Milano. Quando la crisi del carbone e dell'acciaio investì il cuore dell'Europa del Nord, al tramonto degli anni '70 del '900, il vecchio continente stava già cambiando il suo volto, sotto i colpi della nuova ristrutturazione neoliberista. I bacini carboniferi e le acciaierie chiudevano, specie nell'area franco-tedesca, lasciando in eredità un paesaggio depauperato della vitalità operaia ed abbandonato al rigurgito dell'archeologia industriale, vittime designate dell'incombente new economy. E' in questo contesto geografico e socio-economico che si staglia la prima produzione della Scuola di Düsseldorf che, con i coniugi Bernd ed Hilla Becher, avvia una approfondita, documentata ricerca sul panorama degli opifici, delle fabbriche e delle aree industriali ormai in disuso. L'avventura cominciata dai Becher, e proseguita attraverso le tre generazioni della Classe fotografica nata presso la Kunstakademie di Düsseldorf, ha permesso di irrorare nuova linfa alla fotografia documentaria, dotandola dei canoni rigidi dell'oggettività e liberandola, così, dal vortice espressionista in cui era finita, come prodotto della volontà attiva dell'artista. Era destino che questa rivoluzione avvenisse nella città tedesca, che già a metà '800 aveva partorito una innovativa scuola pittorica sotto l'egida di Wilhelm von Shadow, mentre negli stessi anni della new wave fotografica si affermava in musica il "motorik", un suono che si adagia all'andamento funzionalista della città e sembra riverberarne il ritmo meccanico e produttivo. Seppure con approcci diversi, e con una diversa sensibilità rispetto a movimento fotografici quali il Minimalismo, gli allievi dei Becher hanno fatto loro la lezione impartita dai maestri: macchina centrata, inquadrature rigorosamente frontali, foto preferibilmente invernali, un uso essenziale delle cromature consentite dallo scatto in black&white. Nuovi studi tecnici e l'apporto della moderna tecnologia permettono ai vari Hütte, Ruff, Gursky un approccio più attuale alla fotografia documentaria, arricchito da un coerente sperimentalismo e dal supporto digitale.
La Fondazione Stelline di Milano ospita la prima antologica in Italia dedicata a uno dei famosi artisti della scuola di Düsseldorf, Elger Esser, fotografo dalla sensibilità pittorica e maestro indiscusso della rarefazione in paesaggi dove arte e natura sono intimamente legati. Nato a Stoccarda nel 1967, Esser è il membro più giovane della famosa scuola di fotografia tedesca. Artista fotografo dalla incredibile sensibilità pittorica, la sua ricerca ha incluso l'emozione nell'idea documentaristica della ricerca dei Becher, rimanendo comunque vicino al senso concettuale della fotografia e al valore della memoria trasmesso dai suoi celebri insegnanti, che hanno sempre sostenuto il suo lavoro. Sono 28 le opere in mostra, compresi 4 video, che cercano di illustrare l'intera gamma della sua produzione fotografica a 360 gradi: eliografie e cartoline, con immagini che quasi sembrano pittura, e il celeberrimo ciclo del Giardino di Ninfa. La mostra sarà visitabile sino al prossimo 25 Giugno.