
Perugia. Un tempo, fino ad una quindicina di anni fa, la comunicazione in materia enogastronomica era in mano a pochissimi; oggi, invece, lo storytelling del cibo e del vino può ben dirsi libero da un così stringente monopolio comunicativo. «Il vino - ha raccontato Federico Quaranta, conduttore del programma radiofonico di Radio2 "Decanter" - è materia che semplifica, motivo per il quale non si vede la ragione per parlarne in maniera aulica ed elitaria". Dietro la scelta di un linguaggio ed un metodo codificati ed appannaggio di pochi si nascondevano gli interessi economici tipici dei suoi portatori: dalle guide alle pubblicità, passando per tour e premi accondiscendenti. L'esplosione dei nuovi media e la democratizzazione dell'informazione digitale hanno tuttavia rotto - tra le altre cose - anche il sistema comunicativo feudale dell'enogastronomia. Quei codici sono finiti in frantumi anche per l'evoluzione delle necessità e dei gusti del consumatore finale. «Non esiste un segreto per intrattenere ed informare il nostro ascoltatore - ha proseguito Quaranta - anche perché la radio risponde a logiche diverse da quelle di Internet. Oggi a noi interessa parlare di prodotti, di territorialità e valori, ed il vino diventa un filo per mettere insieme tutto".
Anche nella narrazione enogastronomica, tuttavia, il rischio principale può essere la dispersione dell'insegnamento romantico dei precursori nella giungla dei nuovi mezzi di comunicazione: «Il social network - ha argomentato il content marketer Cristiano Carriero - non sono un qualcosa di mordi e fuggi. Su queste piattaforme futilità e fake news sono all'ordine del giorno. Tuttavia, l'utilizzo dei social diventa strumento efficace e vincente anche per raccontare storie, specie se belle e verosimili". Come fa allora uno storyteller a rendere il suo racconto più autorevole di un fruitore comune? «Il messaggio dell'azienda - ha proseguito Carriero - è sempre parziale, perché focalizzato sul proprio prodotto. La chiave di quella narrazione, tuttavia, risiede sempre nella sua verosimiglianza".
Sandro Boscaini, presidente di Federvini, è stato testimone della profonda evoluzione del racconto enogastronomico da Brera e Veronelli ad oggi. «Nel campo della comunicazione - ha affermato Boscaini - personaggi come Mario Soldati e Goffredo Parise sono stati formidabili. Sono stati capaci di comunicare il loro messaggio sul prodotto ma altresì di trasmettere le loro emozioni, delineando una sorta di epicità del racconto enologico". «Ho avuto l'opportunità, grazie ad un incarico affidatomi da Mondadori - ha proseguito Boscaini - di seguire Mario Soldati in uno dei suoi tanti giri per l'Italia, al culmine del quale ha pubblicato il suo libro "Vino al vino". Una sera, a cena a Verona con due commercianti di vino che gli avevo presentato, Soldati chiese loro quale fosse il segreto di quell'oscuro mestiere. "Nessuno - risposero i vinattieri, intenti ad armeggiare coi loro scatoloni rimpinzati di campioncini di vino, mal custoditi in un bagagliaio semiaperto - tanto i compratori non capiscono nulla, e noi nemmeno". Tre anni dopo sarebbe esploso lo scandalo metanolo".
Quanto si riesce, oggi, a comunicare il territorio attraverso il vino? «Siamo ad un buon punto - ha proseguito Boscaino - perché tra tutti i prodotti il vino è quello che meglio riesce a raccontare le sue origini: è uno dei pochi prodotti che si presenta sulla tavola del consumatore con la sua etichetta, che ne è carta d'identità. Oggi la tv e i nuovi media vanno oltre l'etichetta, portando ad una platea sempre più vasta di consumatori il vino con il suo territorio, anche grazie alla forza delle immagini".
L' iperinformazione, tuttavia, non può essere un boomerang per le aziende? «Io credo che carta stampata, tv, radio, internet e social - ha commentato Quaranta -, insomma, tutto questo sistema sia un risultato per il comparto e per i produttori: più se ne parla, più il messaggio si diffonde".
Cos'è che toglie qualità, invece, ad un racconto enogastronomico? «Una narrazione che funziona - secondo Carriero - deve anzitutto avere profondità, perché ci sono i social e il racconto deve saper emergere, col climax e non con la cronologia. Devono esserci digressioni e connessioni, per lasciare al lettore l'opportunità di spaziare. Ecco dunque che non ci si può permettere la banalità e lo stereotipo, nella storia e tantomeno nel suo racconto". «Il vino - ha chiosato Quaranta - è un prodotto dell'uomo, perché senza non esisterebbe: il vino racconta l'uomo".
Su quali valori punta, dunque, la comunicazione del prodotto vino? «Innanzitutto - per Boscaini - occorrono comunicatori capaci di raccontare il vino, come ce ne sono stati nella storia e ce ne sono oggi, con creatività e talento, ma soprattutto conoscenza e passione. Occorre dunque un'informazione seria e non scandalistica, che sappia assorbire i contenuti del vino e delle uve che lo fanno".