
Salerno. Le figure degli Apostoli rimandano ancora oggi all'immaginario del mondo medievale, i pellegrinaggi e le spedizioni crociate in Terra d'Oriente, per riconquistare alla Cristianità il Santo Sepolcro, costituirono uno degli aspetti dominanti dell'Occidente medievale e contribuirono alla diffusa circolazione di reliquie di santi e martiri. Il viaggio 'miracolo' del corpo di san Matteo inizia appunto in questo periodo per giungere, dopo alterne vicende, nella città di Salerno. Il nome Matteo deriva da un'abbreviazione dei nomi Mattia o Matathiah, il cui significato è " dono di Dio"; quando Matteo fu chiamato a seguire Gesù, era un esattore delle imposte a Cafarnao, in seguito pare sia stato inviato a predicare in Etiopia, dove patì il martirio intorno al 69 dC, mentre celebrava l'Eucarestia. Il peregrinare dei suoi resti attraversa senza sosta molteplici regioni: dall'Oriente raggiunge via mare le coste tirreniche, naufragando nel Cilento tra le località di Velia e Casalvelino. Una piccola altura, alle spalle della spiaggia di Casalvelino, ricorda ancora oggi il nome di Matteo, in quel punto infatti venne edificata una cappella per ospitare degnamente le spoglie del santo. Le distruzioni causate dalla lunga guerra tra Goti e Bizantini, la conquista longobarda e le frequenti scorrerie arabe, avevano costretto gli abitanti del luogo a fuggire, portando con sé le preziose reliquie e nascondendole probabilmente all'incrocio dei due fiumi Fiumarello e Alento.
La memoria della presenza di Matteo in terra cilentana ricompare legata al sogno rivelatore di una donna, che indicò il luogo nel quale giaceva il sepolcro dimenticato del santo. Si narra che il vescovo di Pesto, scavando con le proprie mani, riportò alla luce le sante reliquie che furono poi trasportate nella Cattedrale di Capaccio. Il 6 maggio del 954 il corpo di Matteo viene introdotto all'interno delle mura salernitane con grande solennità, probabilmente il vescovo di Salerno accolse una delegazione del vescovo di Pesto che, in processione, aveva scortato le reliquie fino dinanzi alla porta Elina. Entrati in città un corteo festoso di chierici, monaci e fedeli dovette accompagnare Matteo lungo l'attuale via dei Mercanti. La tradizione racconta che il giorno della traslazione del cofanetto d'argento, che conteneva le reliquie, si sia verificato "il miracolo della manna" e che il corpo santo venne deposto in una cappella appositamente costruita per l'occasione: San Matteo de Archiepiscopio. Da questo momento in avanti la storia del corpo di Matteo si lega all'evoluzione socio-politica della città di Salerno, contribuendo a definirne l'identità cittadina. Il viaggio miracoloso delle reliquie non trovò pace nemmeno a Salerno, trascorso qualche anno nuovamente nessuno sembra ricordare più il luogo della deposizione, tra il 954 ed il 1076 l'assenza, nella documentazione e nella memoria civica, del ricordo del luogo, in cui Matteo venne sepolto, sembra dettata dal fatto che le reliquie verranno ritrovate all'indomani della conquista normanna di Salerno. Il corpo dell'apostolo è legato, come era accaduto già nella seconda metà del X secolo, con l'affermazione a Salerno della nuova dinastia longobarda di Gisulfo I, alla necessità di trovare un valido strumento legittimante la vittoria di Roberto d'Altavilla. Nella rappresentazione del potere in epoca medievale accadimenti di questo genere erano spesso utilizzati per sottolineare la protezione e, talvolta, il 'cambio di campo' di un santo che, nell'immaginario dell'uomo, improvvisamente decide di abbandonare una fazione per passare a quella avversaria. Un esempio illustre è dato dalla vittoria riportata, sul monte Gargano, dai Longobardi nei confronti dell'esercito bizantino, a questo evento il popolo longobardo legherà l'appoggio dell'Arcangelo Michele, fino a quel momento patrono delle schiere di Bisanzio. Nella Salerno provata dal lungo assedio normanno, il rinvenimento miracoloso del corpo di un santo di tale importanza, fu utilizzato da Roberto il Guiscardo come segno evidente di approvazione dell'avvenuta conquista. Immediatamente si dette inizio ai lavori di costruzione della nuova Cattedrale, pensata dall'arcivescovo Alfano I e dal duca normanno sia come luogo adatto ad accogliere degnamente le reliquie dell'evangelista Matteo, sia come monumento che celebrasse le glorie della gens normanna. A tale riguardo esiste una lunga tradizione storiografica sui rapporti tra città e chiesa cittadina, e sull'apporto dato dall'episcopato e dal culto del santo patrono alla crescita della coscienza civica. La Salerno dei secoli XI e XII rappresenta un caso esemplare: la ridefinizione dell'identità politica e religiosa della città, operazione tanto più difficile, se si considera che avvenne in un momento in cui nel Mezzogiorno era in movimento non solo il quadro politico, ma anche quello religioso, si sposa con la progressiva affermazione del culto del santo patrono. Le scelte politiche compiute da chi aveva responsabilità di governo all'interno della Chiesa furono strettamente funzionali al perseguimento di obiettivi di riforma morale e religiosa.
Durante i secoli San Matteo ha protetto più volte la città di Salerno: nel 1544, secondo la tradizione, il santo salvò Salerno dalla distruzione, costringendo alla fuga i Saraceni capeggiati da Ariadeno "Barbarossa". In segno di riconoscenza lo stemma della città venne impreziosito con la figura di Matteo, che con la mano sinistra regge il Vangelo e con la destra benedice, e ogni anno si celebrava la "Festa del Barbarossa", durante la quale si portava in processione una teca con alcune reliquie del santo. In occasione della peste, che si diffuse a Salerno nel 1656, Matteo soccorse nuovamente la sua fedele popolazione e, il 20 settembre, alla vigilia della festa in suo onore, un vento caldo spostò un denso banco di nubi nere sulla città, lasciando cadere una pioggia provvidenziale che allontanò il terribile flagello. Dopo il 19 agosto del 1691 la teca con le preziose reliquie del santo venne sostituita da un busto argenteo raffigurante Matteo, donato dalla popolazione alla Cattedrale in segno di ringraziamento per averla salvata dal terremoto del 1688. Da allora in poi i Salernitani si impegnarono a condurre in processione ogni anno, il 21 settembre, con gran solennità, per tutta la città, la statua del santo. Il percorso prenderà il via dall'antica porta Elina, ripercorrerà l'attuale via dei Mercanti, si fermerà nel luogo dove sorgeva la cappella di San Matteo de Archiepiscopo, poi si raggiungerà San Matteo Piccolo e si concluderà con la visita della Cattedrale. L'itinerario riprende il rituale della festa della traslazione delle reliquie dell'evangelista Matteo, attestato a partire dal XII secolo, anche se è probabile che risalisse più indietro nel tempo. Il corteo era aperto da un chierichetto che recava la croce, seguito da altri giovani, dai chierici addetti alla cattedrale (clerici de choro), dal primicerio, dall'arcidiacono e dagli accoliti con i candelabri ed i turibuli. Seguivano i cappellani degli abati, i vescovi suffraganei e gli abati delle abbazie di Santa Maria di Materdomini, San Leonardo, San Salvatore al Terminio, Santa Maria di Tubenna, Santa Maria de Vetro, San Prisco di Nocera, Santo Stefano di Marsico e San Pietro di Eboli. A quest'ultimi si aggiungevano i membri del capitolo con i suddiaconi, che reggevano il vangelo, i canonici diaconi, con mitra, ed infine i canonici presbiteri, seguiti dai vescovi di Sarno, Acerno, Nusco e Marsico. Chiudeva il corteo l'arcivescovo di Salerno, preceduto dal suddiacono reggente la croce d'oro senza asta e affiancato dal vescovo di Capaccio sulla destra e da quello di Policastro sulla sinistra. Giunti in Cattedrale i fedeli delle parrocchie di San Massimo, Santa Maria dell'Olmo, San Bartolomeo de Coriariis, San Grammazio, Santa Maria de Domno Raidulfo, San Paolo de Palearia, San Marco, Santa Maria dei Barbuti, San Matteo Piccolo, San Gregorio, Santa Maria di Portanova e Santa Maria de Domno offrivano all'arcivescovo un trofeo floreale formato da un albero fiorito con ghirlande di rose e ceri accesi.
E' indubbia l'importanza che tale attestazione del percorso processionale ricopre per i secoli del Medioevo, in questa forma e per questo periodo, infatti, non risulta menzionata in nessun altro luogo. Nella maggior parte dei casi simili rituali prevedevano solo la partecipazione dei fedeli cittadini e del contado mentre il caso salernitano di esponenti provenienti da tutti i territori compresi nella diocesi. A Salerno il carattere religioso appare dominante, l'arcivescovo è protagonista assoluto del rituale, le insegne del potere laico non compaiono nel corso della processione e il centro di tutto è la chiesa, capace ancora nel XII secolo di essere punto di riferimento per un territorio vasto e composito. L'esigenza di recuperare e valorizzare al meglio le tradizioni legate alla presenza del corpo di Matteo a Salerno, fermamente connesse all'identità della civitas salernitana, hanno suggerito di progettare un itinerario costruito su un duplice livello, storico-artistico ed emozionale-spettacolare. La visita pertanto, oltre a ripercorrere i luoghi legati alla memoria storica del 'viaggio' miracoloso di Matteo, verrà arricchita di interventi teatrali a cura dell'Associazione Arterìa, volti a creare atmosfere e suggestioni, che possano far rivivere ai visitatori lo spirito autentico dell'avvenimento.