Roma. Sensualità e dolcezza, carnalità e leggiadria, sono questi i tratti salienti delle donne raffigurate da Alphonse Mucha esponente cecoslovacco dell'Art Nouveau. Il Complesso del Vittoriano di Roma ha aperto le porte all'artista con una mostra, visitabile dal 15 Aprile all'11 Settembre, che raccoglie 200 tra le opere più famose della sua produzione. La retrospettiva, organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con la Fondazione Mucha e curata egregiamente da Tomoko Sato, ha raccolto numerosi lavori dell'artista seguendo le diverse tappe della sua carriera svoltasi in un'epoca vessata dai principali conflitti mondiali ed il risultato è a dir poco magnifico. Nato in Moravia nel 1860, Alphonse Mucha mostrò sin dall'infanzia spiccate doti artistiche ed il suo primo impiego fu come decoratore di scenografie teatrali anche se il salto di qualità avvenne quando il conte Belasi di Mikulov, rapito dalle sue opere, decise di finanziare i suoi studi presso l'Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera. Il trasferimento a Parigi gli permise di entrare in contatto con la celebre attrice teatrale Sarah Bernhardt che, innamoratasi dei lavori di Mucha, volle stipulare con lui un contratto della durata di sei anni nel corso dei quali il pittore boemo si sarebbe occupato di realizzare i manifesti relativi alle sue performance. Dal 1906 al 1910 Mucha visse negli Stati Uniti ma al suo ritorno in Europa scelse di vivere a Praga continuando a lavorare per importanti committenti pur dedicandosi, al contempo, alla sua Epopea slava, un progetto maestoso che attraverso i dipinti intendeva illustrare la storia del suo popolo. L'artista morì nel 1939, pochi mesi prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
La mostra allestita nell'Ala Brasini del Complesso del Vittoriano è suddivisa in sei sezioni che attraversano l'esistenza di Mucha: Un boemo a Parigi, Un creatore di immagini per il grande pubblico, un Cosmopolita, Il mistico, Il patriota e L'artista filosofo. Il pittore si caratterizza innanzitutto per la differenziazione delle sue opere, egli infatti spaziò dai classici dipinti ai pannelli decorativi, dai manifesti teatrali alle copertine per le riviste fino ad accettare lavori per case cosmetiche ed industrie alimentari diventando così un precursore dell'odierno marketing. E' innegabile che Mucha sia stato figlio dell'Art Nouveau, movimento artistico e filosofico che si diffuse in Europa tra il XIX ed il XX secolo: ciò si evince soprattutto dalla scelta di adoperare nuovi materiali e supporti affrancandosi dal semplice lavoro pittorico per invadere il campo pubblicitario, una scelta sicuramente vincente e che permise a Mucha di farsi conoscere in modo capillare. Il sodalizio con Sarah Bernhardt è un esempio cardine, l'artista infatti curò i manifesti delle più importanti opere teatrali a cui prese parte l'attrice e molti di essi, come La Dame aux Camelias, sono ammirabili nella mostra attualmente presente a Roma. Impossibile tralasciare Le quattro stagioni oppure Le ore del giorno in cui le protagoniste assolute sono le donne, sempre avvolte in abiti che sottolinenano le forme ma circondate di un'aura quasi sacra. I lavori di Mucha si contraddistinguono per la nitidezza dell'immagine e per lo stile neoclassico degli abiti indossati dalle figure femminili senza dimenticare i motivi floreali e geometrici sempre presenti. Gli sguardi sembrano soffermarsi vagamente sul mondo circostante ma negli occhi di queste donne immaginarie c'è un fascino concreto che ammalia chi le osserva. Si potrebbe pensare che Mucha sia un artista quasi frivolo e disinteressato alle problematiche del suo tempo, in realtà non è così e per dimostrarlo basti pensare alla sua Epopea slava, un ciclo pittorico che lo impegnò negli ultimi anni della sua vita e di cui alcune riproduzioni sono visibili nell'esposizione romana: i dipinti ripercorrono gli avvenimenti cardine del popolo slavo in un arco di tempo che va dal III al XX secolo e per prepararsi alla creazione di un'opera colossale come questa Mucha viaggiò a lungo nel suo Paese scattando foto e realizzando disegni. L'artista constatò di persona quanto il suo popolo fosse ancora vittima dell'arretratezza e della superstizione tanto che il risultato finale, originariamente concepito come una celebrazione degli usi e dei costumi della sua gente, fu una folla ignara dell'abolizione della servitù della gleba, importante conquista ottenuta in Russia nel 1861.
Non tutti sanno che Mucha fu anche un esponente della Massoneria ed il simbolismo ad essa legato influenzò notevolmente le sue opere pittoriche: per l'associazione iniziatica egli realizzò carte intestate e medaglie oltre ad avere un ruolo cardine nella fondazione della prima Loggia ceca diventando persino Gran Maestro della Gran Loggia di Cecoslovacchia. La retrospettiva attualmente visitabile presso il Complesso del Vittoriano ospita anche preziosi gioielli, realizzati dallo stesso Mucha, appartenuti alla moglie dell'artista ed una raffinata oggettistica riconducibile ad alcune delle più note aziende cosmetiche e dolciarie dell'epoca confermando, ancora una volta, la poliedricità di quest'uomo. L'allestimento si contraddistingue per una grande eleganza espositiva ed una chiarezza concettuale che consente al visitatore di conoscere pienamente l'ideologia e l'arte del suo protagonista. All'ingresso della mostra vi è, inoltre, un accurato documentario che illustra i tratti salienti della vita personale e professionale di Mucha offrendo una visione d'insieme estremamente esaustiva senza il rischio di apparire pedante. Mucha ha creduto fino all'ultimo nella capacità dell'arte di educare e guidare l'uomo nelle sue battaglie come singolo e come componente di una nazione, egli non contemplava l'opera pittorica come fine a se stessa ma come modello da cui attingere per affrancarsi dalla schiavitù e assurgere allo status di individuo finalmente libero.