Roma. Nonostante la brevità della sua vita, morì infatti a soli 37 anni, Raffaello Sanzio si distinse per l'assoluta genialità spaziando dalla pittura all'architettura e diventando ben presto un modello per i suoi successori. Proprio alla contrapposizione tra Raffaello e i suoi discendenti artistici è dedicata l'esposizione attualmente presente presso i Musei Capitolini di Roma, dal titolo "Raffaello Parmigianino Barocci, Metafore dello sguardo", visitabile dal 2 Ottobre 2015 al 10 Gennaio 2016. Promossa dall'Assessorato alla Cultura e allo Sport di Roma - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo in collaborazione con il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, la mostra è organizzata da MetaMorfosi con Zètema Progetto Cultura ed è curata dalla direttrice del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Marzia Faietti: il fulcro attorno a cui tutto ruota è il testamento artistico che Raffaello lasciò in dote soprattutto al Parmigianino e al Barocci, considerati dalla critica come gli eredi più significativi degli insegnamenti dell'urbinate. Le opere dei tre maestri, che spaziano dai disegni alle stampe, seguono dall'inizio alla fine la falsariga del confronto ma ciò che più colpisce è che sia il Barocci che il Parmigianino non si limitarono pedissequamente a seguire il percorso tracciato da Raffaello ma seppero rielaborare, in modo assolutamente innovativo, l'iconografia delineata del maestro umbro: soprattutto il Parmigianino ebbe la straordinaria capacità di capovolgere i paragoni contraddistinguendosi per gli spunti inediti tanto che da Raphael redivivus divenne alter Raphael. Differente il discorso per quanto riguarda Barocci, egli infatti, di certo anche grazie alle comuni origini con il maestro, scelse di ispirarsi con maggiore fedeltà ai lavori di Raffaello non mancando, però, di accogliere tradizioni culturali di matrice diversa. L'influenza delle epoche in cui vissero, infatti la loro vita si dipanò a cavallo tra il 1400 e il 1600, si nota in ogni singolo lavoro: se in Raffaello troviamo un equilibrio che tende alla perfezione formale, frutto degli attenti studi dell'artista nei confronti di Michelangelo e Leonardo, nel Parmigianino colpisce l'eleganza e la purezza delle forme tanto da essere considerato a pieno titolo un esteta. Il Barocci, invece, non si lasciò sedurre dal Manierismo così in voga nella sua epoca: il suo credo consisteva nel raffigurare solo soggetti dotati di forme quasi eteree e contraddistinte da un cromatismo vivace, adottando i contrasti per aggiungere sfumature calde ai suoi lavori. L'attento confronto tra i tre artisti potrà quindi essere effettuato osservando opere del calibro della "Deposizione Borghese" di Raffaello ma anche gli studi del Parmigianino relativi alla basilica di Santa Maria della Steccata a Parma e, ancora, lo studio compositivo per la "Deposizione" del Barocci passando per gli autoritratti dei maestri senza dimenticare l'interessante selezione dei dipinti tra cui spiccano il "Riposo durante la fuga in Egitto" e "L'Annunciazione" del Barocci. L'allestimento espositivo dedicato alla mostra, essenziale ma raffinato al tempo stesso, colpisce positivamente anche se da una realtà come quella dei Musei Capitolini era impossibile aspettarsi sorprese sgradite. E' inevitabile sottolineare che una mostra di questo tipo non risulta fruibile da qualsiasi pubblico in quanto il visitatore, per comprendere pienamente le peculiarità che uniscono e allontanano i tre artisti, non potrà fare affidamento su una formazione prettamente scolastica né tantomeno potrà colmare le proprie lacune percorrendo le sale espositive. Siamo dinanzi ad un percorso che potrebbe quasi definirsi elitario nei contenuti e che si contraddistingue per un parallelismo assolutamente innovativo: una dimostrazione che l'indagine artistica è un flusso continuo, che non si esaurisce, e che dallo studio del singolo al confronto tra i più intercorre una ricchezza di concetti scevra di qualsiasi banalità.
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