Uscito lo scorso 10 Novembre nelle librerie, "La Paranza dei bambini", è il terzo romanzo di Roberto Saviano edito da Feltrinelli. Quest'ultimo, memore dei problemi derivatigli dalla pubblicazione del suo best-seller "Gomorra" - dai diritti di autore "negati", alle minacce di morte della malavita - stavolta non conduce un'inchiesta ma si dedica al filone romanzesco, regalandoci per la precisione un romanzo di formazione, sempre tuttavia nato alla realtà. La storia ha come protagonisti un gruppo di adolescenti forcellani e racconta la loro ascesa nel mondo della malavita napoletana. Sullo sfondo una Napoli involuta, ingestibile, fuori dal Sistema casalesi, quasi affidata al caso. Questa non è una storia di riscatto sociale o di sogni da rincorrere: i protagonisti - Nicolas o' Marajà e i suoi sodali - non hanno ideali, sono cresciuti a suon di videogiochi e scarpe da ginnastica costose e bramano soltanto denaro e rispetto. Le famiglie , non disagiate bensì in alcuni casi medio-borghesi, assistono impotenti, già schiacciate dal peso della loro squallida quotidianità, allo scenario di violenza che circonda e ghermisce i propri figli, tentando di difenderli come può. La scuola stessa si riduce ad una vuota agenzia sociale, dove ci si può recare per parcheggiarsi qualche ora prima dello spaccio. A fare da balia, da scuola, da datore di lavoro e da genitori a questi ragazzi - tutti pieni di tatuaggi e dotati di soprannomi talvolta esilaranti - è proprio la Camorra che insegna loro a stare in "quel mondo", che li svezza con i propri rituali e codici di comportamento, che insegna loro l'etica del lavoro, che li paga quel tanto che basta per potersi permettere i lussi che i genitori non possono concedere loro. All'ambizioso Nicolas - detto il Marajà per via della sua ossessione per l'omonimo locale - tutto questo non basta e la sua brama, che lo spinge a dividere la società in "fottuti e "fottitori", lo conduce a fondare una paranza di cui si dichiara leader, esercitando il potere come ha visto fare nei film e su youtube, con pugno fermo e violenza cieca. Procurarsi armi e denaro, in un mondo corrotto come quello dei quartieri difficili di Napoli è un gioco da ragazzi: la sfacciataggine e la capacità di fiutare al volo le opportunità fanno il resto. Il Marajà, sebbene adolescente non è sciocco ed intercetta un vuoto di potere tra i clan in lotta all'interno dei quartieri, deciso ad infilarvisi scimmiottando i self-made man, ma non fa i conti con quella mano che lo ha nutrito, con quegli amici che lo hanno assecondato, conducendolo ad una fine tanto dolorosa quanto scioccante. Saviano utilizza il suo consueto linguaggio cupo e graffiante al fine di farlo stridere fortemente con i discorsi vuoti, banali e conditi di volgarità dei suoi bambini, che scelgono la vita di paranza proprio perché insieme sono più forti, sono riconducibili ad un'entità. Quanta innocenza c'è dietro la loro colpevolezza? - si chiede lo scrittore casertano. Questa volta la sua indagine sulla realtà non riporta numeri, dati, ma colpisce ugualmente lo stomaco perché racconta di una realtà visibile, tangibile, respirabile ad ogni angolo di strada. La frittura di paranza, realizzata con gli scarti di pesce raccolti dal fondo delle reti, è un piatto gustoso proprio perché tali scarti acquistano un sapore omogeneo se mescolati agli altri piuttosto che gustati singolarmente - spiega Saviano - così la Camorra insegna a vivere: non seguendo la propria individualità ma appiattendosi nel mucchio, vivendo una vita breve ma spinta al massimo, costruendo una società parallela fatta di valori contrapposti a quelli della società civile. Tali valori però suonano più affascinanti proprio dove la società civile latita e diventano il canto della sirena che attira a sé tanti giovani in cerca di appartenenza che si ritrovano ad essere affiliati, sognando di vivere alla Walter White di Breaking Bad, prendendo di petto la vita, ma che rimangono soltanto schiacciate da un Sistema che li vuole pedine, non più grandi di quel sono.