
Amsterdam. L'exploit tanto atteso, alla fine, non c'è stato, e nemmeno la temuta riscrittura del quadro politico europeo prospettata dall'Ispi: Geert Wilders, leader e padrone del populista e xenofobo PVV (Partij voor de Vrijheid), non riesce nell'impresa di sopraffare in volata la destra liberale ed esce sconfitto dalle elezioni politiche olandesi. La tornata 2017 va a Mark Rutte, premier uscente e leader della destra liberale VVD (Volkspartij voor Vrijheid en Democratie), che conferma così le anticipazioni fornite alla vigilia dai sondaggi dell'istituto I&O Research. Si è trattato, a conti fatti, di una delle partecipazioni elettorali più sentite degli ultimi anni. Alle urne si è infatti recato l'82% degli aventi diritto, con un aumento di otto punti percentuali rispetto alla tornata del 2012. Il dato dell'affluenza certifica a piene mani la vittoria di Rutte, sebbene il leader liberale perda 8 seggi rispetto alle elezioni di cinque anni fa (33 contro 41), mettendo così in moto il gioco delle alleanze per la formazione della maggioranza governativa. Serviranno infatti 76 deputati sui 150 totali della Camera bassa, rintracciabili forse tra le fila dei cristianodemocratici di CDA, appaiati ai liberali di sinistra (D66) in terza piazza, con 19 seggi, subito dietro il PVV che ne marca 20. Wilders, dunque, non ottiene il tanto sperato colpaccio, ma incrementa la presenza parlamentare di 5 unità rispetto alle ultime elezioni, confermando la tendenza europea dello scivolamento a destra di una parte non indifferente dell'elettorato. Il leitmotiv della campagna di Wilders è stato un claim diffuso delle ultradestre continentali, che spazia dalla chiusura delle frontiere alla speculazione euroscettica ed anti-immigrati. Non a caso, i temi che hanno infiammato il dibattito elettorale. La narrazione del leader del PVV, che ha riscosso fascino soprattutto all'estero, si fonda soprattutto sulla sua alterità rispetto alla tradizione olandese, paese pioniere della tolleranza religiosa, nonché della libertà di pensiero e di stampa, che affondano le loro radici sino al tardo Medioevo. Accostato a Trump, non solo per una certa somiglianza fisionomica, Wilders ha saputo rastrellare consensi con grazie ad un marketing politico accattivante, fatto di improvvisate social ed una decisa abilità oratoria. Doti che, a dispetto della sconfitta, hanno portato il Partito per la Libertà ad essere il secondo più votato in Olanda. A far registrare un deciso balzo in avanti sono i Verdi (GroenLinks) di Klaven, che con 14 seggi fanno registrare un importante +10 rispetto al 2012. Un bacino di pesca potenzialmente allettante per i liberali di Rutte, sebbene le idee politiche tra i due movimenti appaiano distanti su diversi punti, contribuendo ad allontanare premature ipotesi di alleanza. A crollare decisamente nelle preferenze degli elettori sono i laburisti del PvdA, che con Rutte erano in coalizione al governo sino alla chiamata alle urne. Il Partij van de Arbeid scivola rovinosamente dai 38 seggi del 2012 ai soli 9 di questa tornata, compromettendo le chance di poter incidere concretamente all'intrno del dibattito politico "orange".