
Si racconta in giro che molti autori di fama mondiale siano particolarmente interessati alle vicende ormai quotidiane del Cstp, tanto da volerne trarre spunto per la stesura di una vera e propria saga pionieristica del genere. Gli ingredienti non mancano ed anzi, si direbbe, ci sono proprio tutti, spaziando dal fantasy all'horror, con qualche spunto mutuato dai classici e diverse tracce del miglior giallo. Certo, datare per tempo ogni singolo evento appare impresa ardua, collocandosi la genesi della storia al tempo delle scorrerie dei barbari, tanto da protrarsi sino ad oggi praticamente intatta nella sua realtà, nonostante la perdita sanguinosa, progressiva ed inesorabile, durante il percorso, di alcuni protagonisti della prima ora, come gli utenti e gli autisti dell'azienda. Restano al timone amministratori e gestori del consorzio, eroi inattaccabili di una saga senza fine.
Tutto ha inizio durante le fredde giornate invernali, con la notizia del pronto licenziamento di ben 149 lavoratori in esubero, e con la garanzia che sarà sollevato dall'incarico solo il personale prossimo alla pensione, con tanto di promessa di buonuscita. Ma la situazione, come succede in tutti i gialli, finisce presto per ingarbugliarsi: l'azienda è in crisi, bisognerà licenziare i dipendenti e poi procedere con una liquidazione indolore, evitando di portare i libri in tribunale. A nessuno, tra Presidente e consorziati, viene in mente l'idea di ricapitalizzare, magari pagando il debito enorme che i comuni stessi hanno contratto con l'azienda. De Luca, il drago di San Giorgio, lancia fuoco e fiamme contro Provincia e Regione (quest'ultima, in particolare, coinvolta in una querelle approdata dinanzi al Consiglio di Stato per la modica cifra di 14 milioni di euro non versati nelle casse consortili: e, se non sono tanti, qualche spicciolo sarà dovuto, senza scomodare Occam e Bacone) accusate a ragione di aver approntato una strategia al risparmio per l'azienda, fin quando qualcuno gli ricorda che il solo Comune di Salerno, socio di maggioranza relativa col 31% delle quote, ha 6 milioni di euro di scoperto col consorzio (poi pagati con la cessione del credito a Monte dei Paschi, ndr). Provincia e Regione fanno orecchie da mercante di Venezia e, nel frattempo, procedono al vaglio dei candidati che dovranno comporre il collegio dei liquidatori, precisando "di non voler cedere il servizio ai privati".
Anche qui, tuttavia, gli enti locali convengono che è arrivata l'ora di fare un pò di baruffa. Dopo aver riversato palate di vomito sull'ex presidente Mario Santocchio decidono, ovviamente e coerentemente, di nominarlo in coppia con l'ex direttore Atacs Silvano Cavaliere, salvo poi fare i capricci sul nome del presidente collegiale: prima i due enti si accordano su Calabrese, dopodichè Cirielli, evidentemente vittima di un risveglio approssimativo, decide per l'investitura di Cosimato. Si consuma così, con la rottura dei patti, anche la rottura istituzionale, che tuttavia non restano le uniche: anche il fronte dei liquidatori si rompe e, dopo il "niet" di Cavaliere, lo stesso Cosimato rinuncia alla nomina. Per tacere, poi, di quello che si era rotto a cittadini appiedati dalla precarietà del servizio, e ad autisti senza stipendio da due mesi e con oltre la metà dei bus fermi in deposito per carenza di gasolio. Si arriva così alla metà di Maggio, il mese consacrato alla Madonna ed alle illuminazioni intellettive: Comune e Provincia, infatti, si accorgono di colpo che per far precipitare del tutto la situazione ne bastano due qualunque. E così, accanto all'evergreen Santocchio, i prescelti sono il presidente di UnicoCampania Cicatiello ed il professore Pizzo, titolare della cattedra di economia aziendale presso la Federico II di Napoli (e si sa che, in questo frangente storico, i "professori" sono sinonimo di garanzia assoluta, permettendo le stesse sicurezze che potrebbe fornire la difesa dell'Arzanese contro il Barcellona). Nel frattempo dalla Provincia, senza che nessuno gliel'avesse chiesto, ci tengono a precisare: "Nessuna intenzione di cedere ai privati".
Con l'inizio dell'estate calda infatti, condita dalle proteste e dai blocchi da parte di dipendenti esasperati da una situazione che ha varcato da tempo il limite della normale tollerabilità, i nuovi duoviri issano la linea Maginot: dopo la valanga di boutade sparate in presenza di prefetto e questore sulla salvezza dell'azienda, decidono di attivare la procedura di licenziamento collettivo, polverizzando le residue speranze di istituire un fondo di salvezza straordinario da 2 milioni di euro per garantire la gestione ordinaria sino alla pronuncia giudiziaria del Consiglio di Stato, programmata per Ottobre. Con la messa in mobilità dei dipendenti, Comune e Provincia lanciano la manifestazione di interesse farlocco, redatta per l'occasione in maniera approssimativa: i tempi per presentare l'offerta, infatti, sono giuridicamente irragionevoli e dall'azienda tardano ad inviare i plichi contenenti tutta la documentazione necessaria alle aziende interessate. I termini vengono pertanto prorogati sino ad inizio Settembre, tempo di fittare una sdraio ed un ombrellone al Lido Pantegana sul lungomare dove si consuma la caccia agli abusivi tanto invisi al Sindaco. Nel frattempo il Comune, dopo aver accusato la Provincia di voler cedere ai privati, precisa solennemente: "Non cederemo ai privati".
E così, al primo refolo di vento settembrino, rappresentato dalla minaccia del colosso "Arriva Italia" di ricorrere all'Autorità Garante per la presenza, nel bando pubblico, di alcuni elementi di premialità che determinerebbero una discriminazione tra le ditte interessate (e voi, ve l'immaginate un concorso pubblico nel quale partite in posizione di svantaggio rispetto agli altri, prima ancora di iniziare?), il Comune decide, in uno sforzo di meningi senza precedenti, di revocare il bando. Nel frattempo, in una solenne cerimonia tenutasi a Palazzo Sant'Agostino, vengono aperte le buste contenenti le offerte delle ditte interessate: una vuota, l'altra con pochi spiccioli, e solo l'ultima accettabile. E così, tra lazzi e sollazzi, il destino della mobilità salernitana si consuma, nell'arco di una manciata di mesi estenuanti, verso una privatizzazione scontata, con larga soddisfazione di tutti i protagonisti, dalla Regione, che magari arriverà a fine ottobre con la speranza di tirare qualcosa da quei 14 milioni di euro pretesi, alla Provincia, che sino alla fine prova a reggere il recital dell'interesse pubblico del servizio, passando per il Comune, dove il Sindaco De Luca potrà fregiarsi di un ulteriore primato: mentre infatti nel vecchio continente molte città attraversano la transizione verso il regime gratuito del servizio pubblico, la sua città europea sarà la prima a non avercelo proprio, il pubblico trasporto.
E così, alla fine di questa lunga saga, l'unica certezza è rappresentata dallo spezzatino della mobilità cittadina, un risultato scontato nelle previsioni e magari sperato dai potagonisti che, pur di rendere ancor più avvincente e drammatica (per lavoratori e cittadini) la vicenda, hanno allestito un ambaradan che, di spettacolare, non ha proprio nulla.