
Roma. A 20 anni dalla sua riapertura, la Galleria Borghese accoglie molte delle opere di Gian Lorenzo Bernini: l'esposizione, inaugurata lo scorso 1 novembre e visitabile fino al prossimo 4 febbraio, offre una panoramica alquanto ampia del genio di Bernini di cui la Galleria Borghese possiede in modo permanente già nove tra le sue creazioni più celebri. Se c'è uno scultore che ha incarnato alla perfezione gli ideali del Barocco in Italia costui è senza dubbio Gian Lorenzo Bernini. Una figura poliedrica la sua - spaziò infatti dalla scultura alla pittura interessandosi persino di architettura e scenografia - un artista a tutto tondo. Nato a Napoli alla fine del XVI secolo, Gian Lorenzo era figlio di uno scultore tardo - manierista e di una popolana partenopea. Ed è proprio a Napoli che Bernini comincerà ad interessarsi di scultura mentre seguiva il padre Pietro che lavorava per il viceré. Ancora bambino Gian Lorenzo si trasferì con la famiglia a Roma, un ambiente estremamente stimolante, mentre la sua formazione proseguiva sotto l'occhio attento del padre. Da discepolo a collaboratore del genitore il passo fu breve e ben presto i due iniziarono a lavorare ad opere di grande prestigio. La bravura di Gian Lorenzo non passò inosservata ad un mecenate come Scipione Caffarelli - Borghese che gli affidò diverse opere: sono questi gli anni in cui l'artista realizzerà il gruppo che raffigura "Enea, Anchise e Ascanio" mentre fuggono da Troia, il "David", il "Ratto di Proserpina" e "Apollo e Dafne", sculture celeberrime. Va sottolineata anche la produzione pittorica di Bernini, un campo in cui l'artista partenopeo raggiunse vette altissime anche se la sua attività di ritrattista è meno nota. L'incontro con Urbano VIII fu determinante per la sua carriera, infatti grazie al pontefice ottenne numerosi riconoscimenti ufficiali realizzando inoltre alcune tra le fontane più belle della Capitale come quella del Tritone a Piazza Barberini. Nel 1629 Gian Lorenzo fu incaricato di dirigere i lavori della basilica di San Pietro: sono molte le opere che lo scultore creò all'interno della basilica ma di certo la più ammirata è il baldacchino in bronzo che ha la funzione di proteggere il sepolcro del primo pontefice e in cui si riscontra anche la collaborazione di Borromini, è giusto sottolinearlo. Dopo un periodo in cui Bernini vide seriamente in pericolo la propria carriera - periodo che coincise con problemi familiari e con una diminuzione dell'interesse papale nei confronti della sua arte - Gian Lorenzo ritrovò nuova linfa per la sua attività di scultore come testimonia l' "Estasi di Santa Teresa", un capolavoro di indiscussa bellezza. Quando sul soglio pontificio salì Alessandro VII, definito il "papa urbanista", Bernini tornò ad essere l'artista prediletto dalla corte vaticana. Il sogno di Fabio Chigi, questo il nome del nuovo pontefice, era quello di trasformare Roma in una sorta di scenografia teatrale: furono questi gli anni in cui Bernini riprogettò Piazza del Popolo, l'obelisco della Minerva, opere che accrebbero la fama dello scultore tanto che il sovrano francese Luigi XIV lo volle per ristrutturare il palazzo del Louvre. Ma la trasferta francese durò solo alcuni mesi, Gian Lorenzo infatti non amava il clima che si respirava a corte. Il ritorno in Italia coincise con la sua malattia: l'artista riuscì a realizzare solo qualche altra opera prima che il suo braccio destro fosse colpito da una paralisi irreversibile che in breve lo condusse alla morte. Così, il 28 novembre 1680, calò il sipario sull'esistenza di un pilastro dell'arte scultorea.
L'esposizione attualmente visibile alla Galleria Borghese offre una panoramica a tutto tondo dell'esperienza professionale di Bernini. Pitture e sculture si palesano agli occhi mostrando al visitatore il curriculum vitae di un genio assoluto. Le sezioni della mostra sono otto in totale e abbracciano la carriera di Bernini dagli albori fino alla maturità: con il padre un giovanissimo Gian Lorenzo realizzò "Inverno", "Primavera", "Estate" e "Autunno": nella prima stagione in particolar modo è riscontrabile il gusto manieristico che si esibisce nella pelliccia del mantello, un capolavoro frutto di una pazienza a dir poco certosina. "Enea, Anchise e Ascanio" e "Apollo e Dafne" appartengono ai cosiddetti gruppi borghesiani (definiti così perché commissionati da Scipione Borghese) senza dimenticare il "Ratto di Proserpina": nella prima triade Bernini ha saputo cogliere alla perfezione il momento della fuga da Troia, la disperazione di Enea mentre tenta di salvare l'anziano padre ed il figlio. Il secondo gruppo scultoreo focalizza ugualmente l'attenzione sull'attimo e l'artista è riuscito a catturare, anche in questo caso, il momento preciso in cui, secondo il mito, la bella Dafne si trasforma in lauro mentre il dio tenta disperatamente di raggiungere la sua amata. Infine, il "Ratto di Proserpina" mette al centro della composizione il terrore della giovane mentre le mani di Plutone sono letteralmente abbarbicate agli arti della preda. Di certo questi sono i capolavori più noti del Bernini ma non possiamo tralasciare i numerosi busti in marmo come quello del Cardinale Richelieu - mai conosciuto dall'artista - gentilmente concesso dal Louvre in occasione della mostra romana.
Trovarsi dinanzi ai capolavori di Gian Lorenzo Bernini dopo averli ammirati unicamente sui testi è qualcosa di sbalorditivo. Le immagini non possono rendere in alcun modo il senso di meraviglia che attraversa l'osservatore quando è di fronte all'opera concreta. Bernini non scolpisce, dà vita al marmo. La morbidezza della carne è tangibile attraverso la pietra, la cui durezza sembra annullarsi, ed immaginare che l'artista sia riuscito a trasformare un blocco di marmo in qualcosa di molto vicino alla realtà lascia a dir poco stupefatti. La mostra su Bernini è sicuramente un'esperienza da vivere, un'opportunità unica per ammirare nella sua interezza il genio di un artista che riusciva a scolpire con una naturalezza sorprendente.
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