
Salerno. Un tuffo indietro nel passato, fino al 1977 per la precisione, è quello che ci fanno fare i dati ISTAT sulla disoccupazione di gennaio. Il 12,9% degli italiani su circa 3,3 milioni non lavora: lo 0,9% in più rispetto alla media europea. L'aumento rispetto al 2013 è di 1,1 punti percentuali: insomma una delle più gravi emorragie della storia contemporanea, tanto di impressionare il neo premier Matteo Renzi, che ha promesso di promulgare entro quindici giorni un pacchetto di misure a tutela dei lavoratori, il cosiddetto "Jobs Act". Peggio di noi, in Europa, soltanto la Spagna, il cui tasso di disoccupazione si attesta intorno al 25,8%. Nel Bel Paese sono i giovani dai quindici ai ventiquattro anni a detenere la maglia nera: il 42,4% di loro non riesce a trovare collocazione nel mondo del lavoro e stiamo parlando di un unità di circa 690mila persone. Sono addirittura calati massicciamente il numero di lavoratori atipici o precari: 2 milioni e 611mila, 197mila unità in meno in un anno. Quasi la metà dei disoccupati, circa 1 milione e 450mila persone, risiede nel Sud Italia e il numero di inattivi tra i quindici e i sessantaquattro anni, cioè coloro che, pur essendo disoccupati, non ricercano attivamente un'occupazione, è del 36,4%, in calo dello 0,1% rispetto al 2013. Unica "nota positiva" è che la mancanza di posti di lavoro colpisce italiani ed italiane senza troppe distinzioni di genere: infatti il numero di persone senza lavoro di sesso maschile è aumentata del 10,6% mentre quella femminile del 6,2%.
Ma quanto di questi dati è possibile riconoscere nel nostro territorio? Urbistat ha analizzato la situazione dei centrocinquantotto comuni che compongono la vasta provincia salernitana, compilando una classifica che vede al primo posto Pertosa, che ha una percentuale di disoccupati del 28,3, seguita da Laurino (24,5%) e Sant'Egidio del Monte Albino (24,1%). I tre Comuni più virtuosi, o semplicemente fortunati, sono invece Positano (12,1%), Controne (11,7%) e Campora (10,6%), che abbassano notevolmente la media provinciale che si attesta sul 17,6%. La città di Salerno, capoluogo di provincia, si trova in un ottimo ottantunesimo posto in classifica, con una percentuale di disoccupati del 16,8, mentre Fisciano, terra di Università, si ritrova al settantaseiesimo posto con un 17,2%. Una situazione non troppo rosea, ma decisamente più favorevole rispetto alla provincia napoletana che, nonostante un numero di Comune inferiori - ma con una densità abitativa più ricca - ha una media del 22,6%. La vicina provincia Irpina invece, dall'alto dei suoi centodiciannove comuni riesce a far meglio, con un tasso di disoccupazione del 15,2%, mentre Benevento migliora la media: settantotto comuni con un tasso del 14,5%. La più virtuosa in assoluto però è proprio la provincia di Caserta, che con il suo 14% di disoccupazione, distribuita in centoquattro comuni, si colloca sul podio della regione campana con più occupati.
Ritornando alla provincia di Salerno, scopriamo che i giovani disoccupati salernitani dai quindici ai ventinove anni sono il 36,6%, ma non va meglio agli under trenta, che rappresentano il 17,6% della popolazione senza lavoro. Inoltre, più del 17% delle donne salernitane non riesce a trovare occupazione. Ciò che preoccupa maggiormente è la quantità di giovani inattivi, ossia che non ha mai lavorato: nella fascia quindici-ventiquattro anni sono il 74% circa, mentre nella fascia venticinque-trentaquattro anni sono circa il 36%, di cui il 67% sono donne. Tirando le somme, la crisi ha ulteriormente aggravato una situazione già di per sé tragica, tanto da poter affermare che un salernitano su tre è così fortunato d avere un lavoro e - cosa non troppo differente dal resto della penisola - a farne le spese sono soprattutto le giovani generazioni. Colpa di un sistema di lavoro che ha fatto dello sfruttamento delle capacità dei lavoratori e di un eccessiva tassazione del costo del lavoro stesso per gli imprenditori un male assoluto: troppe sono ancora infatti le situazioni i cui il lavoro viene pagato a nero o addirittura mascherato come un opportunità di fare di esperienza. Troppe sono le imprese costrette a chiudere battenti perché oberate dai debiti. Molti sono i giovani che non vedranno mai il momento della pensione: l'attuale riforma prevede un limite di età in cui obbligatoriamente si smette di lavorare abbinata ad un minimo di venti anni di lavoro per ricevere il sussidio mensile di un importo base: una chimera ormai.