Barbara Victor "Goddess -La Dea", (Sperling & Kupfer, 2001). Non esattamente una prima uscita, ma una delle biografie non autorizzate più interessanti dedicate alla Regina del pop per eccellenza, sua Maestà Madonna. La Victor, collaboratrice dell' International Herald Tribune e di Elle, lascia le sue inchieste sul Medio Oriente per dedicarsi ad una ricostruzione certosina delle origini della cantante italo-americana ma soprattutto per raccontare la sua vera storia, lontana dal gossip: le fonti a cui la giornalista attinge, infatti, non provengono dai giornali scandalistici, in cui la vita della pop-star è stata passata al setaccio nell'arco dei suoi trent'anni e più di carriera, bensì da interviste fatte alle persone più vicine alla cantante e dallo studio del suo albero genealogico. Fenomeno di costume, in equilibrio costante tra l'impegno e la frivolezza, Madonna viene colta nel suo lato più umano, come quando si recava la sera di nascosto a casa dei genitori di Carlos Leòn - suo compagno e padre della sua prima figlia - perchè le piaceva sentire e vivere l'atmosfera di una famiglia normale. Allo stesso tempo, la Victor sottolinea la sua enorme ambizione e la sua non-convenzionalità: la "figlia più bella dei Ciccone" è l'artista che più delle altre cantanti è riuscita a portare nella sua musica tematiche sociali importanti come il riscatto femminile, l'aborto e l'omofobia mescolandole con il glamour, la moda, l'arte contemporanea e la postmodernità.
Christiane F. "La mia seconda vita" (Rizzoli, 2014). Un'autobiografia in realtà, scritta sotto forma di intervista alla giornalista Sonja Vukovic per la tristemente nota ex ragazza dello zoo di Berlino, Christiane Vera Felscherinow. La "star del buco", come lei amava autodefinirsi, racconta del percorso di vita successivo al successo travolgente del libro e del film che svelarono la sua condizione di adolescente al limite: l'eroina, le droghe in genere continuano ad accompagnarla e ne decretano la forma cronica di epatite di cui è affetta. I media, sua vera persecuzione, l'hanno spiata, inseguita, torturata nei quarant'anni successivi al "Ragazzi dello zoo di Berlino", ricordandole la sua fragile condizione, la sua dipendenza, la paura di ricaderci. Il successo, una vaga ed effimera illusione, la conduce in ambienti dove la droga scorre a fiumi e purtroppo non la salva. Un patrimonio dissipato, gli amici morti, schiacciati dalla tossicodipendenza, due aborti, la solitudine: Christiane racconta la sua odissea con una lucidità impressionante ed analizza con maturità i suoi errori e le scelte che l'hanno condotta più volte sull'orlo del baratro. L'unica vittoria che alla protagonista dà la forza necessaria a combattere è la nascita di suo figlio, lo stesso figlio la cui custodia nel 2008 le viene sottratta, causandole un'ulteriore grande dolore, puntualmente spiattellato sui giornali. Sulla soglia dei 52 anni, raggiunti per miracolo, Christiane è felice di aver ricostruito il rapporto con suo figlio, e lotta ancora disperatamente contro un passato che si riaffaccia a lei, nonostante la vita spartana e ritirata che ormai conduce.
George Beahm "Un miliardo di amici (e qualche nemico): Mark Zuckeberg in parole sue" (Rizzoli Etas, 2013). É il quinto uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato di 61,4 miliardi di dollari, eppure sembra non importargliene. La sua divisa d'ordinanza è una felpa sbiadita, a volte accompagnata da ciabatte di plastica: lo stesso look che caratterizzava il giovane Zuckerberg ai tempi di Harvard quando creò il social network - Facebook - che ha cambiato nel nostre vite. Una biografia che attraverso i commenti di amici, detrattori, colleghi ed insider, più che la misteriosa personalità del giovane, svela le sue strategie, le sue sconfitte, le sue vittorie, tutte interconnesse alla sua "creatura". Dall'adorazione per Steve Jobs, che gli consigliò di creare un team di management per Facebook che fosse "concentrato e formato da qualità tanto alta quanto quella che c'è in te", al suo stile di lavoro inusuale e molto improntato allo stile hackeristico - lui stesso affermerà che: "Va bene rompere le cose per renderle migliori"- Mark Zuckeberg vive in costante bilico tra la missione che si è imposto, ovvero quella di rendere il mondo più aperto ed interconnesso, ponendo a nuovi livelli il dibattito sulla privacy e sulle facilità con cui noi stessi mettiamo online le nostre informazioni personali, e la sua personalità anticonformista, capace di "far fuori" gradualmente i soci co-fondatori, ma allo stesso tempo non facendone una questione di denaro, a cui molto spesso sembra totalmente disinteressato.