
L'Italia, si sa, è un Paese dove le tradizioni non mancano ma è raro che una stessa festività venga celebrata da Nord a Sud. Un'eccezione, però, è incarnata dal Carnevale, una ricorrenza adorata dai più piccoli che seduce anche gli adulti; andiamo quindi a vedere quali sono i rituali del Carnevale partendo dalle origini. Innanzitutto va precisato che la sua denominazione è di matrice latina, "carnem levare" (togliere la carne) o "carne, vale" (ossia, carne addio), chiaro riferimento al fatto che con l'inizio della Quaresima le proteine animali sono bandite e sembra che già i Greci celebrassero festività analoghe al Carnevale, ossia le Dionisiache, mentre il corrispondente romano è nei Saturnalia. In epoca rinascimentale, invece, si ha notizia delle feste organizzate dalla famiglia Medici di Firenze in occasione delle quali venivano costruiti dei carri detti "trionfi" e recitati i cosiddetti canti carnascialeschi, il cui esempio più celebre è proprio il "Trionfo di Bacco e Arianna" di Lorenzo il Magnifico. Quando si parla del Carnevale una delle prime città italiane a cui corre il pensiero è certamente Venezia e i primordi di questa festa affondano le radici addirittura nel 1094, quando il Doge Falier la menziona per la prima volta in un documento. Sembra che le istituzioni veneziane avessero scelto tale ricorrenza con l'intento di concedere un periodo di svago alle classi più umili della città: una massificazione dei ceti era possibile, seppur per un limitato periodo di tempo, proprio grazie all'utilizzo delle maschere e dei costumi ed era persino consentito prendere in giro l'aristocrazia. Già nel 1271 ebbe inizio un vero e proprio business delle maschere e sorsero anche delle scuole specifiche: argilla, cartapesta e gesso erano i materiali più utilizzati e, dopo la realizzazione, i travestimenti erano ulteriormente arricchiti con colori sgargianti e accessori ricercati. Tra le maschere più famose di Venezia va citata la Baùta, adatta sia alle donne che agli uomini e caratterizzata da un tricorno di colore nero e da un mantello, il tabarro, rigorosamente di colore scuro. Tipicamente femminile, invece, era la Moretta, cioè una maschera in velluto con un cappellino e con ricercate velature la quale si reggeva sul volto attraverso un bottone che la donna doveva tenere in bocca, ecco perché era denominata anche "servetta muta". Il luogo di ritrovo per le feste carnascialesche a Venezia era, naturalmente, piazza San Marco: tra le principali ricorrenze va annoverata l'antichissima Festa delle Marie durante la quale sfilavano 12 tra le fanciulle più belle della città. Le giovani si mostravano a bordo di alcune barche e chiunque riuscisse ad avvicinarsi loro poteva ritenersi fortunato; la festa venne soppressa nel 1372 e ripresa, con opportuni rimaneggiamenti, nel 1999. Il Volo dell'Angelo risale al Cinquecento e se in un primo momento vi si cimentavano solo i funamboli, successivamente i ragazzi più valorosi di Venezia presero il loro posto. Purtroppo, nel 1759, l'acrobata precipitò morendo sul colpo, pertanto i giovani vennero sostituiti da una colomba in legno che durante il tragitto lanciava fiori e coriandoli. Dal 2001 si è tornati al Volo dell'Angelo impersonato da un artista che viene saldamente assicurato ad un cavo metallico. Il Carnevale veneziano è ormai diventato un evento di proporzioni considerevoli che, di anno in anno, richiama folle di turisti provenienti soprattutto dall'estero e che diventano parte integrante dell'atmosfera gioiosa che si respira lungo le calle. Viareggio può vantare uno dei carnevali più famosi non solo d'Italia ma di tutta l'Europa: l'attrazione principale è costituita dai carri allegorici che sfilano lungo la passeggiata a mare ed il cui tema è la satira, soprattutto di natura politica. Si ha notizia della prima sfilata nel 1873 quando alcuni esponenti della borghesia si travestirono come forma di protesta contro le tasse troppo elevate. L'idea sarebbe nata nel Caffè del Casino e a partire da questo episodio la festività venne riproposta annualmente finché, negli ultimi anni del XIX secolo, iniziarono a vedersi i primi carri in stucco, poi sostituiti da quelli in cartapesta che permisero di creare figure di proporzioni notevoli ma vuote all'interno e quindi estremamente leggere. La sede in cui oggi vengono costruiti i carri è denominata La Cittadella, inaugurata nel 2001 e situata nell'area settentrionale della città: i carri parcheggiati al suo interno possono essere visitati durante tutto l'anno e la struttura è diventata un centro culturale molto vivace dove vengono realizzati concerti, festival e musical. Inoltre, nella Cittadella trova spazio il museo dedicato proprio al Carnevale di Viareggio. Negli anni '20 del Novecento erano molto in voga i veglioni di colore durante i quali le donne indossavano tutte un abito del medesimo colore mentre gli uomini vestivano in smoking; in epoca attuale, invece, i veglioni si sono trasformati in feste rionali che si svolgono principalmente nei weekend. La maschera più famosa di Viareggio è senza dubbio il Burlamacco, creata nel 1930 dall'artista Uberto Bonetti insieme alla compagna Ondina. Essa consiste in una mescolanza dei travestimenti più noti delle maschere italiane, ha infatti il cappello di Rugantino, il mantello di Balanzone, il costume variopinto di Arlecchino, la gorgiera di Capitan Fracassa e il bottone bianco del francese Pierrot. La sua notorietà fu tale che un esemplare in cartapesta è conservato presso il Musée de l'Homme di Parigi. Il Carnevale napoletano trova in Pulcinella il suo esponente più noto: la maschera che conosciamo fu creata da Silvio Fiorillo nel Cinquecento ma il suo attuale costume si deve ad Antonio Petrillo che lo realizzò ben tre secoli dopo. Ma perché si chiama Pulcinella? Il nome fa riferimento a Puccio d'Aniello, contadino di Acerra portato alla ribalta da un dipinto di Ludovico Carracci dove l'uomo è appunto raffigurato con una maschera che presenta un naso molto lungo. Pulcinella è il prototipo dell'abitante di Napoli, con i suoi pregi e con i suoi difetti come la capacità di prendere con leggerezza la vita e il burlarsi dei potenti. Il Carnevale napoletano aveva inizio nel giorno di Sant'Antonio Abate, ovvero il 17 Gennaio, e per l'occasione tutto ciò che era vecchio veniva bruciato. Il nobile Giovan Battista del Tufo racconta che nel XVI secolo la festività interessava soprattutto il ceto alto, per cui i travestimenti erano consentiti solo alle dame e ai cavalieri che prendevano parte alle danze e ai ricevimenti organizzati dagli Aragonesi. Un cambio di rotta si ebbe però già a partire dal secolo successivo quando anche i commercianti vollero realizzare il loro Carnevale; in epoca borbonica, invece, nacquero le sfilate con carri a bordo dei quali venivano trasportate leccornie di ogni genere, come salumi e formaggi, spesso prese di mira dal popolo napoletano vittima della fame. Nel 1800 molto famosa divenne la singolare cavalcata degli struzzi, che precedeva il passaggio dei carri lungo via Toledo, ma ben presto i festeggiamenti che coinvolgevano l'intera città vennero realizzati solo nei rioni dove, dietro ai carri su cui viaggiava la personificazione del Carnevale, sfilava un corteo di donne piangenti e preoccupate per il pessimo stato di salute dell'opulento personaggio. Oggi delle manifestazioni passate resta ben poco ma Napoli è da sempre sinonimo di buona cucina e quindi, per l'occasione, non mancano mai prelibatezze come la squisita lasagna o il cosiddetto sanguinaccio, cioè una crema di cioccolato che fino ad alcuni decenni fa annoverava tra gli ingredienti il sangue di maiale; molto diffuse anche le chiacchiere, dolci tipici del periodo preparati con farina, uova e burro e poi fritti e spolverati con abbondante zucchero a velo. Considerando la ricchezza e la varietà dei festeggiamenti messi in atto in occasione del Carnevale, si comprende quanto l'Italia ami questa ricorrenza e come non manchi di celebrarla con uno sguardo rivolto verso le tradizioni del passato ma restando al passo con gli stimoli della contemporaneità.