
"Magari", di e (anche) con Elisa Risigari; regia di Debora Petrocelli, interpreti: Giacomo Avanzi, Sergio Bagnato, Martina Boldarin e la già citata Elisa Risigari, è una commedia triste e dal retrogusto amaro - che fa però riflettere - portata in scena presso i locali del Centro Sociale di Mercato S. Severino dalla associazione "La luna al guinzaglio" (Trieste) nell'ambito della rassegna e concorso teatrale "Rota in festival", in atto e al quarto spettacolo nella cittadina irnina.
Lo spettacolo del 23 ottobre scorso era incentrato sulla generazione dei trentenni, visti in modo nevrotico e schizofrenico come la società in cui essi si ritrovano odiernamente a vivere, in una temperie ricca di contraddizioni, senza valori, con poche opportunità di lavoro e il mondo intero che crolla addosso spinto da rapporti fugaci e passeggeri, volatili, senza più fedeltà in amore, senza motivazioni e/o spinte di autonomia, di una fiera indipendenza.
Il tema del recital "sperimentale" e coinvolgente è a nostro avviso e modesto parere l'incomunicabilità e la mancanza di obiettivi e dei suddetti valori sociali, del lavoro, che permeano le nostre comunità nella generale collettività, sempre più allo sbando come appunto i protagonisti che rappresentano la fascia di età oggigiorno più critica 8e criticata...): quella - per l'appunto - dei trentenni...
In complesso "Magari..." ci sembra un convulso spettacolo molto partecipativo e partecipato, con luci psichedeliche da discoteca o da lounge bar, con atmosfere abbastanza soft ma che danno spunto alle nevrosi e ai tormenti, alle difficoltà dei trentenni "bamboccioni", ritratti insicuri e contraddittori, inesperti, immaturi anche nell'amare (seriamente...), oltre che nel gingillarsi tra problematiche psicotiche vere e anche presunte, che recano tristezza e dispersione dell'Io, della propria dignità.
Le musiche sono colonne sonore della vita di tali trentenni, negli anni '80: si passa tranquillamente - ed anche in modo sottilmente penetrante e inquietante - dalla canzone "Psycho Killer" di David Byrne (Talking heads) a "Careless whispers" degli Wham di George Michael.
Lo stile è televisivo: infatti molto di ciò che appare nella commedia ricca di ansia di migliorare da parte di questi giovani "non-giovani" (in un certo senso) è come fosse dettato dai modelli e comportamenti culturali che offre la tv (si noti che non si parla - almeno non ancora - di Internet...), o che offriva già da prima, da quando i nostri "eroi" della mediocrità, della crisi e dell'eterno contraddirsi erano piccoli.
Essi giovani si pongono nel recital domande che toccano la vita concreta: il lavoro, il menage di coppia e l'amore, in tanti istanti diversi in cui si è diviso l'interessante e soprattutto attualissimo lavoro della Risigari con la sapiente regia della Petrocelli.
Dubbi concreti, dunque, quotidiani, mossi dalla difficoltà della contemporaneità.
Uno show che diverte ma fa pensare, rende interdetti nei confronti del mondo di oggi, con l'economia e soprattutto la cultura che vanno a rotoli...
Mentre i protagonisti della vicenda si soffermano a riflettere su ciò che accade loro, i personaggi-pensieri stemperano l'atmosfera, alleggerendola con battibecchi ironici ma anche stereotipati, fissi e rigidi.
Tutti e quattro si interrogano a modo loro sul senso della vita, di una quotidianità banale, difficile, sofferta, malata e con poche speranze dinanzi a loro.
Il fulcro di tutto questo snervante e parossistico andirivieni tra i pensieri contorti che poi sono, nella finzione come nella realtà, pensieri comuni alla generazione under 40, è il destino comune di questi quattro bravi interpreti nel trovarsi in un unico contenitore, peraltro chiuso ermeticamente.
La Candidata, per esempio, vive nel sogno di trovare un lavoro attinente con i propri studi, ma la sua ambizione si affievolisce sotto i colpi di colloqui di lavoro per call center, annichilenti.
Di scena in scena ella perde il diritto di esprimersi secondo la propria conoscenza e ciò comporterà situazioni amare.
La Donna e l'Uomo, invece, portano avanti una loro relazione chissà quanto matura e stancante senza capirsi, senza incontrarsi o avere punti di riferimento comuni; in essi non c'è traccia di stabilità o per lo meno di serenità.
"X" o "Alter ego", donna intelligente e cervellotica comprende tutto ma anche lei come gli altri personaggi non possiede soluzioni. Pure lei - infatti - alla fine dei conti è incastrata, sola, desolata.
Mario, invece, padre di famiglia, è un introverso che si confida con l'altro personaggio del Barista.
In una situazione lavorativa che ri-diventa precaria e al collasso e nella realtà familiare pure difficile egli si blocca nel suo meccanismo che non vuole o non sa affrontare.
Le storie si susseguono apparentemente asimmetricamente ma alternandosi in quattordici quadri, tutti costituiti da dei cubi portati in scena, una scena scarna ma ben illuminata dalle citate soffuse luci psichedeliche.
ANNA MARIA NOIA