
Pagani. In nessun'altra parte del mondo il Cristianesimo ricorda con così tanto amore gli animali domestici come accade la domenica in albis a Pagani durante la tradizionale festa della Madonna delle galline. Una leggenda che affonda le sue radici nel lontano 1500, quando un gruppetto di galline che razzolava in un cortile, scopre una tavoletta di legno che raffigurava la Madonna del Carmine. Gli studiosi ritengono possibile questa storia e sostengono che l'effigie sia stata condotta e sotterrata in quel di Pagani da alcuni monaci orientali sfuggiti alla distruzione iconoclasta del VIII-IX secolo dopo Cristo. Fatto sta che l'immagine sacra sia stata oggetto di almeno otto miracoli accertati dalla Chiesa dell'epoca, tra cui il primo che coinvolse uno uomo zoppo a cui la Madonnina era apparsa in sogno mentre riposava in uno spogliatoio nei pressi della Chiesa e che, dopo il sogno, aveva ripreso a camminare senza l'aiuto delle stampelle. Nel luogo del ritrovamento dell'immagine lignea sorse nel 1615 l'attuale Chiesa che nel 1787 è stata dedicata ufficialmente al culto della Madonna, la cui effigie fu poi sostituita da un immagine su tela posta proprio in questo luogo. La tradizione popolare racconta che ogni domenica dopo Pasqua le galline più belle di Pagani raggiungano autonomamente il Santuario, che si trova al centro della città, e sono proprio le galline e i volatili in genere, i protagonisti principali della festa. La classica processione religiosa reca in sé i semi del culto cristiano ma anche quelli del paganesimo: le galline, ma anche tacchini, papere, colombe ecc. adornano fiere il carro votivo su cui la Statua lignea della Madonna viene portata in processione per tutte le strade della cittadina dell'Agro, talvolta appollaiandosi sulle braccia, sul capo della Vergine. I fedeli oltre ad offrire i propri volatili, donano alla Madonna dei tortani farciti di salumi e formaggi, in ricordo della tradizione contadina e realizzano agli angoli delle strade dei toselli, una sorta di edicole votive, addobbata con fiori, pizzi, merletti e immagini della Madonna, dove la statua "s'inchina". Tra le più famose quella di "Casa Campitiello" a Viale Trieste e quella "'e l'Africano" di Via Matteotti. La processione ha inizio quando si spalancano le porte della Chiesa lasciando fuggire tortore e colombe in volo e si ferma davanti alla Basilica di Sant'Alfonso dove ha luogo il rituale dello scambio: il Santo, il primo ad alimentare il culto della Madonna era il primo ad offrire una coppia di galline alla Vergine, che lo ricambiava con delle colombe. Adesso sono i padri redentoristi a perpetuare la tradizione, agevolando così la prosecuzione del corteo che giunge a Piazza Corpo di Cristo, dove si celebra la Messa all'aperto. Al termine della funzione la Statua viene riaccompagnata al Santuario e in suo onore si intona il Magnificat. L'evento - che è stato riconosciuto dall'Istituto centrale per la DemoEtnoAntopologia patrimonio immateriale d'Italia - prevede che ad accompagnare il rituale non ci siano i classici canti ecclesiastici bensì una sfrenata tammurriata di tammorra e nacchere, che ha inizio il venerdì precedente di sera nelle strade del paese e ha fine all'alba tra la domenica e il lunedì, quando i musicisti depongono gli strumenti utilizzati ai piedi della Vergine. Un tripudio di coriandoli, listini colorati che volano, di coperte di raso, trine, pizzi e merletti, folklore, balli sfrenati della tradizione contadina che forse, più che alla leggenda del ritrovamento dell'effigie si rifà alla tradizione, presente nel territorio paganese già dal VII secolo, di offrire alla Madonna, per ingraziarne i favori, dei volatili, animali utili per la sopravvivenza e fonte di ricchezza. Una tradizione molto antica e molto sentita dal popolo paganese, che accorre nei vicoli e nelle masserie del paese e che si sfrena dall'alba fino alla notte in danze e canti. Un rito arcaico di condivisione ed esorcizzazione che saluta l'inizio della bella stagione e rientra nel culto delle "Sette Madonne/sorelle" che animano la tradizione campana. Tali festività ripercorrono il classico ciclo vitale madre-sesso-morte.