Roma. E' un affresco vivace della società parigina del XIX secolo quello attualmente in mostra presso il Complesso del Vittoriano di Roma, quasi uno scatto fotografico che, al posto della pellicola, ricorre alle pennellate sapienti dei pittori che fondarono l'Impressionismo, una corrente artistica che ha le medesime radici del Realismo ma che da esso si discosta per la scelta di raffigurare l'aspetto gradevole della realtà che lo circonda. "Impressionisti Tête à tête", questo il titolo dell'esposizione nata sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con il patrocinio della Camera dei Deputati, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Lazio, di Roma Capitale e dell'Ambasciata di Francia in Italia, ripercorre i grandi cambiamenti di cui fu protagonista Parigi non soltanto in ambito culturale ma anche sociale e, in questo senso, gli impressionisti seppero cogliere al meglio le evoluzioni e le sfumature di tale svolta. Abbandonate le opere che avevano come fulcro il mito, la storia o la religione, gli impressionisti focalizzarono la loro attenzione sulla vita quotidiana e su coloro che la animavano. Ben 60 i capolavori provenienti dal Musée d'Orsay che, dallo scorso 15 Ottobre e fino al 7 Febbraio 2016, avranno come loro collocazione il Complesso del Vittoriano offrendo sia il gusto del bello fine a se stesso sia un'attenta riflessione su un'epoca poco lontana da noi. La fugacità del momento è preziosa per gli impressionisti ed ognuno di loro sceglie di fissare quel "Carpe diem" sulla tela o nella scultura, ricorrendo ai materiali che reputano più consoni: tra i nomi più noti si segnalano Pierre Auguste Renoir, Frédéric Bazille, Auguste Rodin, Edouard Manet, Paul Cézanne, Edgar Degas che inserirono volti comuni in paesaggi naturali o in ambienti strettamente connessi alla quotidianità dei protagonisti come un incastro perfetto. Non è soltanto la borghesia ad essere infatti raffigurata, come scelse Manet, ma anche il soggetto comune e per nulla blasonato, opzione voluta invece da Cézanne. Manet trae spunto da predecessori del calibro di Giorgione, Tiziano e Goya decidendo però di immortalare soggetti discussi. Porre lo sguardo su un quadro di Manet consente di comprendere subito quale sia il carattere, lo status sociale e la professione dell'individuo raffigurato, attraverso la bidimensionalità e il totale abbandono del chiaroscuro. Le ballerine di Degas mostrano con fare spontaneo l'amore dell'artista per il disegno e per gli aspetti ludici della realtà, mentre Bazille fatica a discostarsi da quel realismo sottolineato, nei suoi lavori, dal sapiente utilizzo delle luci e delle ombre. Gioiosa, al contrario, l'esperienza pittorica di Renoir che guarda alla seduzione femminile mediante ombre variopinte e cromie rosate. Controcorrente Cézanne che vuole cogliere la semplicità delle forme e la loro monumentalità sconfinando, sovente, nel rigore. L'allestimento espositivo del Complesso del Vittoriano opta per l'essenzialità degli spazi, una scelta senza dubbio vincente che pone al centro della scena l'opera d'arte nella sua unicità. Un dettagliato video all'ingresso del percorso espositivo permette di cogliere pienamente i punti salienti della corrente dell'Impressionismo e dei suoi protagonisti più illustri, mentre i loro autoritratti consentono al visitatore di conoscere l'aspetto umano e mortale degli artisti, quasi una sorta di presentazione prima di addentrarsi nella mostra vera e propria. Se l'esperienza pittorica si concretizza ne "L'atelier" di Bazille, che raffigura i maestri assorti nel loro lavoro, è giusto porre in evidenza le opere che rappresentano l'infanzia, un'intera sezione è infatti dedicata alla fanciullezza e allo stupore innocente tipico dei più piccoli. Grande rilievo è dato alle esponenti femminili dell'alta borghesia ritratte nei loro abiti sontuosi o assorte nei loro pensieri come ne "Il balcone" di Manet, uno dei più celebri capolavori in mostra. Luce in primo piano ne "L'altalena" di Renoir mentre Cézanne, come anticipato, è maggiormente attratto dalla concretezza della quotidianità come si evince da "Il giocatore di carte" e dalla "Donna con caffettiera". Se, come affermava Louis Edmond Duranty, "...bisognava far uscire il pittore dal suo guscio, dal suo chiostro, in cui egli è in relazione solo con il cielo e ricondurlo fra gli uomini nel mondo", l'Impressionismo è certamente riuscito nel suo intento portando l'artista nella realtà, con le sue mille sfaccettature e, proprio per questo, rendendolo così affine alle creature da lui raffigurate.
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