Con il sopraggiungere delle festività natalizie diventa molto più intenso il senso delle tradizioni, poco importa se alla base vi sia o meno una forte appartenenza religiosa, quel che è certo è che la voglia di calore umano e il desiderio di circondarsi degli affetti più cari, in questo periodo dell'anno, aumentano a dismisura. Nei piccoli centri persiste ancora oggi il ricorrere ad usanze tramandate attraverso i racconti familiari, è il caso di Padula, centro valdianese della provincia di Salerno dove molti ancora ricordano e forse praticano l'usanza del ceppo natalizio. Le famiglie numerose di un tempo solevano riunirsi nelle grandi case patriarcali attorno all'imponente camino durante la sera della Vigilia, prima però era d'obbligo mettersi alla ricerca di un legno da destinare al fuoco, un ceppo che doveva mostrare dei requisiti particolari: essere compatto, uniforme e di dimensioni notevoli, infatti di solito la scelta ricadeva su un ceppo estrapolato da una quercia. Una volta trovato, il ceppo veniva portato in casa e posto presso il camino acceso, i componenti della famiglia si riunivano attorno ad esso, in ginocchio, e rivolgendosi al Bambino Gesù, che di lì a poco sarebbe nato, chiedevano la benedizione solenne su di sé e sui propri cari. Successivamente, il ceppo veniva posto nel fuoco e di solito questo gesto toccava al capofamiglia o comunque al componente più anziano del nucleo familiare. Seguiva lo scambio degli auguri e il lento ardere del ceppo era un segno di ottimo auspicio per tutti. In occasione del Natale, però, anche la tavola si arricchiva di prelibate pietanze, sapori che si tramandavano nel tempo e che rendevano ancora più magica l'atmosfera natalizia. Numerose le portate preparate a Padula durante le festività: tra i piatti tipici più noti vi erano i cosiddetti "ruosp", in italiano rospi, dei rustici la cui pasta era realizzata con farina, acqua, un pizzico di sale ed un po' di lievito. All'interno dell'impasto veniva inserita un'acciuga ed ogni rustico era poi fritto in olio bollente. Tra i dolci padulesi più gustosi, invece, vi erano le zeppole preparate in questo modo: si metteva a bollire l'acqua e, all'interno della pentola, venivano aggiunti delle gocce di olio, un po' di sale, alcuni rametti di rosmarino e qualche buccia di limone. Dopo pochi minuti il rosmarino e le bucce di limone venivano rimosse e, dopo aver tolto la pentola dal fuoco, si aggiungeva la farina; a questo punto era necessario mescolare molto velocemente il composto utilizzando un mestolo in legno fino ad ottenere una pasta piuttosto densa. La pasta ottenuta veniva lavorata a mano mentre era ancora caldissima, realizzando così le zeppole che andavano poi fritte in abbondante olio bollente e, in un secondo momento, spolverate con zucchero a velo. Altri dolci caratteristici di Padula erano i panzerotti di ceci: la pasta frolla veniva preparata con l'acqua di ebollizione dei ceci, zucchero, vaniglia, qualche uovo e del vino bianco. Si procedeva poi a realizzare i calzoncelli veri e propri inserendo al loro interno il passato di ceci mescolato con cioccolato, rum, cannella e zucchero. Una volta chiuso per bene, il calzoncello era pronto per essere fritto e dopo spolverato con zucchero a velo o cosparso di miele. Infine, un dolce molto buono, oltre che estremamente scenografico, era il tronco di Natale la cui realizzazione richiedeva però una considerevole perizia: si utilizzava il pan di spagna, lo si tagliava a strati e lo si farciva di crema pasticcera e cioccolato; arrotolando il composto su se stesso era necessario dargli la forma del tronco di un albero il quale era poi decorato con cioccolato e pasta di zucchero verde per riprodurre le foglie ed i rami. Dopo questa carrellata di ricette tradizionali sorge spontanea una considerazione: se è vero che l'affetto dei propri cari è in grado di sciogliere anche i cuori più gelidi, di certo un Natale all'insegna di cibi saporiti e di consuetudini antiche può aiutare a riscoprire la parte più intima di se stessi, meravigliandosi ancora dinanzi alla semplicità delle piccole cose.