
Perugia. Nell'ultima giornata dell'International Journalism Festival nel Centro Alessi si discute dell'America di Trump e di quanto la sua vittoria abbia sconvolto le certezze di tutti i sondaggisti e giornalisti americani ed esteri. Infatti la sconfitta di Hillary Clinton, sebbene non eclatante a livello di voti, ha segnato un evidente ulteriore autogoal alla modalità di copertura delle notizie dei reporter. A parlarcene Francesco Costa de "Il Post", Liliana Faccioli Pintozzi di "Sky Tg24" e Lorenzo Pregliasco, cofondatore della piattaforma "Youtrend". Costa - d'accordo con gli altri due realtori - sostiene che l'elezione di Trump abbia in qualche modo scompaginato una serie di consuetudini e punti saldi delle tradizionali modalità in cui si svolgono le campagne elettorali stautinitensi, ma che le premesse per poter ipotizzare una vittoria del candidato meno probabile c'erano tutte. I classici indicatori come la quantità di denaro accaparrata con le raccolte fondi, la quantità di volontari presenti negli uffici elettorali ubicati sui territori, il numero stesso di uffici elettorali e la qualità della comunicazione non lasciavano certo presagire una vittoria del magnate statunitense. Tuttavia la strategia trumpiana si è rivelata meno strampalata di quello che si immaginava perchè cucita addosso ad una fetta specifica della popolazione, quella stessa popolazione che, se interpellata pubblicamente, preferisce non dichiarare apertamente di averlo votato. La strategia di Trump è riuscita a portare alle urne la cosiddetta "maggioranza silenziosa", la working class americana bianca - ha spiegato la Faccioli Pintozzi - e lo stesso staff del magnate ha ammesso di non aver incluso nelle strategie di voto le seppur grandi minoranze etniche che popolano l'America. Ciò significa che molti elettori non si sono sentiti feriti dalle dichiarazioni forti di Trump contro donne e minoranze: lo stesso caso delle frasi apertamente sessiste, montato ad arte dai Democratici, ha finito con il non scandalizzare le puritanissime donne americane. Per contro Hillary Clinton non possedeva la stessa base di voti di Barack Obama, pertanto ha dovuto rinunciare al sostegno degli afroamericani e di molte donne, che non la ritengono un punto di riferimento. Il mea culpa dei cronisti - sostiene invece Costa - dovrebbe consistere nel non aver capito che la Clinton non era un candidato abbastanza forte. Diverse le cause che ne hanno indebolito la sua presa sull'elettorato: tra queste spiccano un progessivo spostamento a destra delle tematiche nello schieramento democratico e una progressiva crisi del settore manifatturiero e industriale statunitense. Dal punto di vista comunicativo a condannare Hillary è stata la sua mancanza di empatia e passione, i suoi tentativi di dimostrare comprensione con classi sociali meno elevate, a cui lei ha smesso di appartenere ormai da tempo. Per contro, Trump, che certo non brilla per capacità di immedesimazione, ha ostentato la sua ricchezza - incurante del poco gradimento che ha incassato presso i ricchi imprenditori di New York, che lo hanno sempre snobbato per i suoi modi rozzi - facendo breccia sui "forgotten", sui dimenticati di America, ricordando loro che se ce l'ha fatta lui, anche loro possono. Lorenzo Pregliasco conferma questa ipotesi mostrando due video della campagna elettorale di Trump, spot televisivi realizzati in maniera raffazzonata - probabilmente in maniera voluta - in cui la Clinton non solo viene derisa, ma viene anche ritenuta parte di un establishment che ha contribuito a condannare l'America. Il tipo di politica di Trump, come quello del M5S italiano prende le mosse da una sorta di populismo di sinistra. Infatti Trump, che si è in realtà mostrato favorevole ad una versione riveduta e corretta dell'Obamacare - perchè lui "non permetterà che un Americano possa morire in strada" - è stato più volte accusato dai suoi competitors di partito repubblicani durante le primarie di non essere un vero conservatore. Trump, come precedentemente detto, non si sforza di piacere alle classi dirigenti: lui punta all'americano medio. Questo modo di gestire la campagna elettorale, poco da manuale, è stato pertanto recepito come più genuino dalla popolazione: a nulla è servito l'endorsement di gran parte delle star di Hollywood per la Clinton, sebbene in California abbia proprio vinto la candidata democratica.