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Il gioco nelle sue forme: 'Win for life'

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Category: Cronaca
By Anna Maria Noia
Anna Maria Noia
19.Oct
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di Anna Maria Noia

Win for life”, ovvero: come sistemarsi senza “fatica” (quella quotidiana, quella della cacciata dal Paradiso Terrestre, quella che “nobilita” – quando c’è – l’uomo; quella della scritta atrocemente ironica sui cancelli di Auschwitz, riguardante il “lavoro che rende liberi”…) per “ben” venti anni, e perché non qualcosa in più?
E' impazzata la mania, la corsa al “sogno” (?) della sistemazione a tutti i costi, alla ricchezza e dunque – Vangelo (anche) docet – al capriccio, alla febbre del gioco, legittimato, riconosciuto, “responsabile” ma comunque d’azzardo…

È la “moda” (perniciosa? Non è lecito quindi sognare? Chi non accarezza l’idea di diventare ricco senza molti sforzi, senza sudarsi la vita?) del nuovo gioco “sociale” (?) messo a punto dai Monopoli di Stato, che – come fanno per le sigarette, che si possono comunque comprare anche se c’è scritto che il fumo uccide – dapprima “condannano” (?) l’azzardo stesso, dall’altro lo legalizzano.

 

In pratica è questo ciò che ci porta alla deriva: ma non si era detto che c’era la crisi? Perché dopo lo “sconquasso” e il “fracasso” del Super Enalotto, con vincite ultramilionarie per pochi “intimi”, per uno sparuto gruppo di “oligarchi”, di “aristocratici” del gioco, del gratta… e perdi (!), perché – dicevamo – non affidarsi alla cieca fortuna del pubblicizzatissimo nuovo modo di fare soldi – appunto il “Vinci per la vita” - per vivere da pashà e stornare l’attenzione – egoisticamente – dai reali problemi del Paese e degli altri stati, dall’economia in difficoltà, dagli interessi dei ricchi occidentali, mentre “chi” vince, al secondo posto dopo lo Stato italiano (che introietta ancora più soldi), può disinteressarsi di tutto e di più?

La formula è semplice: basta indovinare almeno dieci numeri su venti più un “numerone” aleatorio (dal latino “àlea”, dado, cubo: “Alea iacta est”, di Cesare passando il fiume Rubicone) e il più, il gioco è fatto: 4.000 euro per venti anni.

Non bastava dunque lo spaventoso montepremi del Super Enalotto con tutti i suoi detassati milioni di euro, ora anche questa nuova “trappola” socioeconomica: come era bello, tipico, caratteristico il “vecchio” e caro gioco del Lotto, ambizione di tutti gli Italiani…

Poi venne il gratta e vinci, con la sua ridda di interessi di denaro, e adesso eccoci qui con questo “Win for life”, in Inglese: “Vinci per la vita” – appunto.

Una nostra – modesta (speriamo) – proposta nei confronti dello Stato (entità astratta) e soprattutto (realmente) nei confronti di chi ci governa, dei “paperoni” e dei distrattissimi nostri amministratori: perché non finanziare la ricerca di Telethon, quella dell’Ail, della lotta ai tumori, all’Aids, alle malattie genetiche rare e tutto l’ambaradan con questi soldi che i “poveri fessi”, illusi dal voler cambiare vita con un minimo impegno, di trasformare in realtà le loro umili aspirazioni, giocano al Super Enalotto e attualmente al “Win for life”?

Tempo fa uscì un libro, scritto dal compianto professore universitario Giuseppe Imbucci, che insegnava all’Ateneo di Salerno, riguardante il gioco e i giochi, da quelli più fantasiosi e “nobili” (il lotto, nato a Genova per una questione politica e poi “approdato” a Napoli, dove tuttora è un’arte e riguarda la tipica e rituale “Smorfia” – come la Cabala) a quelli popolari negli anni scorsi. Tra questi annoveriamo la schedina (la “vecchia” Sisal), inventata dall’ebreo Massimo Della Pergola, scampato alla Shoah e che viaggiò per tutta l’Europa.

Imbucci analizza il perché, le motivazioni oscure e inconsce di questo fenomeno sociale, storico, economico in una narrazione convincente.

Un altro aspetto del gioco, anche un gioco “innocuo” come le carte (non è però tanto innocuo il poker) è la dipendenza, un accanimento morboso e voluttuoso, concupiscibile: sia riguardo i videogiochi, i quali allucinano il cervello e stravolgono gli stimoli e i riflessi anche se vanno di moda fra i giovani e hanno denominazioni allettanti come “Second life” (videogioco nato dai “Sim”) e il già sorpassato “Tamagotchi”; sia per ciò che concerne le slot machine, “le macchinette infernali” (video poker, ecc…).

Concludendo vogliamo esprimere soltanto questo pensiero, questa riflessione: il gioco, come tutte le altre cose, non è buono o cattivo in sé, è sempre l’uso che noi ne facciamo a determinare problemi e – a volte – suicidi, ricoveri al Sert o cadute nella rete degli usurai.

Dunque, se il gioco stesso è bello, non roviniamo la nostra esistenza e quella di chi ci sta vicino, dei familiari, per uno stupido accanimento: giochiamo con prudenza e responsabilmente, una volta ogni tanto; non pretendiamo però di voler divenire ricchi solo con una combinazione vincente o meno.

Altre cose, altri affetti sono ben più importanti di una vincita milionaria…

 

 

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