Relatore: Giuseppe Foscari, docente di Storia dell’Europa presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’ateneo salernitano.
Per i saluti istituzionali dovevano esserci Angelo Villani, presidente dell’Ente Provinciale e Gaetano Arenare, assessore provinciale ai Beni e alle Attività Culturali, ma non sono intervenuti.
Doveva presenziare anche il presidente dell’associazione “le fogliecesoieâ€, Josè Maria Gallo, ma – essendo impedito per il sopraggiungere di problemi di salute – ha affidato a una missiva il proprio intervento.
Hanno preso parte, inoltre, tante autorità politiche, religiose, civili del mondo culturale del territorio.
Vi erano ad esempio: padre Tommaso Losenno, ofm e guardiano del convento di S. Antonio al capoluogo di S. Severino; Renato Cangiano, dirigente provinciale; lo storico salernitano Pasquale Natella, l’altro docente universitario Vincenzo Aversano; il consigliere comunale di S. Severino Angelo Zampoli e altri.
Presenti gli autori.
“L’opera è nata per riscrivere la storia dei luoghi – ha proluso Noia.
Poi ha illustrato il lavoro Pasquale Trotta: “Ci sono persone che siedono sul divano e sognano, sognano di fare Storia – ha detto, riferendosi ad altri storici locali, cui ha rivolto una frecciatina – io invece combatto nel vero senso del termine con la Storia, con i documenti di archivio. Anche perché la scrittura dei documenti del ‘500 è difficile e diversa dalle altre grafie, appare più complessa, cambia.â€
Trotta si è addentrato nel discorso: “La Terra era una località amministrativa dominata dai baroni; non la si deve confondere con lo Stato, di diversa definizione. Le Terre di cui trattiamo sono quelle di S. Severino, di Saragnano [Baronissi] e Castel S. Giorgio.â€
“Altro ancora – afferma Trotta – è il concetto di Università , dal latino Universitas.â€
“Abbiamo diversi riferimenti e anni particolari, nell’ambito della storia di S. Severino nel ‘500 – prosegue lo storico – per esempio il biennio 1527-1528, con la peste nel territorio ritratto dal nostro volume; poi il 1545, quando avvenne un’alluvione tremenda, detta il diluvio, nei documenti e nella memoria orale scritta con due elle: o’ dilluvio.â€
Poi Pasquale Trotta ha parlato del principe Ferrante Sanseverino, a capo dello stato e dell’universitas di S. Severino; ebbene, egli era stato definito quasi un “santo†ma nei documenti trovati dai tre scrittori – cosa nuovissima – “ho trovato tutto il contrario – esprime Pasquale Trotta, immergendosi in una narrazione piana e puntuale, critica, sulla notorietà di Ferrante Sanseverino diversa da quella conosciuta; un’altra annata, un altro periodo particolare della storia sanseverinese è stato sicuramente il 1547, anno in cui si introduce anche nella Valle dell’Irno l’inquisizione spagnola.
Inoltre, nel 1551, Ferrante partirà , messo alle strette dal vicerè di Toledo, altro fatto trovato nei documenti studiati, con grossa soddisfazione, perché cosa importante…
Per di più, nelle stesse carte di archivio, sono state trovate importanti commesse di pittura, spiegando poi Trotta per filo e per segno come attraverso i quadri si possano leggere diversità , differenze, modifiche che ci fanno capire meglio la storia anche iconografica del Sanseverinese.
Si ricordano infatti Andrea Sabatini, che dai documenti trovati risulta non di Salerno, come si è sempre creduto e scritto, bensì di origini sanseverinesi; assieme a lui altre confraternite di pittori, come Iacobacci di Solofra.
Il tutto è poi proseguito con la spiegazione (studiando zone e luoghi sul campo) sul foro di S. Severino, meno grande di quello di Salerno ma attualmente ricco di fermenti.
Si è trattato di antiche consuetudini e tradizioni nel volume, ma il Trotta ha parlato di un altro suo libro e dei tanti documenti difficili e stenografati del ‘500, mai studiati, rari, come dimostra il fatto che a S. Severino escono soprattutto opere che parlano del ‘600-‘700.
Poi si è proseguito con l’opportunità (per capire invece il ‘500) di studiare i libri parrocchiali, direttamente in Latino: ciò per osservare i nati, i morti e i matrimoni nell’ambito del territorio.
Dal Latino all’Italiano vi è un cambiamento di scrittura, cambiano anche i modelli grafico-stilistici, però – secondo i tre studiosi – anche le carte riguardanti il ‘600-‘700 sono difficili: alcune carte presentano una scrittura bellissima, altre sono illeggibili.
Conclude Trotta: “La Storia è malattia che ti prende e non ti lascia.â€
Foscari: “Anch’io sono stato contagiato dalla passione per la storia, come avessi contratto la peste, ormai da tanti anni…â€
Foscari ha mirabilmente introdotto il regesto scritto a sei mani, commentandolo entusiastico e convinto, dopo averlo letto attentamente; la sua relazione è stata ampiamente positiva…
Ha detto che il titolo già bene differenzia i concetti di Terra e Università , nel comprendere i momenti di vita sociale ed economica, trovati però non all’Archivio di Salerno, bensì proprio ad Avellino…
“Più avanti - ha esclamato Foscari – dovrà uscire un altro bel volume da questi scrittori, mettendo a confronto gli archivi di Salerno ed Avellino…â€
Secondo il docente è come se i tre si fossero impegnati di più, nel recarsi ad Avellino, per un’operazione interessante e meritevole che ha coinvolto appunto Avellino, che confinava con le tre Terre (S. Giorgio, Saragnano, S. Severino).
Il sottotitolo, secondo Giuseppe Foscari, pure spiega bene lo spaccato non completo, sintetico, parziale, limitato ma utile del buon regesto approntato dagli storici.
Più di 1.000 i documenti consultati ad Avellino da parte degli studiosi, che Foscari ha auspicato di vedere pubblicati – però interamente – in un nuovo volume da parte dei tre, da realizzarsi nei prossimi mesi.
Egli ha fatto emergere tanti piccoli-grandi fatti interessanti, ha veramente spulciato con dovizia il regesto: “Gli studiosi hanno consultato i protocolli notarili perché anche nel ‘500 si andava dai notai per tante cose: vendita di beni, doti matrimoniali, prestiti, relazioni sulla peste, insomma tutto finiva dal notaio.â€
“Senza protocolli notarili – ha affermato il docente universitario – non si capirebbe la storia, soprattutto del ‘500. Questo regesto è un libro che va salutato come ogni nuovo libro: porta un granellino di sapere in più rispetto allo scibile umano.â€
Dell’immane lavoro compiuto dagli autori interessante per Foscari il testamento di Farace del 1504.
Importante, per il relatore, il legame tra una piccola comunità (piccola storia) e l’Europa (studiata dal Foscari); tra storia locale – quale quella di S. Severino – e storia “grandeâ€, poiché: “La Storia si nutre del doppio livello, globale e locale, dei valori comuni, di località , non di localismo.†– queste le parole del professore.
Il libro ha una dinamica non localistica come quella dell’erudito, è un lavoro storico parziale ma serio, apre prospettive storiografiche, studia anche le piccole comunità .
La storia, a detta di Foscari, non è nozionismo, non “un racconto epico di gesta guerrafondaie da mandare a memoriaâ€, il filone di questi ultimi anni – al quale appartiene Foscari – vuole che la storia interagisca con altri ambiti, settori, orizzonti, non da “depositari della verità â€, ma da “interpreti di essaâ€, unendo tra loro materie come sociologia, geografia, antropologia.
L’evoluzione di una società o di una singola comunità attraverso i cosiddetti “fuochiâ€, ha fatto sì che il relatore Foscari si addentrasse nei minimi particolari della storia di S. Severino, terra non feudale ma demaniale, con un controllo duro, minaccioso, non libero, che però ha determinato la società dell’epoca.
Foscari ha parlato degli altri storici dicendo che gli storici stessi si “avvicinano†alla verità , non la posseggono, perciò nei loro libri può trovarsi qualche errore, ma senza riferirsi a qualcuno in particolare. Poi Foscari ha illustrato le peculiarità del volume, del mercato a S. Severino – cuore pulsante dell’economia della cittadina – del sistema artigianale e delle maestranze.
Mercato S. Severino nel ‘500 aveva un mercato non chiuso, era una società non senza dialogo; emerge dal regesto che S. Severino non era isolato, neanche per quanto riguardava le maestranze…
Il relatore ha parlato di oligarchie locali, di benestanti sia napoletani che non.
I benestanti napoletani erano attratti dalla ricchezza di S. Severino, e dai suoi tanti aspetti: ambientali, sociali, religiosi.
Vi sono nel volume – da spulciare – delle curiosità , sugli apprendistati, su cosa si vendeva e comprava nel territorio studiato, come le pelli; sull’ordine pubblico tenuto bene anche grazie alla presenza della Chiesa, dell’istituzione ecclesiastica, nel tessuto religioso-sociale della S. Severino dell’epoca. Foscari ha parlato da storico laico, ma plaudendo all’azione “ammortizzatrice†dei religiosi nelle Terre studiate.
Infine ci si è soffermati sulle tasse e le gabelle in uso nell’epoca, e il relatore ha concluso l’intervento.