Roma. Se si volesse individuare un corrispettivo del Verismo italiano nel mondo dell'arte la scelta non potrebbe che ricadere sulla corrente che fa capo ai Macchiaioli, pittori troppo spesso poco valorizzati e conosciuti solo acerbamente. Il Chiostro del Bramante di Roma intende, invece, omaggiare questi artisti dedicando loro una mostra - visitabile dallo scorso 16 Marzo fino al 4 Settembre - che esalta al meglio le peculiarità di un movimento pittorico nato nella seconda metà del XIX secolo. Il termine Macchiaioli venne ideato da un giornalista dell'epoca, con un chiaro intento dispregiativo ma, in realtà, i pittori scelsero di buon grado tale definizione senza più allontanarsene.
Tale corrente artistica punta sui contorni indefiniti e si concentra sulle macchie di colore attraverso un sapiente gioco di chiaroscuri: molteplici i temi trattati dai Macchiaioli, si spazia infatti dai paesaggi bucolici agli eventi storici che contraddistinsero quegli anni.
L'esposizione, composta da oltre 110 opere, è il risultato delle collezioni che inizialmente ospitarono queste tele: ci riferiamo a quelle appartenute a mecenati illustri che nella vita svolgevano il ruolo di uomini d'affari come Cristiano Banti, Diego Martelli, Edoardo Bruno, Rinaldo Carnielo, Mario Galli, Gustavo Sforni, Enrico Checcucci, Mario Borgiotti e Camillo Giussani; attualmente i dipinti trovano posto soprattutto in collezioni private. Il Chiostro Del Bramante sceglie proprio di denominare ogni sezione con il nome dell'originario collezionista, un tributo doveroso soprattutto considerando il ruolo determinante che ebbero questi imprenditori nel salvaguardare simili capolavori e nell'aiutare gli autori in momenti complessi della loro esistenza.
Tra le opere più suggestive si segnalano il "Ritratto di Alaide seduta in giardino", dipinto da Cristiano Banti, in cui la donna assorta è seduta in un lussureggiante giardino e non sembra curarsi affatto dello sguardo curioso del pittore che la ritrae. Odoardo Borrani, al contrario, si concentra su un gruppo di donne intitolando il suo quadro "Cucitrici di camicie rosse" e fa riferimento al loro alacre lavoro determinante nella storia delle vicende garibaldine. Distaccandosi da ambientazioni così familiari, l'occhio non può che cadere su "L'appello dopo la carica", riconducibile a Giovanni Fattori, dove i cavalli recalcitranti sono in primo piano mentre, sullo sfondo, si staglia un paesaggio brullo. In "Accampamento in Persia" di Alberto Pasini, disegnatore per una missione diplomatica francese proprio in Persia, un cielo pallido e lattiginoso illumina le colline ed i prati che accolgono uomini e bestiame. "Le filatrici" di Vincenzo Cabianca trovano spazio in una strada assolata e il dipinto sembra mettere a confronto tre generazioni di donne accomunate dal medesimo ed instancabile lavoro. Sempre Giovanni Fattori sceglie di ritrarre una "Ciociara", ovvero Amalia Nollemberg, donna da lui amata e con la quale ebbe una relazione molto discussa a causa delle notevole differenza di età che intercorreva tra i due mentre Telemaco Signorini si focalizza su "Ponte Vecchio a Firenze", opera ritrovata nel mercato inglese grazie al collezionista già menzionato Mario Borgiotti ed in cui è raffigurato un vivace viavai di persone, quasi un omaggio simbolico a quella città dove nacque il movimento artistico, tra le pareti del Caffè Michelangelo.
L'allestimento realizzato dal Chiostro del Bramante, in collaborazione con Arthemisia Group, è innegabilmente curato nei minimi dettagli grazie anche alle scrupolose spiegazioni relative ad ogni singola collezione, al documentario che fornisce un'attenta panoramica della corrente artistica in oggetto e all'appropriato contorno musicale che accompagna il visitatore nella visione delle opere.
La fluidità delle pennellate e l'assenza dei contorni sconfinano quasi nell'etereo e strizzano l'occhio a quello che sarà il movimento degli Impressionisti; i Macchiaioli sembrano indugiare nella realizzazione dell'opera e fermano il tempo perché l'arte ha davvero questo potere.