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Medio Oriente, trent'anni fa la strage di Sabra e Chatila

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Category: Cronaca
By Giovanni Apadula
Giovanni Apadula
16.Sep
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Il 16 Settembre del 1982, intorno alle 5 di sera, cominciava nei campi profughi palestinesi di Beirut, in Libano, una delle più infamanti, e dimenticate, stragi che la storia umana possa annoverare. Tutto comincia agli inizi di Giugno, quando Israele invade, per la seconda volta dopo quattro anni, il Libano nell'ambito dell'operazione "Pace in Galilea". Il Libano è preda di una guerra civile in atto dal 1975 e non ha una guida politica accentrata ed accentratrice: elementi che allarmano Israele, monopolizzatore della "questione-sicurezza" in tutto il Medio-Oriente. Ma a preoccupare maggiormente il paese è il forte radicamento a Beirut dell'Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) allora guidato da Yasser Arafat che, nel marasma caotico della guerra intestina, costituisce la compagine politica più solida ed omogenea. Sin dal 7 Giugno l'esercito israeliano bombarda col fosforo il campo profughi di Burj el Chemali, dove avevano trovato rifugio donne e bambini: saranno già 97 le vittime di questo primo assalto. Dopo pochi giorni la capitale libanese viene cinta letteralmente d'assedio, nonostante i richiami e le pretese di "cessate il fuoco" da parte delle Nazioni Unite. Soltanto alla fine di Luglio l'Olp accetta di evacuare i combattenti palestinesi presenti a Beirut, estradandoli in Tunisia, mentre alla metà di Agosto una Forza Multinazionale viene distaccata in Libano, allo scopo di monitorare la situazione durante il ritiro delle 15.000 unità, tra miliziani e autorità politiche palestinesi. Allo stesso tempo, viene sancito il "cessate il fuoco", anche attraverso una mediazione degli Usa. Negli stessi giorni, Bashyr Gemayel, leader dei falangisti locali vicini agli israeliani, viene eletto Presidente della Repubblica libanese, durante una seduta del Parlamento completamente circondato dai soldati dell'eserito israeliano. E, tra i primi atti di Gemayel, vi è quello di accumulare camion, tank e bulldozer nei campi profughi di Sabra e Chatila per raderli al suolo. Il 14 Settembre, tuttavia, Gemayel viene ucciso da una carica di tritolo nascosta all'esterno del quartier generale Falangista in un attentato che poi si scoprirà essere stato ordito dai servizi segreti siriani. E' la goccia che fa traboccare il vaso, anzi l'occasione perfetta, per Israele, per fare carne da macello della popolazione palestinese ancora residente a Beirut. Il 15 Settembre le forze armate di Tsahal entrano a Beirut Ovest, violando palesemente il negoziato di pace, per setacciare ogni angolo alla ricerca dei professionisti palestinese estranei ai combattimenti: ne saranno assassinati 63. Il giorno successivo, nel pomeriggio, comincia la mattanza dei campi di Sabra e Chatila, ad opera dei miliziani cristiano-falangisti coadiuvati, come poi accerteranno diverse inchieste, dagli israeliani dislocati a Beirut Ovest. L'operazione terminò soltanto due giorni dopo, provocando tra le 700 e le 800 vittime civili, consumandosi nell'indifferenza generale e, spesso, complice di Usa e Nazioni Unite (emblematica l'apertura di una sola inchiesta ufficiale sui fatti). La risoluzione Onu A/RES/37/123 del Dicembre 1982 configurò l'assalto ai campi come un "vero e proprio atto di genocidio", compiuto "sotto la personale responsabilità di Ariel Sharon" (allora Ministro della Difesa di Israele).
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