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Il Federalismo municipale, gli effetti del decreto legislativo

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Category: Editoriali
By Vincenzo Tulimieri
Vincenzo Tulimieri
27.Jun
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comune24

Si è parlato molto in questi anni di "FEDERALISMO", fortemente voluto da alcune forze politiche, ma forse è giunto il momento di parlarne per approfondire soprattutto gli effetti di esso nei confronto degli Enti locali, in particolare i Comuni, in virtù del Decreto legislativo del 14 marzo scorso andato in vigore il 7/04/2011. Anzitutto facciamo una premessa, quella di affermare che l'Italia non è una repubblica federale, come la Germania, per cui più che di federalismo, bisogna parlare di un vero e proprio "Decentramento" amministrativo- finanziario, in ossequio al l'affermato e consolidato principio dell'autonomia locale, per cui si è passato dal centralismo statale al decentramento di funzioni alle Regioni, Province e Comuni su materie di stretto interesse locale. Il Testo Unico n.267/2000 sulle Autonomie locali ne è una conferma, attraverso la consacrazione di una normativa che conferisce l'esercizio della potestà statutaria e regolamentare, organizzativa e finanziaria agli EE. LL.. Così si è pervenuti a parlare di federalismo che portasse il nostro Paese ad abbandonare il centralismo, la cosiddetta finanza derivata, per avere una maggiore attenzione autonoma al territorio e al fabbisogno locale. E' stata, così, posta in essere una legislazione finalizzata ad un cambiamento profondo nel modo di essere e di operare degli EE.LL. Basti citare, oltre la potestà statutaria e regolamentare, l'elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia, l'assegnazione di nuove sfere di competenza e funzioni per avvicinare i servizi ai cittadini, il conferimento di maggiore snellezza e rapidità all'attività amministrativa, mediante la abolizione del controllo preventivo di legittimità sugli atti e la conseguente responsabilizzazione e riorganizzazione dell'apparato burocratico. Oggi si è andato oltre e si è scelto di abbandonare il vecchio sistema finanziario, tributario e patrimoniale dei Comuni con uno nuovo, per dare luogo in concreto all'esercizio di una autonoma potestà finanziaria alle Regioni, Province e Comuni. Sono stati posti in essere una serie di provvedimenti, che portassero, sia pure in modo improprio al cosiddetto "FEDERALISMO FISCALE". Questo, "in versione nostrana", contemplato in generale dal riscritto art. 119 della Costituzione e definito dai criteri della legge delega n.42/2009, ha trovato attuazione con i Decreti Delegati emanati dal Governo, finalizzati a razionalizzare il sistema, a responsabilizzare gli amministratori nei confronti degli elettori, sia per la imposizione tributaria, che per la spesa. Si è giunti, quindi, all'emanazione del citato Decreto legislativo del 14/03/2011 n.23, entrato in vigore il 7/04/2011, il quale cambia la fiscalità dei Comuni, che danno l'addio ai trasferimenti statali. Si parla di FEDERALISMO MUNICIPALE, che cambia l'architettura finanziaria dei Comuni e i relativi Bilanci; esso trae origine nella citata legge delega n. 42/2009, rispetto alla quale erano stati già emanati provvedimenti attuativi sul : federalismo demaniale, su Roma capitale, sulla determinazione dei costi e fabbisogni standard. La riforma delle Entrate comunali prevede nuove modalità di finanziamento, basati su criteri di "spesa storica incrementale", per cui si hanno nue forme di Risorse. Il cambiamento avverrà in due fasi: la FASE TRANSITORIA (dal 2001 al 2013) e la FASE a REGIME (dal 2014).


La prima fase implica la soppressione, come detto d, dei trasferimenti statali (fondo ordinario-consolidato-perequativo, escluso il fondo per lo sviluppo investimenti) ecompartecipazione Irpef. Le nuove risorse consistono nella devoluzione ai Comuni della cosiddetta fiscalità immobiliare:

- 30% Imposta registro e di Bollo sugli atti di trasferimento di proprietà e di altri diritti reali sugli immobili;

- 30% Imposta ipotecaria e catastale, eccetto quella degli atti soggetti ad Iva;

- 30% diritti speciali catastali;

- 30% tasse ipotecarie;

- Irpef sui redditi fondiari, escluso quello agrario; Imposta di registro e bollo sui contratti di locazione di immobili.

- 21,7% dal 2011, che scende al 21,6% dal 2012 della cedolare secca, nuova imposta sostitutiva sui canoni di locazione di fabbricati residenziali. Quindi si provvederà all'assegnazione ai Comuni di una compartecipazione Iva, pari al 2% della compartecipazione Irpef.

Dal 2012 verrà soppressa l'addizionale all'accise dell'energia elettrica a favore dei comuni, con contestuale incremento in misura corrispondente dell'accisa demaniale. I Comuni capoluogo di Provincia, le Unioni dei Comuni e quelli inclusi negli elenchi regionali di località turistiche o città d'arte possono istituire una imposta di soggiorno a carico dei cittadini che alloggiano in una struttura ricettiva, in proporzione al prezzo sino ad un massimo di 5euro per notte. I proventi di detta imposta sono destinati per interventi in materia turistica, manutenzione, recupero beni ambientali e culturali locali e dei servizi pubblici, tra cui quelli del trasporto.

La seconda Fase relativa al federalismo a regime, decorre dal 2014. Da detto anno la finanza comunale si baserà:

- Sulla compartecipazione al gettito dei tributi sul trasferimento immobiliare, pari al 30% e sulla introduzione della IMPOSTA MUNICIPALE PROPRIA (IMUP) e dell'IMPOSTA MUNICIPALE SECONDARIA (IMUS).
La prima sostituirà per la parte immobiliare l'Irpef e relative addizionali, nonché l'ICI; si applica per immobili ai fini ICI per una aliquota base del 7,6xmille, ridotta alla metà per gli immobili locati: essa potrà essere aumentata o diminuita dai Comuni sino a 3 punti ( 2 punti per gli immobili locati). L'imposta municipale secondaria (IMUS) sempre dal 2014 sostituirà:

- La tassa per l'occupazione aree e spazi pubblici (TOSAP), il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP);

- L'imposta sulla pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione di mezzi pubblici;

- Le aliquote di tassazione dei contratti aventi per oggetto il trasferimento di beni immobiliari per l'abitazione sono stabilite al 2% per le abitazioni principali e al 9% per le altre ipotesi con un limite minimo di 1000,00€. Gli atti soggetti a detta imposta sono esenti da imposta di bollo, ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e da tasse ipotecarie.

- E' previsto, infine, un Fondo Perequativo, alimentato sia dal gettito dei tributi devoluti, sia dalla compartecipazione al gettito dei tributi nell'ipèotesi di trasferimento immobiliare. Tale fondo va a finanziare spese per funzioni fondamentali, dopo aver stabilito il fabbisogno standard.


La riforma nell'immediato impone ai Comuni di modificare il Bilancio nella parte Entrate (per questo c'è stato lo slittamento dell'approvazione al 30 giugno prossimo), dove nella parte Entrate, in sostituzione di quelle soppresse vanno inserite le nuove voci con la eliminazione di stanziamenti previsti per trasferimenti erariali ai Titoli I e II delle Entrate. La preoccupazione degli operatori, specialmente nella fase transitoria è quella di conoscer bene in concreto l'ammontare delle risorse da governare. Ri sorse che andranno a fronteggiare sempre una spesa rigida degli EE.LL., per cui eventuali riduzioni della stessa sono difficili nel breve periodo. Noi che per tanti anni siamo stati al servizio delle Istituzioni locali dirigendone l'apparato, ci auguriamo che i Comuni ne escano bene da tale riforma, la quale dovrebbe porre una perequazione tributaria reale ed effettiva sia per criteri di attribuzione, sia per soddisfare in pieno le esigenze della collettività amministrata. Certamente ci vuole del tempo ragionevole (si sa che le finanze comunali, già gravate da pregressi debiti, a volte fuori bilancio) per poter sanare la finanza locale e far sì che l'invocata autonomia sia effettivamente frutto di un una oculata pianificazione legislativa, apportatrice di beenessere e sviluppo a tutela del bene primario, quello dell'interesse pubblico.

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