Procida. "Ero in quell'età in cui l'anima ha bisogno di nutrirsi e di moltiplicarsi per mezzo della parola. Ma, come sempre avviene, l'istinto si produsse in me prima della forza. Dopo aver scritto, malcontento della mia opera, la rigettavo con disgusto. Quanti brandelli dei miei sentimenti e dei miei pensieri notturni, dispersi all'apparir del giorno, sono stati portati via dal vento ed inghiottiti dal mare di Napoli, mentre il mio sguardo li seguiva senza rimpianto"! Queste erano le parole che Alphonse Lamartine affidava alle pagine di uno dei suoi romanzi in prosa tra i più famosi: "Graziella". La storia, ambientata nel 1852, non è che una delle testimonianze - un po' contraddittoria in questo caso - della potenza ispiratrice della magnifica Isola di Procida, sita nel Golfo di Napoli ed appartenente, insieme al vicino isolotto di Vivara, alle isole Flegree. Di essere affascinato dal paesaggio mediterraneo, dal colore delle abitazioni di architettura semplice, dalla vita dura e semplice degli abitanti non è capitato solo a Lamartine: Giovenale, Stazio e Virgilio avevano scritto di Procida, Boccaccio aveva ambientato sull'isola una delle novelle del suo Decameron, ed infine Elsa Morante vi narrò le vicende del giovane e tormentato Arturo nel suo "L'isola di Arturo" del 1957, vincendo addirittura il Premio Strega. Indimenticabili sono i paesaggi e le spiagge procidane, che hanno fatto da sfondo a pellicole hollywoodiane come "Il talento di Mr. Ripley" e ad un film ormai entrato nel cuore di tutti gli italiani, che è stato il canto del cigno di uno dei più grandi attori e registi italiani: "Il postino" di Massimo Troisi. Tante sono le motivazioni che spingono artisti, intellettuali e uomini comuni ad innamorarsi di questa isola aspra, piccola - misura 16 km di circonferenza - e apparentemente selvaggia, nata tra 55mila e 17mila anni fa dall'esplosione di ben quattro vulcani ormai sommersi e composta principalmente di tufo giallo, grigio e basalto. Una di queste motivazioni è sicuramente il fascino del suo popolo: Lamartine descrive Graziella come una donna semplice, onesta e romantica; allo stesso modo la Morante parla del suo Arturo come di un ragazzo buono ma scontroso, non abituato ad interpretare cosa gli suggeriva l'istinto. Questo è un po' l'identikit del popolo procidano: instancabili lavoratori - gran parte degli isolani ha lavorato e lavora nella marineria mondiale e nella pesca - accoglienti e gioviali, negli ultimi anni essi hanno scoperto le proprie potenzialità turistiche. L'etimo del nome Procida è ancora poco chiaro: la maggioranza degli studiosi sostengono però che sia di origini greche e potrebbe significare letteralmente "giace" o "profusa" ricollegandosi alla posizione dell'isola. I suoi primi insediamenti risalgono tuttavia all'epoca Micenea e nel corso dei secoli ha seguito le vicissitudini della vicina Napoli, patendo maggiormente però le invasioni e le razzie barbariche. E' possibile riconoscere nell'isola in otto contrade, seguendo l'antica divisione in grancìe dei monaci benedettini: Corricella, Sant'Antuono, Sent'cò, Terra Murata, Santissima Annunziata, Sant'Antonio, Chiaiolella, San Leonardo. Ognuna di queste possiede un fascino particolare a partire da Corricella - che in greco significa "bel quartiere" - la quale altro non è che l'insediamento più antico dell'isola, un borgo di pescatori rimasto intatto nel tempo. Essa è un esempio dell'architettura popolare sviluppatasi nei secoli sull'isola: grandi archi, che fungono da ingressi dalla strada all'abitazione, una scala rampante che si appoggia agli stessi e grandi terrazzi che occupano i piani superiori, detti vefìi. Un'altra particolarità è il colore degli edifici, tutti diversi l'uno dall'altro, poiché si pensa che i pescatori volessero poter distinguere al ritorno, già dalla imbarcazione, la propria casa dalle altre. Chiaiolella invece, è la spiaggia per antonomasia dell'isola: senza scale, facilmente raggiungibile e circondata da case centenarie che mantengono intatta l'aria tipica da borgo marinaro. Il nucleo più antico dell'isola è però Terra Murata, che sorge sul promontorio più alto dell'isola. Nasce intorno al '500 con l'erezione di mura protettive che consentivano alla popolazione di difendersi dai continui saccheggi. Il resto dell'abitato si trova su una parete scoscesa che dà sul mare. Prima delle mura, le stesse abitazioni, poste tutte in sequenza senza spazi, fungevano da scudo e non avevano aperture verso l'esterno. Si entra all'interno del borgo grazie ad una ripida salita e, dopo aver attraversato ben due porte d'ingresso, si può notare che le case hanno il tipico aspetto gioviale di quelle dell'architettura popolare presente sul resto dell'isola. Gli unici edifici a dominare sono il Castello D'Avalos, che dal 1830 al 1988 ha ospitato il famoso Istituto Penitenziario di Procida e l'Abbazia di San Michele Arcangelo, che accoglie un ossario e una biblioteca con circa 8mila manoscritti antichi. Una delle tradizioni a cui il popolo procidano tiene particolarmente è legata a doppio filo proprio al romanzo di Alphonse Lamartine di cui abbiamo già parlato: ogni fine Luglio infatti, i cittadini di Procida celebrano la Festa del mare e, durante la seconda sera della manifestazione, eleggono la "Graziella", una giovane, che vestirà in abiti dell'epoca del romanzo lamartiano e rappresenterà la bellezza mediterranea tipica dell'isola. Allo stesso modo, il ritratto che Elsa Morante ha lasciato di questi luoghi con il suo "L'isola di Arturo" ha commosso i procidani che a Settembre di ogni anno, grazie al Parco letterario omonimo, premiano uno scrittore meritevole durante la settimana dedicata alla cultura. Tuttavia Procida non è solo cultura; infatti è in grado di soddisfare anche gusti più prosaici grazie anche agli ottimi prodotti locali, in particolar modo il pescato, i carciofi e i limoni. Questi ultimi, essendo differenti dal limone tradizionale - ovvero più dolci e con la parte bianca più voluminosa - sono utilizzati per un tipico piatto locale "l'insalata di limoni", a cui, oltre ai tocchetti del frutto vanno aggiunti aglio, olio, menta, peperoncino e sale. Gustosa anche la pasta alla pescatora povera, condita con peperoncini verdi fritti e alici. "Ah, è un inferno essere amati da chi non ama né la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto te" scrive Elsa Morante. Il giovane Arturo, sempre vissuto a Procida, è costretto da allontanarsi da essa, perdendo l'innocenza e la purezza tipiche dell'infanzia, per lasciare il passo alla crudeltà dell'età adulta, rappresentata dal resto del mondo a cui va incontro allontanandosi dalle sue sponde natie: questa è l'identica sensazione che rimane nel cuore di chi va via da questo borgo incantato.