
Quale ricordo abbiamo di Giacomo Leopardi? Cosa ci è rimasto impresso, dagli anni di scuola, di questo autore? Di certo, la maggior parte di noi pensa subito al suo pessimismo cosmico etichettando Leopardi come un poeta triste, abbarbicato alle sue sudate carte e dall'aspetto tutt'altro che avvenente. E' proprio per ribaltare questa concezione così sbagliata di un esponente illustre della letteratura italiana che Alessandro D'Avenia - noto al grande pubblico per il bestseller "Bianca come il latte, rossa come il sangue", da cui è stato tratto un film con Luca Argentero, e per "Ciò che inferno non è" - ha pubblicato "L'arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita" edito da Mondadori. Ricorrendo ad una sorta di epistolario, Alessandro dà inizio ad un dialogo con Giacomo analizzando, con minuziosa attenzione, tutti gli aspetti della poetica leopardiana ma calandoli nella realtà e non come esercizio meramente stilistico. Attraverso la lettura del libro scopriamo che il poeta di Recanati fu un giovane come tanti, per certi versi simile ai ragazzi di oggi, un uomo che possedeva una sensibilità rarissima racchiusa in un corpo vessato dalla malattia. Monaldo e Adelaide, genitori autoritari e poco avvezzi all'affetto che bisognerebbe regalare ai propri figli, non compresero il disagio di Giacomo che, negli anni dell'infanzia e della giovinezza, poté contare solo sull'affetto sincero dei fratelli, gli unici che sostennero le sue scelte, il suo desiderio di affrancarsi da una realtà familiare polverosa e irrispettosa dei suoi talenti. Giacomo fu uno studente brillante, da autodidatta imparò il greco ed il latino ed ebbe l'ardire di scrivere, poco più che adolescente, a Pietro Giordani, intellettuale del tempo che rispose alla sua missiva: Giordani consigliava a Leopardi di dedicarsi almeno per un ventina di anni alla prosa prima di concentrarsi sui versi. Per nostra fortuna, invece, Giacomo iniziò a comporre poesia già da giovanissimo regalandoci quel capolavoro letterario che è "L'Infinito". Ma Leopardi fu anche un uomo, morto a soli 38 anni, che si innamorò sperimentando sulla propria pelle i turbamenti e le angosce di un sentimento non corrisposto, che riuscì a stringere salde amicizie con uomini e donne del suo tempo che compresero da subito le immense potenzialità della sua poesia. L'autore delinea i tratti salienti della vita leopardiana e lo fa con un tocco unico: già nelle sue precedenti opere ci aveva abituati ad uno stile fruibile da tutti ma non scontato, raffinato ma non pedante, forte della sua esperienza lavorativa come docente. D'Avenia, infatti, è un giovane professore di Lettere che quotidianamente entra in contatto con gli adolescenti. Quei ragazzi e quelle ragazze che troppo spesso al giorno d'oggi non riescono ad avere chiara una meta e che, talvolta, ponderano anche di compiere gesti estremi. E' soprattutto per loro che questo libro arriva in soccorso, per far conoscere ed apprezzare un giovane che secoli fa ha vissuto le durezze e le piacevolezze di un'età spesso difficile, per far sì che comprendano il vero senso delle parole di Leopardi, in una lingua certamente distante dall'italiano odierno ma molto vicina nei contenuti alle esigenze della nostra epoca. Lo stesso D'Avenia ha imparato ad apprezzare Giacomo da adolescente e da allora ha fatto suoi gli insegnamenti del poeta, la sua inesauribile voglia di bellezza, le potenzialità salvifiche della letteratura per la vita umana. Il volume è ricco anche di episodi realmente vissuti da D'Avenia, di incontri avvenuti con i suoi alunni ma anche di lettere ricevute da giovanissimi che, leggendo i suoi libri, hanno avvertito il desiderio di scrivergli e di confidargli i loro timori e le loro speranze. E' un libro rivelazione, per certi versi, perché rivela quanta sofferenza e quante risorse inespresse ci siano nei futuri uomini e nelle future donne di oggi. Le pagine aiutano a capire quanto sia fondamentale anche il ruolo della scuola nella formazione dei nostri giovani, quanto un professore possa contribuire favorevolmente o sfavorevolmente alla crescita interiore di uno studente. La bellezza di essere fragili sta nell'accettare quanto sia effimero ciò che ci circonda e quanto noi stessi siamo in balia della caducità ma, proprio per questo, in grado di trovare in noi la capacità di assaporare la bellezza, di provare quegli "attimi di rapimento" che possono illuminare le nostre esistenze. Ci si commuove leggendo il volume di D'Avenia perché si scopre un Leopardi vicinissimo a noi, perché si scopre che le nostre umane debolezze sono state condivise da altri uomini e da altre donne che hanno imparato a trasformarle in punti di forza. "L'arte di essere fragili" è anche uno spettacolo teatrale che però si discosta dalla concezione classica, nasce infatti quasi come un esperimento, una lezione con il pubblico per far conoscere ed amare Giacomo Leopardi. D'Avenia sta toccando numerose città italiane ed ha fortemente voluto che ogni evento fosse del tutto gratuito perché così come l'istruzione anche la bellezza leopardiana deve essere fruibile da tutti.