
Napoli. Se non ci fosse stato di mezzo il Coronavirus, a quest'ora si fremerebbe per programmare gli ultimi esami in attesa di poter finalmente spiccare il volo, biglietto alla mano, per le vacanze. Ma la pandemia globale ha fermato il mondo e rivoluzionato in piccola o grande parte le abitudini di ogni persona. In particolar modo di quella generazione che si trova ormai da tempo in quella via di passaggio senza una reale e concreta percezione della destinazione finale. Ed allora abbiamo voluto indagare attraverso queste colonne sul quotidiano fatto di sogni, speranze, sacrifici, voglia di evasione e riflessione da parte di un campione di ragazze ed il loro modus vivendi ed operandi pre, durante e magari post Covid. In particolare quello di giovani studentesse e studenti napoletani che si sono soffermati sulle difficoltà e differenze incontrate ad ormai poco più di un anno dal primo lockdown, facendo il punto da vicino o da fuori sede mutamenti più o meno percepibili nella loro città natale.
"Oltre a stravolgere la normale quotidianità il Covid ha portato a reali e concreti problemi toccabili con mano. La continua e restia chiusura di locali/bar/ristoranti è visibile ad occhio nudo - esordisce Fabiana La Fortuna, studentessa di Giurisprudenza alla Parthenope - Cosa c'è però alle spalle di chi nel settore è stato toccato drasticamente? Se volessimo spiegarlo in modo meno crudo c'è chi durante il primo lockdown ha chiuso e non ha mai più riaperto. Una frase che sentiamo molto ma che dice poco. Non possiamo spiegare a parole la tragica ondata che i soggetti in prima linea hanno subito. Ciò che si è portato via il Covid non è soltanto la vita fisica, ma la storia che a partire da piccole botteghe era raccontata attraverso il loro lavoro. E se volessimo entrare nello specifico? Possiamo dire che i soggetti soppressi non hanno più niente. Questa era più cruda, ma reale. Immagine ferma nella mente di chi non ha offerto più la sua passione al pubblico. Come un terremoto che ha spazzato via vita, passione e prodotti. Non meno importante, la mente delle persone, che ha smesso di nutrirsi per la chiusura dei musei/cinema/teatri. I famosi "non indispensabile". Ed ecco come un'altra categoria di lavoratori ha avuto la sua sentenza. "Non indispensabile" per il periodo storico in cui viviamo, ma indispensabile per la vita di codesti lavoratori. Non si è soliti entrare nel cuore del problema nonostante l'ossatura si sia sbriciolata da un po'...". Guai, però, a fermarsi del tutto: "In un'era che si può definire ultra moderna e avanzata in prospettiva dell'economia c'è stato chi è riuscito a "reinventarsi" grazie al motore di ricerca. Chi dice che Internet sia una piattaforma solo per determinate prestazioni. Sono molti i ristoratori che si sono ritrovati ad affrontare questa nuova tecnica di vendita. La cosiddetta vendita online che ha conquistato parametri altissimi in questo periodo storico. Oltre al classico acquisto di merce e prodotti di uso quotidiano come abbigliamento ed elettronica, le piattaforme destinate alla vendita di prodotti alimentari online è stata rivitalizzata. Alla base vi sono i ristoranti che già da prima usufruivano della famosa consegna a domicilio, ma c'è anche chi si è dato una marcia in più come i supermercati e gli alimentari che si sono lasciati trasportare dalla tentazione di poter fare di più per i propri clienti. Alla base però non manca la speranza di una futura riapertura, infatti sono stati molti i locali che hanno acquisito un nuovo concept di struttura potendosi "allargare", ma soprattutto procurarsi uno spazio "all'esterno". Benedetto dai più intimoriti, ma che non si lascia scappare un aperitivo con gli amici e tornare con la mente alla vita "normale"". Sul fronte universitario: "Reduci da un anno e più in lockdown la parola smart working ci è ormai familiare. A causa del Covid dai più piccoli ai più grandi svolgono un regime di vita diverso dal solito. Dallo smart working alla DAD siamo quasi abituati a questo nuovo concept. A mio avviso organizzarmi il lavoro/studio universitario è diventato prassi nella mia giornata tipo, sono certa però che non è stato facile per coloro a scuola. Non si parla più di contatto fisico, ma contatto mentale. L'incontro di due pensieri contrastanti che danno luogo a qualcosa di meraviglioso. Il confronto apre la mente e la DAD lo ha soppresso. Parlo di un'esperienza da me tangibile, uno schermo non ci può far vivere il dibattito che è pane per la vita. Sono del parere che per dare il meglio di se bisogna mettersi a nudo e interagire face to face. L'università è il luogo che ti mette alla prova soltanto nel momento dell'esame e in questa nuova prospettiva è molto più difficile captare ciò che veramente sei. Per me portare avanti anche questo punto di vista è importante - conclude Fabiana - poiché ciò che mi ha colpito di più è stato l'abbandono a "noi stessi" studenti universitari. Non dobbiamo ascoltare, dobbiamo essere ascoltati. Non è un avviso di protesta, ma un grido d'aiuto. Concentrare e ridurre il contagio è giusto, ma l'educazione scolastica e universitaria ha bisogno di riprendersi il suo posto e ricominciare "in loco" per non rischiare di reprime quanto di più non sia già stato fatto".
Il cuore resta a Napoli ma lo sguardo, in questo caso, parte da più lontano. E' il caso di Roberta Esposito, 22enne studentessa di Giurisprudenza alla Bocconi di Milano. "Indubbiamente i locali notturni, strutture ricettive, ristoranti, così come palestre e qualsiasi altra struttura per le attività motorie sono i più colpiti dalle normative anti Covid, a differenza di altri locali, come negozi di abbigliamento che, seppur hanno sicuramente subito delle perdite in termini economici, è stato possibile continuare l'attività anche se in modo limitato. Per i primi, infatti, non è stato possibile ridurre il numero della clientela, consentendo almeno in parte l'erogazione del servizio ma è stato necessario impedire totalmente l'accesso - il suo punto di vista - Implicito vantaggio, se così può definirsi, che potrebbe ritornare utile anche per il futuro è lo sviluppo delle piattaforme e-commerce online per l'acquisto di diversi beni sia alimentari che di altro genere. A Napoli molti negozi, infatti, sono stati colti alla sprovvista proprio perché non dotati di un servizio di spedizione online, essendo prettamente abituati ad incentrare i profitti nelle vendite in sede. Credo che questo sviluppo "forzato" abbia portato un po' di giusta innovazione dove mancava". Annosa la questione che più interessa da vicino, quella dello studio. "A livello universitario, soprattutto per i fuori sede come me che si sono ritrovati catapultati nella vecchia vita, l'impatto della pandemia ha modificato notevolmente lo stile di vita. Gli svantaggi sono diversi: erasmus annullati o addirittura fatti a distanza (come nel mio caso) che non ci hanno permesso di sviluppare competenze curricolari importanti; lezioni in differita che non ci consentivano di interagire personalmente ed immediatamente con i professori; programmi che si arrestano durante lo svolgimento delle prove d'esame. L'unico vantaggio rilevante, in ambito universitario così come anche in quello lavorativo, credo sia l'essersi resi conto che attraverso la predisposizione di piattaforme idonee, si può fare da remoto quello che solitamente siamo abituati a fare in presenza. Prendendo spunto da questo periodo, e con i giusti investimenti, forse un giorno potremmo riuscire a studiare/lavorare a Napoli senza problemi anche da una scrivania dall'altro lato del mondo", chiosa Roberta.
Stessa età, studente ed anche lavoratore. Il point of view di Gennaro Liguori è chiaro e conciso. "Le attività più sfavorite durante la pandemia sono quelle che ruotano intorno all'artigianato. Perché generalmente sono meno digitalizzate e la gente nei brevi momenti in cui poteva uscire senza troppe limitazioni, preferiva incontrarsi con amici e parenti e dove possibile andare a mangiare fuori. Oltre all'artigianato, anche i teatri e cinema sono stati colpiti in modo particolare, distruggendo il fatturato anche dell'indotto che vi circola attorno. Sicuramente la pandemia ha favorito i locali takeaway, dato che il loro concept già in fase nativa non prevedeva grossi spazi destinati ai coperti e con la pandemia molte persone hanno iniziato a provare tutti i cibi presenti sul territorio con l'asporto, grazie anche alle piattaforme delivery sempre più in voga. Sicuramente si sono registrate perdite anche per questi, dato che Napoli è una città che viveva 24 al giorno, quindi si poteva mangiare a qualunque orario. Con la pandemia dopo le 10:00 non è possibile ordinare cibi, costringendo i ristoratori a chiudere prima". Sulle calde tematiche legata alla didattica a distanza, Gennaro aggiunge: "Bisogna analizzare la DAD con una duplice visione. Da un lato, tutti gli studenti sono stati avvantaggiati perché la didattica a distanza ha permesso loro di non doversi recare fisicamente in università permettendo a chi è riuscito a cavalcare l'onda di poter studiare per più tempo quindi dare più esami. Invece ha sicuramente sfavorito i neo iscritti, perché questi non hanno avuto la possibilità di frequentare la vita universitaria e stringere nuove amicizie. Tra le negatività sicuramente c'è che molti studenti hanno avuto difficoltà a superare i momenti cupi di questo periodo dove non si poteva e non si può ancora condurre la normale vita sociale a cui eravamo abituati e quindi nei casi più gravi sono caduti in depressione, abbandonando addirittura l'università".