
"Come fossimo in orbita a tempo indefinito, a guardare la Terra girare senza sentirne i rumori. Nel chiuso della nostra casa ci sentivamo liberi". Una nuova avventura nasce dalla penna di Franco Faggiani, che propone per il 2018 uno scenario freddo tra le innevate Alpi piemontesi. Un ghiaccio che si scioglie a mano a mano che si procede nella lettura del romanzo "La manutenzione dei sensi", edito da Fazi. Non ci troviamo dinanzi ad uno di quei racconti che tanto ci sembrano distanti dal reale, neanche siamo incappati in una di quelle storie con lieto fine assicurato. E' questa la storia di un uomo, Leonardo Guerrieri, che viveva una vita apparentemente tranquilla in quel di Milano, forte dei successi ottenuti per la brillante carriera da giornalista. Ma quei tempi sono passati e purtroppo il destino ha voluto che qualcosa cambiasse drasticamente nel suo quotidiano. A 50 anni si ritrova da solo, vedovo della moglie Chiara, per la quale nutrirà sempre il rimorso del non detto. Sarà difficile per lui superare il lutto, nonostante gli sforzi della figlia Nina, che per il suo lavoro da osteopata sarà costretta a lasciare il padre per trasferirsi a Boston. Prima di compiere questo importante passo, in virtù del suo precedente attivismo nel mondo del volontariato, riesce a convincere il padre, inasprito sempre più dalla non accettazione della solitudine, ad adottare un bambino, Martino Rochard, rimasto orfano. Due caratteri tanto simili quanto diversi. Taciturni, solitari, chiusi ognuno nel proprio mondo, quello ombroso e solitario di Leonardo e quello diffidente del piccolo Martino, che con molta cautela si addentra in una nuova casa, lontano dalla casa-famiglia cui è stato affidato. La convivenza tra i due non è per niente pacifica. Sono davvero pochi i dialoghi scambiati tra i due protagonisti, cosi timorosi di provare sentimenti nuovi, al punto che preferivano chiudersi nel silenzio, comunicando solo con lo sguardo. "In casa ognuno viveva nei propri spazi; ogni tanto, come due silenziosi alianti sostenuti dalle calde correnti, ci intercettavano. Perché chiacchiere, più le mie che le sue, e per mangiucchiare qualcosa, come due buoni amici che all'ora di pranzo si incrociano per caso in piazza e vanno al bar". Quando finalmente il mondo sembra iniziare a sorridere ai due protagonisti, la sorte si scaglia ancora una volta verso di loro, con grande impeto, perché si sa che la vita non fa sconti a nessuno. Proprio nella fase più delicata dell'adolescenza, a Martino viene diagnosticata la Sindrome di Asperger, molto vicina all'autismo, ma per fortuna non invasiva. Non è compromessa intelligenza o comprensione, anzi queste si presentano anche a livelli avanzati, ma quel che ne deriva è un maggiore distacco verso l'altro. Una vera e propria fobia del sociale, che insieme ad ansia, disturbo ossessivo-compulsivo e la difficoltà sempre maggiore di interagire con i suoi coetanei in luogo pubblico, rappresentano il motivo ultimo per abbandonare per sempre quella città grigia, offuscata da nebbia e ricordi di un passato ormai troppo lontano e straziante. La scelta di cambiare casa per abbandonare definitivamente il capoluogo lombardo non tarda ad arrivare. Forte è la voglia di cambiare, di voltare pagina e prendere una boccata di aria pulita. Non a caso i due si trasferiranno con grande forza d'animo a Cesena Torinese, in un luogo circondato dal verde di fitti boschi e prati rigogliosi. Il topos dell'Arcadia è sicuramente un tema caro al nostro autore. Le Alpi piemontesi non rappresentano solo cambiamento di abitudini; non è solo un dire addio alla quotidianità ma è la concretizzazione del bisogno di ritornare alle origini, ricongiungendosi ad una natura che li stava abbandonando. Il caos dell'area metropolitana non rispondeva più alla necessità di una vita serena, lontano da chiunque potesse risultare come un ostacolo per la vita del piccolo Martino, che ora più che mai necessita di uno stretto rapporto con Leonardo. Pur non essendo il padre biologico, quella figura maschile sarà per lui non fonte di salvezza, ma motivo di libertà e gioia di vivere. Perché tra i due, ad essere salvato dal baratro più profondo nel quale potesse sprofondare una persona dopo la perdita del più caro familiare, è proprio Leonardo, che in uno dei pochi dialoghi intrattenuti con Martino dirà: "Poi qualcuno mi ha salvato". Poche le parole, tanti i fatti che hanno dimostrato quanto fosse forte il legame che li univa. La vita era stata dura con entrambi; molti i colpi subiti e le ferite inferte ma, nonostante le mille cicatrici dell'anima, si erano trovati e, com'è giusto che sia, si erano scambiati il dono più prezioso: vivere. Condividere lo stesso tetto e il medesimo tempo, sempre insieme, l'uno al fianco dell'altro. I due furono fedeli ad un patto, stretto non con il sangue e neanche esplicitato a parole. Era necessario cambiare vita non per lasciare alle spalle il passato ma per affrontare insieme un dolore condiviso, trovando alla fine di ogni singolo giorno la forza per affrontare quello successivo. Nulla accade per caso. Cambiamento non è sinonimo di cancellazione ma è il punto di partenza per andare incontro a qualcosa di migliore. Perché per ogni fine c'è sempre un nuovo inizio e lo spiraglio di luce attenderà chiunque non avrà il coraggio di aprire gli occhi nel buio del tunnel.