
Pubblicato per la prima volta nel 1897 con uno pseudonimo femminile, "La ragazza con la macchina da scrivere"di Grant Allen, è tornato sugli scaffali delle librerie lo scorso Febbraio con traduzione a cura di Michela Piattelli. La casa editrice Elliott, che si è occupata della ristampa, è probabilmente rimasta affascinata dalla storia della giovane Juliet Appleton, eroina ribelle, autonoma e anticonformista, che incarna lo spirito delle prime donne emancipate dell'epoca. Rimasta senza il becco di un quattrino dopo la morte dell'amato padre, Juliet deve sopravvivere alla dura vita londinese guadagnandosi il pane come "type-writing girl": suoi fedeli alleati il commissario Lin, cane da cui non si separa mai, e una bicicletta che le permette di correre verso le sue avventure. Dedita al fumo, amante della letteratura, ironica e razionale, la bella Juliet si innamora ricambiata del suo capoufficio ma un'amara sorpresa la attende. Il racconto in sé per sé sembrerebbe quasi scontato se non si pensa che a raccontarlo è stato un uomo, il quale ha saputo intercettare i tempi e la sensibilità femminile in un'epoca in cui le donne ancora non avevano una voce propria. Lo stile, un po' magniloquente e lento, è pieno di citazioni letterarie colte le quali, oltre a sottolineare la cultura del personaggio, raccontano quanto lo studio e il suo approfondimento possano essere lo strumento che dona l'apertura mentale necessaria per affrontare in maniera costruttiva la vita. Le libertà che Juliet assapora - il viaggiare sola, sperimentare la vita in una comune anarchica, lavorare - sembrano poca cosa rispetto a quanto possono permettersi le donne del 2000, ma allo stesso tempo ricordano quanta poca strada è stata fatta nell'abbattere la mentalità inculcata ancora adesso in molte donne. Spesso a predominare sulla storia, in sé eterea, come nella maggior parte dei romanzi di evasione che parlano d'amore, è proprio lo stile un po' indigesto, del resto figlio della sua epoca. Una ottima lettura d'evasione per giovani adolescenti da affrancare dalla schiavitù di una società fatta di immagine e ipersessualizzazione della donna.