
Ravello. La leggenda narra che Richard Wagner, durante una passeggiata nei giardini di Villa Rufolo, esclamò: "Abbiamo trovato il giardino di Klingsor", riferendosi al suo Parsifal. Da qui si alimentò il mito secondo cui il noto compositore si sia ispirato al giardino della villa di Ravello per comporre la sua opera: nulla di più falso! Il Parsifal era stato già composto, ma il punto della questione era un altro: Wagner si autocompiaceva di aver immaginato qualcosa di paradisiaco, qualcosa che nella realtà esisteva già. Ravello, paesino che domina la Costiera amalfitana dall'alto della sua rupe di 315 metri sul livello del mare, è sempre stata un buen retiro di artisti ed intellettuali di ogni parte del mondo, ma soprattutto di ogni epoca. A partire dal poeta e letterato Giovanni Boccaccio, passando per Wagner, Verdi, Toscanini, fino a giungere a star contemporanee come Barbra Straisand, Jackie Kennedy, Peter O'Toole, Zubin Mehta, Paul Newman, Noel Gallagher e Nicolas Cage, Ravello ha saputo accogliere e ispirare l'intellighenzia mondiale. La cittadina, che conta attualmente meno di tremila abitanti, nasce nel V secolo in concomitanza con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e con uno scopo tutt'altro che "artistico": un accampamento situato su di una rupe, avrebbe protetto i suoi abitanti dalle scorrerie barbare. Ravello, che viveva dei proventi della lana e del commercio nel Mediterraneo, è diventata potente sotto la Repubblica marinara di Amalfi e il Principato di Salerno. Si narra che Ruggero, figlio di Roberto il Guiscardo, nel 1086 rese Ravello una sede vescovile, per porla in contrasto con la vicina Amalfi. Il suo destino però risulta tragicamente legato ad essa: infatti, nel 1137, essa fu distrutta e saccheggiata dai Pisani insieme ad Amalfi, che risultava l'obiettivo primario. Da allora iniziò il lento svuotamento della città, che all'epoca contava 25mila abitanti: tutta la nobiltà ravellese emigrò a Napoli, rendendo Ravello un piccolo borgo, in cui ancora oggi splendono tracce dell'antica magnificenza. Considerata la città degli altari, Ravello ne conta almeno cento di cui soltanto quaranta consacrati: tra i più suggestivi quello del Duomo, di età seicentesca, nella cui cappella è custodito il sangue di San Pantaleone, patrono della città, festeggiato il 27 Luglio. La venerazione di San Pantaleone, proprio come San Gennaro a Napoli, ogni anno dà luogo al rituale dello "scioglimento" del sangue. Seguono la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, dove è possibile ammirare tracce dell'affresco dedicato alla Madonna, l'Agnus Dei e San Cosma e le due Chiese gemelle di Santa Maria a Gradillo e San Giovanni del Toro, costituite da tre absidi ed entrambe risalenti all'XI secolo. Ravello è inoltre molto famosa per i suoi palazzi, molti dei quali oggi hanno visto nuova vita perché riconvertiti in strutture alberghiere: tra questi spiccano Villa Rufolo - dove dimorava l'omonima famiglia, tra le più illustri e nobili di Ravello - i cui suggestivi giardini ospitano ogni anno il Ravello Festival dedicato a Wagner, Villa Cimbrone, un edificio dallo stile eclettico, costruito riutilizzando frammenti antichi e soprattutto l'ultramoderno Auditorium, progettato dall'Archistar brasiliano Oscar Niemeyer, scomparso nel 2012. L'edificio, situato su una rupe che sovrasta Maiori e Minori, non è stato inizialmente progettato per Ravello: in realtà si tratta di un progetto richiesto dalla Regione Campania ma poi scartato e successivamente adattato alla cittadina della costiera. Lo stesso Niemeyer non è mai stato a Ravello per seguire i lavori. Chi ama girare per musei troverà molto interessante quello dell'Opera del Duomo, dove è custodito il busto di Sigilgaita Rufolo, realizzato da Nicola Bartolomeo da Foggia e Camo, il museo del corallo. I paesaggi mozzafiato che offre Ravello, sono stati immortalati anche dalla cinepresa di un famoso artista della settima musa: nel 1953, infatti, John Huston decise di ambientare nella cittadina le riprese del film "Il tesoro dell'Africa", con Humphrey Bogart, Gina Lollobrigida e Peter Lorre. Lo stesso Petrarca, molti secoli prima, descrive Ravello nel suo Decameron attraverso le parole di uno dei suoi abitanti: il ravellese Landolfo Rufolo. Meta di turismo, Ravello si fa apprezzare anche per i prodotti enogastronomici locali: immancabili i terrazzamenti di limoni sfusati amalfitani, utilizzati per l'ottimo limoncello locale, gli scialatielli ai frutti di mare, il caciocavallo affumicato allo spiedo, i totani imbottiti, zuppa di cozze, pastiera e zeppole, il tutto innaffiato dal bianco doc di Ravello-Costa d'Amalfi, realizzato unendo il vitigno falanghina al biancolella. A Ravello è possibile godere della cultura a 360 gradi, partendo dall'arte, dalla letteratura e dalla musica, passando per l'architettura civile e religiosa, per il cinema ed infine per quella culinaria. Cosa chiedere di più?