
Roma. Palazzo Braschi, situato nel cuore della Roma barocca, apre le sue porte a quella che è stata un'autentica eroina dell'arte italiana del XVII secolo: Artemisia Gentileschi. L'esposizione, allestita al primo piano di Palazzo Braschi e visitabile dal 30 Novembre al 7 Maggio 2017, si focalizza sulle tappe dell'intera vita della pittrice romana e approfondisce anche le influenze artistiche che le derivarono dai pittori con cui entrò in contatto. "Artemisia Gentileschi e il suo tempo" è un viaggio nell'arte e nella bellezza ma anche nella psiche di una donna, volitiva e indipendente, la cui esperienza pittorica fu indiscutibilmente influenzata da un tragico episodio che la vide protagonista. Figlia del pittore Orazio, Artemisia nacque nel 1593 e dal padre ereditò l'abilità nel dipingere tanto che, fin da bambina, manifestò una straordinaria capacità artistica: il suo stile era molto vicino a quello di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, con il quale molto probabilmente entrò in contatto come testimonia il gioco sapiente di chiaroscuri che predominano nelle tele della donna. Secondo i critici, una delle prime opere di Artemisia, dal titolo "Susanna e i vecchioni", testimonierebbe il complesso rapporto della giovane con il padre ma, soprattutto, con Agostino Tassi, il pittore accusato di stupro ai suoi danni. Del processo riguardante Artemisia e Tassi sono giunte a noi testimonianze alquanto accurate tanto che è stato possibile ricostruire l'esatta dinamica di quanto avvenne quel giorno del 1611. Si sa che Agostino, in quanto collaboratore di Orazio, frequentava casa Gentileschi e ci fu chi testimoniò intimi rapporti tra la giovane e Tassi. Quel che è certo, però, è che l'uomo aveva già un passato turbolento alle spalle - era stato infatti accusato di incesto con la cognata - e, in seguito alla violenza perpetrata su Artemisia, aveva promesso alla ragazza che l'avrebbe sposata senza però poter mantenere la parola data visto che era ancora unito in matrimonio. Il processo durò sette mesi, durante i quali Artemisia fu sottoposta ad umilianti visite mediche in tribunale e ad atroci torture per garantire la veridicità del suo racconto. L'esito finale vide Tassi accusato di violenza sessuale ma la sua pena fu alquanto irrisoria dato che ebbe la possibilità di scegliere tra i cinque anni di lavori forzati o l'esilio da Roma scegliendo, ovviamente, la seconda opzione. Ormai l'onore della giovane era compromesso, pertanto Artemisia fu costretta ad allontanarsi dalla sua città natale e a sposare un pittore mediocre, tale Pierantonio Stiattesi, trasferendosi con lui a Firenze.
Il soggiorno fiorentino fu denso di stimoli e di opportunità per Artemisia: innanzitutto fu la prima donna in assoluto ad essere ammessa all'Accademia delle Arti e del Disegno, conobbe celebri pittori del tempo come Cristofano Allori e, inoltre, strinse ottimi rapporti con il nipote di Michelangelo Buonarroti riuscendo ad ottenere la protezione di mecenati illustri come Cosimo II de' Medici. Durante gli anni a Firenze, però, i rapporti con il marito non furono semplici, soprattutto perché Artemisia raggiunse un successo inarrivabile per il consorte, quindi la pittrice decise di lasciare la città toscana e di fare ritorno a Roma. Nella Capitale la Gentileschi poté vivere pienamente la sua indipendenza crescendo da sola le figlie ma il soggiorno romano non fu particolarmente ricco di opportunità lavorative, infatti risulta complesso ricostruire nel dettaglio le sue esperienze dell'epoca. Si ha notizia di un soggiorno a Venezia dove la sua fama le permise di relazionarsi con illustri esponenti culturali. Nel 1630 Artemisia si trasferì a Napoli, tappa quasi obbligata e che aveva già visto pittori come Simone Vouet e Annibale Carracci e la città partenopea le valse diversi lavori soprattutto per la Cattedrale di Pozzuoli. La permanenza a Napoli fu interrotta solo dal viaggio a Londra dove Artemisia si recò per coadiuvare il padre, ormai anziano, che lavorava presso la corte di Carlo I. Difficile dire se il ritrovato connubio artistico sia stato seguito anche da un riavvicinamento tra padre e figlia, quel che è certo, però, è che Artemisia affiancò il padre nei lavori e si prese cura di lui fino alla morte. Dopo il soggiorno londinese si conosce ben poco della Gentileschi, di sicuro tornò a Napoli dove continuò a lavorare alacremente fino alla sua morte sopraggiunta nel 1653.
Temi ricorrenti nell'arte pittorica di Artemisia sono senza dubbio le eroine bibliche, basti pensare a "Giuditta che decapita Oloferne" e a "Giaele e Sisara", opere in cui Artemisia sembra identificarsi palesando il suo desiderio di rivincita contro gli abusi subiti. Anche "Lucrezia" e "Cleopatra" abbracciano la medesima volontà di riscatto, Artemisia, infatti, esorcizza il suo dolore e lo trasforma in arte riuscendo ad elaborare il torto di cui era stata vittima: ciò denota ulteriormente quanto questa donna fosse avanti psicologicamente, pur essendo vissuta in un'epoca in cui il ruolo femminile era totalmente marginale. Artemisia è conscia del suo valore artistico e fa di tutto per affermarsi e per inseguire il suo sogno. E' facile credere che ci saremmo trovati dinanzi ad una persona appassionata e dalla forte personalità, una donna in grado di elaborare la sofferenza convertendola in fonte di ispirazione per il proprio lavoro di artista. L'esposizione romana valorizza opportunamente la maestria della Gentileschi attraverso le opere fondamentali della sua carriera: tele che evidenziano le eccellenti doti della pittrice nel rappresentare la veridicità delle scene mediante l'utilizzo sapiente delle luci e dei colori. Ma grande rilievo è dato anche all'epoca in cui visse Artemisia e alle opere dei colleghi da cui fu influenzata e che influenzò a sua volta. La mostra è strutturata seguendo le tappe cronologiche della vita e dell'arte di Artemisia, una scelta vincente soprattutto nei confronti di chi ancora poco conosce questa sublime pittrice. Artemisia Gentileschi è stata riscoperta soltanto nella seconda metà del XX secolo, a dimostrazione che la sua creatività e la potenza del suo messaggio erano ancora troppo distanti dal sogno di emancipazione della donna. Oggi più che mai il suo credo sembra attuale, perché se molto è stato fatto per i diritti delle donne è anche vero che resta molto da fare.