rinvenuti. Si ipotizza però che abbia commesso un omicidio e per questo perde il suo status di uomo di Chiesa ed è costretto a fuggire da Roma. Dopo un periodo trascorso in Germania, lo ritroviamo in Italia con il nome di Flavio Mitridate, che insegna a Pico della Mirandola la cabala e le lingue orientali. Il suo rapporto con Pico resta avvolto da un alone di mistero, così come anche la sua fine. Sappiamo solo che viene rinchiuso nel carcere di Stato, ma non sappiamo se sia morto lì, oppure grazie alle sue capacità sia riuscito a fuggire e far perdere le proprie tracce, magari continuando la sua vita con un'ulteriore nuova identità. Camilleri racconta di essersi imbattuto in questa storia leggendo casualmente, nell'estate del 1980, la presentazione di Leonardo Sciascia al catalogo di una mostra di un suo amico pittore. Di essersi incuriosito della curiosità di Sciascia, preso anche lui dal desiderio di sapere, di capire, di inseguire quell'ombra e di aver quindi creato non un romanzo storico, ma di invenzione nel senso letterale del termine e cioè riscoprire, ritrovare l'identità di un uomo affascinante e misterioso.